Non solo Turchia: dove si rischia una crisi valutaria secondo gli esperti

Violetta Silvestri

24 Novembre 2021 - 12:21

La crisi valutaria in corso in Turchia, con la lira caduta a picco nei confronti del dollaro, potrebbe diffondersi in altri Paesi emergenti. I motivi secondo gli esperti.

Non solo Turchia: dove si rischia una crisi valutaria secondo gli esperti

La Turchia potrebbe non essere l’unico Paese ad affrontare una crisi valutaria date le prospettive di tassi di interesse più elevati negli Stati Uniti.

Questa la sintesi di analisi elaborate da alcuni esperti e investitori, come il trader nei mercati emergenti Mark Mobius e il gruppo bancario giapponese Nomura.

Perché le economie emergenti dovrebbero temere le prossime mosse Fed e quale crisi può potenzialmente esplodere in queste nazioni? L’analisi, con un focus su debito, tassi di interesse, deprezzamento di valute locali e inflazione.

Dove potrebbero scoppiare crisi valutarie?

L’input di riflessione e di analisi lo ha dato l’ennesimo tonfo della lira turca nella giornata del 23 novembre, quando la valuta è crollata ai minimi sul dollaro dopo l’esaltazione da parte di Erdogan della diminuzione dei tassi di interesse: quali altre crisi valutarie potrebbero esplodere?

Il focus si è quindi subito orientato sui Paesi emergenti. Qualche settimana fa il gruppo bancario giapponese Nomura ha affermato in uno suo studio:

“La portata senza precedenti dell’allentamento delle politiche da parte delle principali banche centrali è la ragione principale della mancanza di crisi valutarie dei ME durante il Covid-19. Le crisi valutarie dei ME sono state probabilmente solo ritardate. Tassi di vaccinazione più bassi tra i ME, una Fed più aggressiva e deflussi di denaro sono tra una serie di rischi che potrebbero portare a crisi dei ME più frequenti nei prossimi anni e a una maggiore discriminazione degli investitori.”

Nello specifico, prendendo in considerazione indicatori come il debito estero in percentuale del prodotto interno lordo, il rapporto tra le riserve valutarie e le importazioni e l’indice del mercato azionario, la società finanziaria ha segnalato l’allarme valutario per almeno 4 Paesi, considerati più a rischio: Egitto, Romania, Turchia e Sri Lanka.

L’assunto di base per Nomura è questo: su alcune regole di politica monetaria, la Fed potrebbe dover aumentare rapidamente i tassi fino a 300-400 bps per recuperare ed evitare una spirale salari-prezzi.

Di conseguenza, potrebbero verificarsi fuga di capitali e forte deprezzamento della valuta nelle economie emergenti più vulnerabili. Con quale effetto? Inflazione amplificata e aumento del costo del rimborso del debito in valuta estera.

Non solo, la prospettiva che la Fed normalizzi la politica monetaria nel mezzo di una profonda recessione economica della Cina non è una combinazione particolarmente buona per i mercati emergenti.

Stessa visione da parte dell’investitore Mark Mobius: “Con tassi di interesse più alti negli Stati Uniti, tutti questi altri Paesi che hanno debiti in dollari saranno colpiti.”

Il caso Turchia: cosa accadrà all’economia?

Con la lira in calo del 15% martedì, gli analisti avvertono che la volatilità della valuta potrebbe frenare gravemente la crescita futura.

L’approccio di Erdogan comporta seri rischi per la salute del sistema finanziario del Paese e dell’economia in generale, nonché la prospettiva di un crescente malcontento pubblico, secondo l’opinione generale degli analisti.

Per l’istituto di statistica turco, a ottobre l’inflazione annua si è attestata a quasi il 20%. L’inflazione dei prezzi alimentari, che nello stesso mese è stata superiore al 27% su base annua, ha colpito particolarmente le famiglie a basso reddito.

La dipendenza della Turchia dalle merci importate, in particolare energia e materie prime, significa che un crollo della valuta si traduce rapidamente in prezzi più elevati. Jason Tuvey, della società di consulenza Capital Economics, prevede che “l’inflazione è probabile che ora salga dal 25 al 30 per cento nei prossimi due mesi”

Inoltre, le banche turche dipendono fortemente dall’estero per finanziare i loro prestiti in patria. Sebbene il finanziamento estero sia rimasto resiliente anche negli episodi passati di estremo stress valutario, come nel 2018, un improvviso cambiamento di sentiment tra i prestatori stranieri potrebbe mettere sotto pressione il sistema finanziario.

Infine, il Tesoro ha iniziato a emettere debito locale denominato in valuta estera sotto la sorveglianza dell’ex ministro delle finanze Berat Albayrak.

La componente valutaria del debito del governo centrale turco ha raggiunto il 60% del totale il mese scorso, rispetto al 39% del 2017. Ciò significa che quando la moneta scivola, diventa più costoso per il Paese onorare il proprio debito.

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