In attesa della proroga dello smart working semplificato facciamo il punto su come funziona l’orario di lavoro a distanza, quali sono i diritti del lavoratore e che limiti ha l’azienda
Il lavoro agile o smart working ha fatto capolino nell’ordinamento italiano grazie alla Legge 22 maggio 2017 numero 81, in cui lo si qualifica come uno strumento in grado di incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
Quando si parla di smart working non si deve pensare a un contratto a parte. Siamo sempre nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato ma, a differenza dell’attività svolta in sede, quella da remoto è resa previo accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, senza precisi vincoli di luogo di lavoro e orario.
Proprio l’organizzazione dell’orario di lavoro dello smart worker è stato tra i punti affrontati nel primo «Protocollo Nazionale sul lavoro in modalità agile» nel settore privato, frutto di un accordo siglato lo scorso 7 dicembre tra il Ministero del lavoro e le Parti sociali.
Il documento ha l’obiettivo di fornire linee di indirizzo per la regolamentazione del lavoro in modalità agile da parte della contrattazione collettiva nazionale, territoriale, aziendale, nel rispetto della disciplina legale di cui alla Legge numero 81/2017 e degli accordi sindacali in essere.
Orario di lavoro in smart working: come funziona
- Ci sono limiti all’orario di lavoro agile?
- Come organizzare l’attività lavorativa a distanza?
- Si possono prevedere delle fasce di reperibilità?
- È previsto il lavoro straordinario in smart working?
- Il lavoratore ha diritto a ferie e permessi?
- Il lavoro in smart working è sempre retribuito?
- Come comportarsi in assenza di accordo individuale?
L’esigenza è quella di disciplinare il lavoro da remoto nella fase post-pandemia, soprattutto una volta che il ricorso al cosiddetto «smart working semplificato» (in cui non è previsto l’obbligo di stipula di un accordo individuale) sarà terminato.
A oggi, ricordiamolo, la possibilità per le aziende di ricorrere al lavoro agile senza accordo è garantita sino al 30 giugno 2022, nonostante in sede di conversione in legge del «dl Riaperture» (decreto legge numero 24/2022) attualmente in discussione in Senato, il termine venga esteso al prossimo 31 agosto.
Fatte queste premesse, analizziamo in dettaglio come funziona l’orario di lavoro nello smart-working.
Ci sono limiti all’orario di lavoro agile?
Lo smart working è definito come una modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, senza precisi vincoli di orario (articolo 18 comma 1 Legge numero 81/2017). È tuttavia necessario rispettare i limiti giornalieri e settimanali di durata massima dell’attività, fissati dalla legge e dalla contrattazione collettiva.
Al di là di quelli che sono i tetti imposti da ogni singolo Ccnl, la normativa (D.lgs. numero 66/2003) prevede:
- Limite massimo giornaliero di 13 ore (ottenuto dalla differenza tra 24 ore e le 11 ore di riposo consecutive);
- Limite massimo settimanale di 48 ore, per ogni periodo di 7 giorni.
È comunque necessario verificare sempre se il Ccnl applicato ha introdotto tetti all’orario di lavoro, diversi rispetto a quelli di legge.
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Come organizzare l’attività lavorativa a distanza?
L’attività da remoto presuppone l’assenza di orari di lavoro precisi, posto che il lavoratore è autonomo nello svolgimento e nell’organizzazione dell’attività, in ragione degli obiettivi prefissati dall’azienda.
È in ogni caso possibile (articolo 3 comma 2 Protocollo smart working), all’interno dell’accordo individuale, articolare la prestazione in fasce orarie (ad esempio 8 ore totali dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 19).
A prescindere dall’organizzazione dell’orario (libero o per fasce di attività) a tutela della salute e del benessere psico-fisico del lavoratore, è necessario prevedere nell’accordo individuale opportuni periodo di riposo e momenti di disconnessione in cui l’interessato non svolge alcuna prestazione lavorativa.
L’azienda è altresì tenuta ad adottare «specifiche misure tecniche e/o organizzative per garantire la fascia di disconnessione» (articolo 3 comma 2 del Protocollo). Si pensi, ad esempio, all’utilizzo di una chat aziendale in cui il dipendente può indicare, cambiando il proprio status, quando non è disponibile per rispondere ai colleghi o fare una video-call.
Si possono prevedere delle fasce di reperibilità?
Nell’accordo individuale di smart working, azienda e lavoratore possono prevedere specifiche fasce orarie in cui è garantita la pronta disponibilità nel rispondere a chiamate ed email o partecipare a riunioni a distanza con colleghi o clienti.
È previsto il lavoro straordinario in smart working?
L’articolo 3 comma 4 del Protocollo nazionale afferma chiaramente che, salvo esplicita previsione da parte dei contratti collettivi nazionali, territoriali e / o aziendali, nel corso delle giornate in cui la prestazione lavorativa viene svolta in modalità agile «non possono essere di norma previste e autorizzate prestazioni di lavoro straordinario».
Il lavoratore ha diritto a ferie e permessi?
Il lavoro a distanza è a tutti gli effetti equiparato a quello prestato in ufficio. Di conseguenza, il dipendente mantiene il diritto ad assentarsi e fruire di ore/giorni di ferie e permessi retribuiti.
Lo stesso vale per altre assenze giustificate come: malattia, infortunio sul lavoro, donazione sangue, maternità obbligatoria, congedi parentali e permessi previsti dalla Legge numero 104/1992 per lavoratori disabili o loro familiari.
Al fine peraltro di garantire, durante le assenze, l’effettiva disconnessione dall’attività lavorativa, il Protocollo sul lavoro agile riconosce al lavoratore la possibilità di «disattivare i propri dispositivi» e, in caso di ricezione di comunicazioni aziendali, non è comunque obbligato a prenderle in carico prima della ripresa dell’attività.
Il lavoro in smart working è sempre retribuito?
Le ore di attività prestate da remoto sono a tutti gli effetti equiparate a quelle ordinarie svolte in presenza. Di conseguenza, lo smart worker non potrà ricevere un trattamento economico inferiore in ragione del fatto che lavora a distanza.
A valere è infatti il principio per cui il lavoratore a distanza ha diritto a un trattamento economico e normativo «non inferiore a quello complessivamente applicato, in attuazione dei contratti collettivi» nei confronti dei lavoratori che «svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda» (articolo 20 comma 1 Legge numero 81/2017).
Come comportarsi in assenza di accordo individuale?
L’accordo individuale, stipulato in forma scritta ai fini della regolarità amministrativa e della prova, ha il compito di regolamentare una serie di aspetti del lavoro a distanza, quali:
- L’esercizio del potere direttivo e di controllo del datore di lavoro;
- I tempi di riposo del lavoratore;
- Gli strumenti di lavoro utilizzati dal dipendente e le misure tecnico-organizzative necessarie per garantire la disconnessione;
- Le condotte sanzionabili a livello disciplinare;
- L’eventuale diritto all’apprendimento.
In mancanza di accordo tutti gli aspetti legati al lavoro a distanza sono lasciati alle intese verbali tra le parti, con il rischio concreto che in caso di contenzioso non sia possibile fornire prove adeguate, proprio in assenza di un documento scritto che regolamenti le modalità di esecuzione dello smart working.
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