Nuove regole per l’accredito degli stipendi: dal 1° luglio 2018 addio ai contanti, ammessi solo gli strumenti tracciabili.
Da oggi non è più possibile pagare lo stipendio - né tantomeno le retribuzioni aggiuntive come quattordicesima e tredicesima - in contanti; la Legge di Bilancio 2018, infatti, ha stabilito che a partire dal 1° luglio 2018 lo stipendio debba essere accreditato tramite strumenti tracciabili.
Questa regola vale non solo per l’intero stipendio, ma anche per una parte di questo; l’obiettivo della nuova legge - per la quale le disposizioni entreranno in vigore da oggi - infatti, è quello di evitare che i datori di lavoro costringano i loro dipendenti a firmare una busta paga con un certo importo per poi pagarne solamente una parte.
Prendiamo come esempio un CCNL che prevede come retribuzione minima tabellare 1.500€ lordi mensili; la busta paga non può discostarsi da tale importo, ma alcuni datori di lavoro, in accordo con i dipendenti, decidono di pagarne solamente una parte. Ad oggi accorgersi di queste situazioni è molto difficile, visto che quando si paga in contanti l’unica prova dell’avvenuto versamento è la firma del dipendente sul proprio cedolino.
Allo stesso tempo si vuole limitare quella pratica con cui per risparmiare su tasse e contributi i datori di lavoro fanno firmare una busta paga di importo inferiore a quello realmente percepito, con una parte di retribuzione che viene pagata “fuori busta”.
La norma si applica per tutte le tipologie di rapporto di lavoro subordinato, sia indeterminato che determinato, part-time e full-time, nonché per i contratti di apprendistato e le collaborazioni Co.Co.Co. Ne sono esclusi però i dipendenti impiegati nel lavoro domestico (colf, badanti, baby sitter, etc…) ed i dipendenti pubblici.
Si tratta quindi di una vera e propria rottura con il passato; ecco perché è interessante analizzare nel dettaglio cosa cambierà d’ora in avanti analizzando tutti i metodi di pagamento consentiti.
Come pagare lo stipendio regolarmente?
Come anticipato, la nuova legge vieta al datore di lavoro di corrispondere la retribuzione in contanti, né per l’intero né per una parte dell’importo indicato in busta paga.
Per pagare lo stipendio senza rischiare una sanzione, quindi, il datore di lavoro deve utilizzare le seguenti modalità di pagamento:
- accredito diretto sul conto corrente del lavoratore;
- pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale;
- emissione di un assegno da parte dell’istituto bancario o dell’ufficio postale consegnato direttamente al lavoratore o ad un suo delegato in caso di comprovato impedimento, che si intende verificato quando il delegato è il coniuge, il convivente o un familiare, in linea retta o collaterale, del lavoratore, purché di età non inferiore a sedici anni.
Inoltre, al datore di lavoro viene data la possibilità di pagare con altri strumenti - come ad esempio Paypal - purché siano idonei per garantire la verifica della corrispondenza tra stipendio pattuito e stipendio effettivamente corrisposto. Per questo motivo la firma posta dal dipendente sul cedolino stipendiale non ha più alcun valore legale.
Per maggiori informazioni in merito, vi consigliamo la lettura del nostro articolo di approfondimento con tutti gli strumenti consentiti per il pagamento dello stipendio.
Nuovi obblighi (e sanzioni) per il datore di lavoro
La nuova legge stabilisce in maniera chiara quali sono i nuovi obblighi del datore di lavoro nei confronti del committente. Questi sono:
- il datore di lavoro deve indicare nella comunicazione obbligatoria inviata al centro per l’impiego competente gli estremi dell’istituto bancario o postale incaricato per il pagamento della retribuzione al dipendente;
- il datore di lavoro può annullare l’ordine di pagamento solamente inviando - all’istituto bancario o postale incaricato - una copia della lettera di licenziamento o di dimissioni del dipendente. Naturalmente questo non lo libera dall’obbligo di corrispondere tutti gli emolumenti dovuti (come il TFR) dopo la risoluzione del rapporto di lavoro.
- può disporre l’annullamento dell’ordine di pagamento solo attraverso l’invio all’istituto bancario o all’ufficio postale, indicato nella comunicazione obbligatoria, di copia della lettera di licenziamento o delle dimissioni del lavoratore (rese ai sensi della normativa vigente) e del prestatore d’opera, fermo restando l’obbligo di effettuare tutti i pagamenti dovuti dopo la risoluzione del rapporto di lavoro
- se l’incarico di pagamento passa da un istituto all’altro, il datore di lavoro deve darne tempestiva comunicazione.
Per chi non rispetta le nuove regole sono previste delle sanzioni molto severe, dai 1.000 ai 5.000 euro di multa in caso di pagamento dello stipendio utilizzando un canale di pagamento non tracciabile.
Tuttavia, se pagata entro un termine di 60 giorni dalla notifica del verbale, la sanzione può essere ridotta “nella misura di 1/3 della sanzione massima di 5.000 euro”, ovvero pagando 1.667 euro con il codice tributo 741T.
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