Allo studio un emendamento per abbassare l’Iva sul pellet: come potrebbe essere contrastata la stangata dei prezzi per il riscaldamento.
Dalle stelle alle stalle: i proprietari di una stufa a pellet non sono più visti come investitori consapevoli e scaltri in possesso di una preziosa alternativa al caro energia, i rincari dei costi delle materie prime hanno intaccato anche questo settore in maniera sensibile. Con l’aumento delle richieste si vanno via via esaurendo le scorte e, in un oneroso effetto domino, il prezzo dei sacchi è quasi triplicato.
I primi segnali della stangata erano arrivati già a giugno con costi della biomassa che erano raddoppiati rispetto allo stesso periodo del 2021. Ora però la curva continua a salire e arrivano anche le prime truffe.
Come riporta ItaliaOggi, la prima città a finire nel mirino dei disonesti è La Spezia, nella regione Liguria, dove i finanzieri del Comando provinciale e i funzionari del Reparto antifrode dell’Ufficio delle dogane hanno consegnato alla Caritas spezzina 54mila chili di pellet sequestrati negli spazi portuali. I sacchi di pellet oggi devoluti riportavano marchi contraffatti e false indicazioni della classe di efficienza.
In risposta alla complicata evoluzione di questo fenomeno c’è anche chi, tra i commercianti, ha preso la decisione drastica di smettere di vendere questi beni. Piuttosto rilanciata è stata ad esempio la reazione di un piccolo negoziante sardo:
«Noi non venderemo pellet quest’anno, non vogliamo essere complici di questo schifo lucrando sulle disgrazie altrui».
I numeri del settore
Il comparto della filiera legno-energia, secondo i dati raccolti Aiel (Associazione italiana energie agroforestali), cuba un giro d’affari pari a 4 miliardi di euro contando 14mila aziende attive e circa 72mila occupati. A fronte di questi valori, la situazione di scarsità attuale è dovuta alla dipendenza italiana dall’import da Austria, Francia e Germania, spiega l’associazione sul proprio sito.
Sempre sul web si legge:
«L’effetto è indiretto e legato al blocco del legname proveniente dalla Russia, che ha determinato per questi paesi europei una diminuzione del legno da lavorare. La legge della domanda e dell’offerta ha fatto il resto».
Questo è innegabile. Si leggono cifre impressionanti da Nord a Sud. A Bergamo il costo del pellet arriva a superare i 12 euro per un pacco standard da 15 chilogrammi mentre un anno fa andava dai 3 ai 5 euro. 12 euro anche a Olbia, in Sardegna, città dove la biomassa non nel 2021 non superava i 6 euro. Il valore più alto però si registra a Lucca, in Toscana, dove un sacco di pellet che prima costava 5 euro oggi può arrivare anche a 14.
Si avanzano proposte
Il M5S intercetta il malcontento e avanza la prima proposta sul caso tramite il deputato friulano Luca Sut, vicepresidente del gruppo M5S alla Camera e Coordinatore regionale dei pentastellati in Fvg. L’annuncio è quello di un emendamento dal dI Aiuti che prevede «l’abbassamento strutturale dell’Iva sul combustibile dal 22% al 10% per alleggerire i costi a carico delle famiglie».
Il deputato Sut si dice fiducioso nell’accoglimento della proposta da parte del Governo e, per avallare il suo disegno, descrive la situazione della propria regione:
«In Friuli è comunemente impiegato nelle zone montane, ma solo ad aprile uno Studio di Aiel riportava in Nord Est prezzi vicini ai 9 euro per un sacco da 15 chili. I rincari non si sono comunque fermati e, oggi, il prezzo in Italia può raggiungere i 12 euro, mettendo in difficoltà l’Italia, prima in Europa per consumo di pellet a uso residenziale con punte altissime a Nordest».
© RIPRODUZIONE RISERVATA