RITA, lo strumento che consente di smettere di lavorare con un anticipo fino a 10 anni godendo nel frattempo della rendita anticipata pagata dal fondo pensione a cui si è iscritti. Ecco come funziona.
La RITA è uno strumento molto utile per quei lavoratori che con lungimiranza si sono iscritti a un fondo per la pensione complementare e vogliono approfittarne per smettere di lavorare con 10 anni di anticipo.
Aderire a un fondo pensione è molto importante in quanto consente di avere una seconda rendita utile a incrementare l’importo dell’assegno liquidato dall’Inps che specialmente nei casi in cui è calcolato interamente con il sistema contributivo rischia di avere un importo molto basso.
Tuttavia, anche i fondi pensione prevedono delle regole molto severe rispetto a quando avviene la liquidazione della rendita maturata attraverso i propri versamenti: solitamente, eccetto le possibilità di chiedere un anticipo per i casi espressamente previsti dal regolamento del fondo a cui si è iscritti, la rendita viene infatti liquidata solo al momento in cui si raggiungono i requisiti per l’accesso alla pensione obbligatoria.
Ed ecco qui che la RITA viene in soccorso del lavoratore. Questa misura, acronimo di Rendita integrativa temporanea anticipata, introdotta dall’articolo 1 commi 168 e 169, della legge 205/2017 permette di anticipare la liquidazione della pensione integrativa.
La RITA non è quindi una vera e propria opzione al pensionamento, quanto più va intesa come una forma di accompagnamento alla pensione come possono essere anche l’Ape Sociale e l’Isopensione. Se da una parte infatti il collocamento in quiescenza avviene solo quando vengono maturati i requisiti previsti dall’ordinamento, si può comunque smettere di lavorare godendo nel frattempo della sola pensione integrativa.
Uno strumento che quindi può rappresentare una valida alternativa per coloro che hanno versato somme sufficienti da garantirsi una rendita adeguata tale da permettergli di rinunciare allo stipendio nell’attesa di raggiungere il diritto alla pensione.
Detto questo, cerchiamo di capire come funziona la RITA, nonché chi vi può accedere, così che i nostri lettori possano farsi un’idea rispetto alla convenienza di questa misura.
Pensione con RITA: chi sono i destinatari
Chi ha perso il lavoro in età avanzata e ha difficoltà a ricollocarsi può prendere in considerazione l’idea di andare in pensione. D’altronde, trovare un nuovo lavoro quando si è sopra una certa età, ad esempio tra i 50 e i 60 anni, non è di certo semplice vista la poca propensione delle aziende ad assumere persone vicine all’età da pensione.
Fortunatamente ci sono diverse agevolazioni che consentono ai disoccupati di andare in pensione: si pensi, ad esempio, a Quota 41, che consente di andare in pensione indipendentemente dall’età ma a patto che siano stati maturati almeno 41 anni di contributi, o all’Ape Sociale.
Ma tra le possibilità per i disoccupati, ma solo per quelli che sono stati prudenti e hanno deciso di aderire a una forma pensionistica complementare, che vorrebbero andare in pensione in anticipo se ne aggiunge una terza. Si tratta appunto della RITA, ossia la “Rendita Integrativa Temporanea Anticipata”.
Prima di tutto concentriamoci su chi sono i beneficiari. La normativa prevede due differenti categorie, ognuna con dei requisiti differenti da soddisfare. Per comodità parleremo di beneficiari A e beneficiari B.
Per quanto riguarda i beneficiari A, possono accedere alla misura i soggetti che soddisfano tutte queste condizioni:
- cessazione dell’attività lavorativa;
- perfezionamento dell’età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza entro i 5 anni successivi alla cessazione dell’attività lavorativa;
- maturazione, al momento della domanda di RITA, di un requisito complessivo di almeno 20 anni di contributi nei regimi obbligatori di appartenenza;
- maturazione di almeno 5 anni di partecipazione a forme pensionistiche complementari
Nel caso del beneficiario B, nonché disoccupato di lungo periodo, i requisiti sono:
- cessazione dell’attività lavorativa;
- inoccupazione, successiva alla cessazione dell’attività lavorativa, per un periodo superiore a 24 mesi;
- raggiungimento dell’età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza entro i 10 anni successivi al compimento del termine di inoccupazione di cui alla lettera b)
- maturazione di 5 anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari.
A seconda dei casi, dunque, è possibile richiedere la liquidazione anticipata della pensione integrativa con 5 o 10 anni di anticipo. In quest’ultimo caso, però, è necessario che il soggetto risulti essere inoccupato per un periodo superiore ai 24 mesi (2 anni). Inoltre, questo deve compiere i 67 anni - ossia l’età anagrafica per la pensione di vecchiaia - entro i 10 anni successivi al compimento del termine di inoccupazione.
Pensione con RITA: con quali fondi pensione?
Per quanto riguarda gli altri requisiti, va detto che possono accedere alla RITA sia i lavoratori del settore privato che pubblico, a patto ovviamente che questi abbiano aderito a fondi pensione o piani individuali pensionistici. Gli unici esclusi sono coloro che invece hanno aderito a un fondo preesistente, ossia istituito prima del 1° gennaio 1993, in regime di prestazione definita: per questi, infatti, l’anticipo della prestazione potrebbe comportare degli effetti negativi sull’equilibrio attuariale delle rispettive gestioni.
Tolta questa casistica non ci sono problemi: la RITA si può sempre richiedere, indipendentemente dal fatto che si tratti di fondi negoziali chiusi, aperti, o dei piani individuali pensionistici (PIP). L’importante è che l’iscrizione sia almeno quinquennale.
Pensione con RITA: è obbligatorio restare disoccupati?
Attenzione: come anticipato, per poter richiedere la RITA è necessario essere disoccupati. In realtà, è bene chiarire che è sufficiente aver cessato quel rapporto lavorativo che alimenta il Fondo pensione erogatore della Rendita Integrativa.
Questo significa che negli anni che vi separano alla maturazione dei requisiti per la pensione non è essenziale che voi restiate disoccupati. Anche dopo - e durante - il riconoscimento della RITA, quindi, potete tornare a lavorare, a patto che il Fondo di appartenenza che eroga la rendita non preveda delle regole differenti.
Come funziona la pensione con RITA
Grazie alla rendita integrativa temporanea anticipata si può smettere di lavorare in anticipo e percepire nel contempo quanto maturato nel fondo pensione, in attesa appunto di raggiungere i requisiti per l’accesso alla pensione maturata presso l’Inps.
Nel dettaglio, si può richiedere l’erogazione di tutto, o solamente di una parte, il montante accumulato nel lasso di tempo decorrente al momento dell’accettazione della richiesta, e comunque non oltre il raggiungimento del diritto alla pensione di vecchiaia.
La RITA al compimento dei 67 anni
Al raggiungimento del requisito anagrafico per l’accesso alla pensione di vecchiaia - quello contributivo è richiesto già al momento della domanda di accesso alla RITA - la rendita integrativa si interrompe e si ha diritto appunto alla pensione erogata dall’Inps. Ricordiamo che questa oggi si raggiunge a 67 anni, ma questo requisito è soggetto - ogni due anni - all’adeguamento con le speranze di vita.
La RITA è invece cumulabile con altre prestazioni pensionistiche, quali:
Di conseguenza, questa può essere anche una soluzione per integrare quanto riconosciuto dalle suddette prestazioni.
Pensione con RITA: conviene?
Quando si parla di convenienza è sempre complicato dare una risposta in quanto generalmente dipende da quelli che sono i bisogni della persona. Possiamo comunque consigliarvi di consultare un esperto prima di prendere in considerazione questa possibilità che seppur appetibile potrebbe essere rischiosa.
Questo perché, riscuotendo in anticipo il capitale maturato nel fondo pensione si va a ridurre proporzionalmente la rendita sulla quale diversamente il lavoratore avrebbe potuto contare al momento del raggiungimento della pensione di vecchiaia. D’altronde, la ratio della pensione integrativa dovrebbe essere proprio essere questa: ossia andare a integrare quanto verrà riconosciuto con la pensione “pubblica”. In questo modo, invece, sarebbe più opportuno parlare di pensione “sostitutiva”, in quanto comunque va di fatto a sostituirla nel periodo che manca alla maturazione del requisito anagrafico previsto.
Va detto però che ci sono dei vantaggi fiscali. La tassazione è la seguente:
- Fino al 31 dicembre 2000: tassazione sostitutiva del 15% o tassazione ordinaria sull’imponibile;
- Dal 1° gennaio 2001 al 31 dicembre 2006 (31 dicembre 2017 per i dipendenti pubblici): tassazione sostitutiva del 15% o tassazione ordinaria sull’imponibile
- Dal 01 gennaio 2007 (01 gennaio 2018 per i dipendenti pubblici): tassazione sostitutiva del 15% o tassazione ordinaria sull’imponibile.
Per l’aderente, quindi, vi è anche la possibilità di non avvalersi della tassazione sostitutiva, optando per quella ordinaria dove per imponibile si intende:
- nel primo caso il montante maturato fino al 31 dicembre 2000 al netto dei contributi inferiori al 4% della retribuzione e della franchigia sul TFR;
- nel secondo caso, quello maturato nel periodo compreso tra il 1 gennaio 2001 e il 31 dicembre 2006, al netto comunque dei redditi già assoggettati a tassazione;
- nell’ultimo caso, il montante successivo al 1 luglio 2007 (o 1° gennaio 2018 per i dipendenti pubblici) al netto dei redditi già assoggettati a tassazione.
Va detto, però, che nel caso della tassazione sostitutiva vi è un’ulteriore agevolazione, che prevede:
- una riduzione dell’aliquota del 15% dello 0,30% per ogni anno di partecipazione al fondo successivo al quindicesimo;
- in ogni caso la riduzione non può essere superiore al 6%. Quindi la tassazione al massimo si riduce al 9%.
Anche per capire qual è la tassazione migliore nel proprio caso specifico, è bene richiedere il consulto di un esperto.
Conviene dunque? Ci sono pro e contro.
Il pro è sicuramente quello di avere un sostegno nel caso in cui si resti senza lavoro in età avanzata e non si hanno ancora i requisiti per accedere alla pensione. In mancanza d’altro, dunque, meglio sicuramente la RITA.
Ma ci sono anche i contro. Ovviamente da premettere che quanto versato nel fondo previdenziale complementare sarà utilizzato (tutto o in parte è decisione del richiedente) per finanziare la rendita mensile che accompagna alla pensione di vecchiaia, quindi sicuramente uno dei contro è proprio erodere questo tesoretto versato per garantirsi una pensione complementare da sommare a quella obbligatoria.
Un altro contro potrebbe essere rappresentato dal fatto che la rendita mensile, se non si è versato un capitale abbastanza alto nel fondo complementare, potrebbe non garantire una somma mensile sufficiente al sostentamento.
Ovviamente le cose vanno guardate sempre dal proprio punto di vista, le esigenze di uno possono non essere necessariamente quelle di un altro. Prima di comprendere se questa potrebbe essere la strada da seguire bisogna valutare il capitale versato nel fondo integrativo e comprendere a che rendita mensile si potrebbe avere diritto.
Pensione con RITA: come richiederla
La richiesta va presentata direttamente al fondo al quale si è aderito. Ogni fondo ha il suo modulo, nonché l’elenco dei documenti da consegnare.
Non possiamo, invece, dare una risposta riguardante le tempistiche della RITA. Il termine massimo entro il quale la prestazione viene liquidata, infatti, varia a seconda di quanto stabilito dal fondo pensione al quale avete aderito. Questa informazione, comunque, dovreste trovarla all’interno della documentazione riferita al vostro fondo.
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