In pensione nel 2021: quanto spetta di assegno? Ecco tutte le informazioni utili per scoprirlo.
Calcolo dell’importo della pensione per chi ci va nel 2021: ecco le istruzioni con tutti i coefficienti aggiornati al 1° gennaio per capire quanto effettivamente spetterà di assegno a chi quest’anno smetterà di lavorare.
In realtà ci sono diversi simulatori che permettono di calcolare l’importo della pensione; il più famoso è sicuramente quello che si trova nell’area personale dell’INPS alla voce “La mia pensione”.
Tuttavia, conoscere le regole con le quali viene effettuato il calcolo della pensione è molto importante, così da capire quali sono effettivamente le voci che vanno ad influire sull’importo della stessa. A tal proposito, ecco una guida aggiornata su come verrà calcolato l’importo della pensione a coloro che verranno collocati in quiescenza nel 2021.
Calcolo della pensione: regimi differenti a seconda della data di riferimento dei contributi
Come noto, sono due i regimi di calcolo con il quale viene definito l’importo della pensione. Questi dipendono dal periodo di lavoro a cui ci si riferisce: ricordiamo, infatti, che la riforma Dini del 1995 ha sostituito il regime di calcolo retributivo con quello contributivo.
Ad oggi, quindi, il calcolo della pensione viene effettuato secondo le regole del:
- regime retributivo per la parte antecedente al 1° gennaio 1996;
- regime retributivo per la parte antecedente al 1° gennaio 2012 per coloro che alla data del 31 dicembre 1995 hanno maturato 18 anni di contribuzione;
- regime contributivo per la parte successiva al 1° gennaio 1996.
Quindi, per chi ha iniziato a lavorare interamente dopo il 1° gennaio 1996 (qui le opzioni con cui questi potranno andare in pensione) si applicano interamente le regole del regime contributivo. Diversamente, per gli altri si applica il regime misto: quindi, retributivo per la parte antecedente alle suddette scadenze (a seconda della posizione contributiva alla data del 31 dicembre 1995), e contributivo per quella successiva.
Nei due regimi si applicano differenti regole per il calcolo della pensione: il retributivo è sicuramente più vantaggioso per il lavoratore in quanto valorizza maggiormente le ultime retribuzioni percepite prima di andare in pensione, mentre sul contributivo incidono esclusivamente i contributi accreditati durante la vita lavorativa.
Ma vediamo nel dettaglio come questi due regimi funzionano nel 2021 analizzando coefficienti e tassi aggiornati.
Regime di calcolo retributivo della pensione: le regole aggiornate al 2021
Con il regime di calcolo retributivo si prende il reddito medio relativo agli ultimi anni di lavoro (dieci qualora si tratti di lavoratori dipendenti); questo viene definito come reddito pensionabile, il quale a sua volta andrà moltiplicato per gli anni in cui sono stati versati i contributi (l’anzianità contributiva) e per un’aliquota di rendimento.
Ebbene, l’aliquota di rendimento è del 2% per ogni anno di lavoro per un limite massimo però di 40 anni. Al massimo, quindi, il lavoratore può percepire una pensione pari all’80% del reddito pensionabile. Ma attenzione: l’aliquota del 2% si applica solamente dentro la soglia di retribuzione pari a 47.379,00 euro (valore aggiornato al 2021). Sopra di questa, per la parte quindi di reddito pensionabile superiore ai 47.379,00 euro, si applica un’aliquota ridotta pari a:
- 1,50%: reddito compreso tra 47.379,00€ e 63.104,07€;
- 1,25%: reddito compreso tra 63.104,07€ e 78.€;
- 1,00%: sopra i 78.649,14€.
In questo modo si è cercato di evitare che coloro che hanno percepito gli stipendi molto elevati negli ultimi anni di carriera siano maggiormente agevolati.
Regime di calcolo contributivo della pensione: le regole aggiornate al 2021
Meno vantaggioso - in quanto tiene conto di tutta la carriera lavorativa e quindi si prendono in considerazione anche stipendi bassi e periodi di disoccupazione - per il lavoratore è il regime di calcolo contributivo.
Il primo passaggio del regime di calcolo contributivo è quello con cui la retribuzione pensionabile annua viene moltiplicata per l’aliquota di computo (che varia a seconda della tipologia di lavorare, in quanto è pari al 33% per il lavoro dipendente e al 23% per lavoro autonomo) così da capire quanta parte di retribuzione pensionabile viene ogni anno accantonata come contribuzione a fini previdenziali.
Questo risultato, a sua volta, viene moltiplicato per un tasso di rendimento, così da rivalutare i contributi versati sulla base dell’andamento dell’indice dei prezzi.
Da queste operazioni ne risulta quello che viene definito come montante contributivo, parametro che, una volta moltiplicato con il coefficiente di trasformazione dà come risultato l’importo della pensione.
A tal proposito, al 1° gennaio 2021 i coefficienti di trasformazione sono stati aggiornati.
Purtroppo il risultato di questa operazione svantaggia chi andrà in pensione nel prossimo biennio, in quanto i coefficienti di trasformazione sono meno vantaggiosi rispetto a quelli in vigore tra il 2019 e il 2020.
© RIPRODUZIONE RISERVATA