Andare in pensione a 62 anni anche dopo Quota 100? Una soluzione esiste: il Governo riflette su Quota 92.
Riforma delle pensioni: si torna a parlare di Quota 92 per il dopo Quota 100, così da permettere - ad alcune categorie - di continuare ad andare in pensione a 62 anni di età.
Una misura tanto cara al Partito Democratico, in quanto fu proprio il senatore Dem, Tommaso Nannicini, a ritagliarla per il post Quota 100; una proposta che con il passare dei giorni acquista consensi, come l’ultimo endorsement di un altro esponente del Partito Democratico, Graziano del Rio.
Perché Quota 92 piace così tanto al Partito Democratico? Per diversi fattori: il primo è quello per cui rappresenta una misura a costo zero, in quanto ripercorre quanto già fatto con Opzione Donna prevedendo una penalizzazione sull’assegno per coloro che decidono di anticipare l’accesso alla pensione.
Inoltre, Quota 92 andrebbe a tutelare solamente alcune categorie di persone, ossa quelle che meritano di una maggiore attenzione. Un principio che il Partito Democratico sostiene da tempo, come dimostra tra l’altro l’introduzione dell’Ape Sociale, riservata solamente alle categorie di lavoratori meritevoli di una maggior tutela. Si tratterebbe, quindi, di riconoscere agevolazioni per l’accesso alla pensione non a tutti, ma solamente a quelli che ne hanno effettivamente bisogno.
Nell’attesa di capire se Mario Draghi ascolterà le richieste del Partito Democratico in tema di pensioni - ricordiamo comunque che il Ministro del Lavoro è il dem Andrea Orlando - vediamo nel dettaglio come funziona Quota 92, misura che consentirebbe l’accesso alla pensione all’età di 62 anni, come con Quota 100, ma con molti meno anni di contributi.
Come si potrebbe andare in pensione con Quota 92 (e differenze con Quota 100)
Il funzionamento di Quota 92 non sarebbe molto differente a quello di Quota 100. Come quest’ultima misura, infatti, il diritto alla pensione si raggiunge quando la somma tra età anagrafica e contributi maturati dà come risultato la cifra indicata nella Quota.
Tra le due misure non cambia neppure il limite anagrafico. Entrambe, infatti, consentono al lavoratore di accedere alla pensione non prima del compimento dei 62 anni di età.
È ovvio, quindi, che la differenza tra le due misure sta tutta nel requisito contributivo. Per Quota 100, infatti, sono richiesti almeno 38 anni di contribuzione; ebbene, la Quota 92 sostenuta dal Partito Democratico ne prevede “appena” 30 anni.
L’idea, quindi, è di sostituire Quota 100 con una misura di flessibilità che sarebbe persino più conveniente, almeno per quanto riguarda la possibilità di anticipare l’accesso alla pensione, rispetto a quanto previsto oggi. Ma non è proprio così: da una parte, infatti, Quota 92 sarà limitata ad un numero ridotto di lavoratori, dall’altra prevederà una penalizzazione in uscita ripercorrendo quanto già fatto per Opzione Donna.
Quota 92 non per tutti
La differenza rispetto a Quota 100 sarebbe quella per cui la nuova Quota 92 con cui andare in pensione a 62 anni e con 30 anni di contributi, sarebbe limitata solamente ad alcune categorie di persone.
Ad esempio, Del Rio ha parlato di donne - per le quali l’accesso a Quota 100 è piuttosto proibitivo vista la difficoltà a raggiungere i 38 anni di contribuzione - come pure dei lavoratori usuranti. Ma in realtà l’accesso a Quota 92 potrebbe essere esteso anche ai disoccupati di lungo periodo, come anche agli invalidi e ai caregiver: insomma, a quelle categorie già oggi riconosciute come meritevoli di maggior tutela, per le quali vi è la possibilità di accedere all’Ape Sociale, oppure di andare in pensione con 41 anni di contributi (ma solo se precoci).
Quota 92: penalizzazione sull’assegno per chi va in pensione a 62 anni
A differenza di Quota 100, Quota 92 dovrebbe prevedere anche una penalizzazione sull’assegno per chi decide di anticipare l’accesso alla pensione.
E non stiamo parlando della perdita strutturale che c’è in tutti i casi in cui si anticipa l’accesso alla pensione, ma di un vero e proprio taglio.
La Quota 92 pensata da Nannicini e sostenuta dal Partito Democratico, infatti, prevede un ricalcolo dell’assegno interamente con il sistema contributivo, al pari di quanto succede oggi con Opzione Donna. Ed è proprio per questo motivo che si tratta di una misura realizzabile: è in questo modo, infatti, che Quota 92 “si ripaga da sola”, non andando a pesare sulle casse dello Stato.
E in questo particolare periodo storico, in cui l’Italia dovrà stare attenta a non incrementare la spesa pensionistica viste le indicazioni dettate dall’Unione Europea per l’accesso alle risorse del Recovery Fund, questa potrebbe essere la miglior soluzione possibile per garantire flessibilità e stabilità al sistema.
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