Pensione a 67 anni addio perché non ha i contributi minimi. Ma c’è una soluzione

Simone Micocci

30 Gennaio 2025 - 09:55

Chiedo all’esperto: ho iniziato a lavorare nel 1998 e compio 67 anni nel 2025. Ma ho solo 17 anni di contributi: posso comunque andare in pensione?

Pensione a 67 anni addio perché non ha i contributi minimi. Ma c’è una soluzione

Per accedere alla pensione di vecchiaia bisogna raggiungere determinati requisiti: a fronte di un’età minima di 67 anni, infatti, è necessario aver maturato almeno 20 anni di contributi.

Un requisito inderogabile: per coloro che non raggiungono, anche se per poche settimane, il requisito minimo per accedere alla pensione di vecchiaia, i contributi versati vanno persi in quanto l’Inps non li restituisce. Una vera e propria beffa per chi ha lavorato per diversi anni, finanziando così l’Inps attraverso versamenti contributivi, che nel caso dei lavoratori dipendenti sono pari al 33% della retribuzione, ma non a sufficienza da assicurarsi una pensione.

Tuttavia, è bene sapere che c’è una soluzione per fare in modo che quanto versato non vada perso. L’abbiamo suggerita proprio a un nostro lettore che nei giorni scorsi ci ha posto un tale problema avendo raggiunto a malapena 17 anni di contributi.

Non ho raggiunto i 20 anni di contributi per la pensione di vecchiaia, cosa posso fare?

Gentile lettore,
purtroppo avere 20 anni di contributi è una condizione necessaria per accedere alla pensione di vecchiaia a 67 anni. In alcuni casi questo requisito si riduce a 15 anni, ma nel suo caso non soddisfa nessuno dei requisiti richiesti per poter accedere a una delle tre deroghe Amato.

Inoltre, come abbiamo approfondito nella nostra analisi preliminare del suo caso, non esistono periodi riscattabili ai fini della pensione, né contributi coperti da una contribuzione figurativa accreditabile attraverso domanda dell’interessato. Mentre la possibilità di ricorrere al versamento volontario dei contributi non è la soluzione ideale visto che questa misura consente di coprire al massimo i 6 mesi precedenti alla richiesta di autorizzazione all’Inps. Nel suo caso, quindi, dovrebbe comunque attendere almeno altri due anni e mezzo prima di poter accedere alla pensione.

Ma attenzione, perché se queste soluzioni sono da scartare ce n’è un’altra che invece si sposa perfettamente per la sua situazione. Deve sapere, infatti, che in legge di Bilancio 2024 è stato introdotto uno strumento, valido anche per tutto il 2025, che consente di valorizzare ai fini contributivi periodi non lavorati anche negli anni passati.

Si tratta della cosiddetta pace contributiva, descritta dall’Inps con la circolare n. 69 del 29 maggio. Rivolta ai contributivi puri - come nel suo caso avendo iniziato a lavorare dopo il 1996 - questo strumento consente di riscattare qualsiasi periodo non coperto da contribuzione purché successivi alla data del 31 dicembre 1995.

Una misura che si rivolge a tutti i contribuenti iscritti all’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO), alle sue forme sostitutive ed esclusive, alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, commercianti e artigiani, nonché agli iscritti alla Gestione Separata.

Si può richiedere il versamento di massimo 5 anni di contributi, ma d’altronde nel suo caso ne sono sufficienti 3 quindi può anche limitarsi a questi così da ridurre la spesa complessiva. Il vantaggio d’altronde è che quanto versato viene riconosciuto non solo ai fini del raggiungimento del requisito della pensione, ma anche per il calcolo dell’importo.

Come avrà ben capito, però, tutta questa operazione - per la quale può rivolgersi al numero verde Inps, a un patronato oppure provare a farne domanda direttamente dal sito dell’Istituto - è a vostre spese. Nel dettaglio, il costo della pace contributiva è calcolato prendendo il 33% dell’ultima retribuzione annua percepita (si prende come riferimento la data della domanda). Se quindi guadagnavate 20.000 euro l’anno, dovrete versare 6.600 euro per ogni anno che volete “riscattare”. Perlomeno però è possibile rateizzare il costo complessivo, fino a un massimo di 120 rate mensili (quindi potrete pagare per 10 anni).

C’è inoltre il vantaggio che l’onere sostenuto è fiscalmente deducibile dal reddito complessivo, riducendo così le imposte dovute.

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