Pensione con Opzione Tutti, i requisiti: conviene davvero?

Simone Micocci

9 Novembre 2021 - 10:23

Opzione Tutti: così andremo in pensione in futuro? Nessuna certezza, Governo e sindacati ne stanno discutendo. Ma davvero è così conveniente come si crede?

Pensione con Opzione Tutti, i requisiti: conviene davvero?

Opzione Tutti per l’accesso alla pensione: come funziona e, soprattutto, quanto converrebbe? Il dibattito sulle pensioni è ancora acceso: i sindacati lamentano da parte del Governo uno scarso interesse su questo tema e promettono di scendere in piazza nel caso in cui non dovessero esserci aperture riguardanti nuove forme di flessibilità alternative a Quota 100.

Si è parlato molto di Quota 102, ma come abbiamo già avuto modo di spiegare si tratta di una misura di flessibilità riservata a davvero poche persone. Ecco che allora i sindacati hanno proposto una misura simile all’Opzione Donna (per la quale dovrebbe essere confermata l’età attuale, quindi 58 e 59 anni rispettivamente per lavoratrici subordinate e autonome) per tutti i lavoratori, prevedendo dunque un ricalcolo contributivo per coloro che decidono di anticipare l’accesso alla pensione.

C’è chi già parla di “ricatto” però: si ritiene, infatti, che in questo modo si fa pressione sul fatto che molte persone stanche di lavorare potrebbero essere persino disposte a rinunciare a una parte della pensione pur di andarci con largo anticipo. Com’è noto, infatti, il ricalcolo contributivo della pensione comporta una riduzione dell’assegno, più o meno “grave” a seconda della posizione contributiva dell’interessato.

Quanto si perde per l’esattezza? Ci sono diverse simulazioni a riguardo, le analizzeremo di seguito in questa guida dedicata a quella che potrebbe essere la grande novità della Legge di Bilancio 2022 per il tema pensioni: la cosiddetta Opzione Tutti.

Opzione tutti: di quanto si potrà anticipare l’accesso alla pensione?

Si discute su Opzione Tutti: i sindacati sperano in un’apertura del Governo a riguardo, anche se a oggi le probabilità non sono molto elevate. Ma come funzionerebbe una tale misura? Il funzionamento sarebbe simile a a quello di Opzione Donna, ma con nuovi requisiti.

Nel dettaglio, si parla di anticipare l’accesso alla pensione tra i 62 e i 63 anni. Probabile che ci possa essere una differenziazione, come avviene oggi per Opzione Donna, tra lavoratori subordinati e autonomi, con i primi che appunto potrebbero anticipare la pensione a 62 anni e i secondi dovrebbero invece aspettare un anno in più.

I contributi, 35 anni quelli richiesti da Opzione Donna, sarebbero invece pari a quelli richiesti per l’accesso alla pensione di vecchiaia: 20 anni di contributi.

Un notevole differenza rispetto persino a Quota 100: in questo caso, infatti, si tratta di una sorta di “Quota 82”, con la platea degli interessati che sarebbe ben più ampia di quella che ha avuto accesso alla flessibilità in questi ultimi tre anni.

Ma abbiamo già accennato alla penalizzazione in uscita. Quota 100, infatti, non prevedeva tagli, se non comunque il fatto che andando in pensione prima dei 67 anni si rinuncia comunque a una parte di assegno (visto il funzionamento del sistema contributivo, il quale penalizza chi anticipa l’accesso alla pensione).

Opzione tutti, invece, prevede un ricalcolo contributivo dell’intera pensione. Una penalizzazione importante per coloro - la maggior parte - che rientrano nel regime misto: per questi, infatti, anche la parte maturata nel retributivo verrebbe calcolata con il contributivo, con una netta riduzione dell’assegno.

Opzione tutti per la pensione: quanto si perde di assegno

Così come per Opzione Donna, la misura della penalizzazione varia a seconda della posizione contributiva dell’interessato. Nel dettaglio, tanto più è rilevante la parte di contributi maturata nel retributivo tanto più sarà netta la riduzione dell’assegno. Viceversa, con una piccola quota di contributi nel retributivo può anche valere la pena anticipare l’accesso alla pensione.

Nel dettaglio, una simulazione di Smileconomy per Repubblica ci offre una panoramica a riguardo. Nel dettaglio, vengono presi in esame i casi di tre lavoratori - classe 1959 - che accedono alla Opzione tutti.

  • lavoratore con 62 anni di età e 37 anni di contributi nel 2021: questo non può accedere a Quota 100, né tanto meno alla futura Quota 102 (per la quale sono necessari 38 anni di contributi e 64 anni di età). Potrà, sempre nel caso in cui dovesse arrivare il via libera del Governo, accedere all’Opzione Tutti, ma il ricalcolo contributivo comporterà una perdita di circa 200€ al mese, visto che l’assegno riconosciuto sarà pari a 934€, anziché 1.181€ nel caso in cui avesse atteso fino ai 67 anni (taglio del 21%);
  • lavoratore con 63 anni e 35 anni di contributi: per questo il taglio sarebbe sempre di circa 300,00€ (20%), in quanto anziché una pensione di 1.094€ avrebbe diritto a un assegno mensile di 872€;
  • lavoratore che a 63 anni ha maturato 20 anni di contributi, di cui 10 nel retributivo e altrettanti nel contributivo. Questo avrebbe una pensione di appena 579€, a fronte dei 794€ riconosciuti al compimento dei 67 anni. Si tratta, dunque, di una decurtazione del 27%.

Chi più e chi meno, quindi, dovrebbe accettare un taglio dell’assegno per andare in pensione prima. Ma ne varrà davvero la pena? Sarà comunque l’interessato a decidere, sempre ovviamente se Opzione Tutti dovesse effettivamente essere finanziata dalla Legge di Bilancio. Ancora oggi, infatti, non sembrano esserci chissà quali segnali in questa direzione.

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