La pensione delle celebrità spesso non rispecchia i compensi percepiti in carriera. Ci sono diverse testimonianze che lo confermano.
Ti sei mai chiesto quanto prendono di pensione le celebrità? Molto dipende dalla categoria di cui si fa parte: lavoratori dello spettacolo, influencer, calciatori, giornalisti, come pure i politici. Per ognuno di questi ci sono regole differenti per il calcolo della pensione, con il rischio che per coloro che hanno avuto una carriera breve l’assegno riconosciuto sia molto basso.
Non mancano d’altronde le testimonianze di celebrità che lamentano di prendere troppo poco di pensione e per questo si mettono in cerca di nuovi incarichi utili a incrementare la loro rendita.
D’altronde, le regole per il calcolo della pensione delle celebrità, con la sola eccezione dei politici, non sono tanto differenti da quelle previste per gli altri lavoratori, autonomi e dipendenti.
Vediamo quindi come generalmente vengono calcolate le pensioni delle persone famose, nonché alcune testimonianze di come le regole attualmente in vigore rischiano di essere causa di un assegno molto basso.
La pensione dei lavoratori dello spettacolo
Come lavoratori dello spettacolo intendiamo tutti coloro che lavorano come dipendenti o autonomi in questo settore, includendo quindi cantanti, ballerini, attori, registi, presentatori e tanti altri.
Questi versano una contribuzione che si basa su un sistema giornaliero: nel caso di coloro impiegati a tempo determinato serve versare almeno 90 giornate di contributi annuali per coprire un anno intero, mentre nel caso degli stagionali ne servono 260. Sono necessarie 312 giornate di contributi annuali, nel caso dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato.
Questi versano al proprio fondo un contributo pari al 33% di quanto percepito, stessa aliquota prevista per la generalità dei lavoratori dipendenti. Nel solo caso di ballerini e coreografi è del 35,70%.
Per il calcolo della pensione si considerano le stesse regole previste per la generalità dei lavoratori: quindi fino al 1996 si applica il sistema retributivo con un’aliquota del 2% per ogni anno di contribuzione calcolata sulla media di quanto guadagnato nelle migliori giornate lavorative, mentre per i periodi successivi si utilizza il contributivo.
Abbiamo più volte spiegato di come questo schema penalizzi i lavoratori, specialmente quando più si andrà avanti e maggiore sarà la parte calcolata con il contributivo (fino a che diventerà l’unico sistema utilizzato). Ancora peggio però va ai lavoratori dello spettacolo, dal momento che non si tiene conto delle peculiarità di un settore spesso caratterizzato da carriere brevi, o comunque discontinue, e retribuzioni variabili.
Il risultato è che eccetto coloro che sono riusciti ad avere una gloriosa carriera (e non è neppure detto), in altri la pensione percepita per le proprie esperienze televisive, teatrali o comunque su altri palcoscenici risulta essere molto bassa.
Lo confermano alcune testimonianze di persone più o meno famose: se da una parte Enzo Paolo Turchi, oggi al Grande Fratello, dice di prendere circa 740 euro di pensione, Giucas Casella si lamenta per i suoi “miseri” 800 euro. E ancora, l’attrice, doppiatrice e regista Simona Izzo, ne prende circa 1.000 al mese, stesso importo di Alvaro Vitali (che per anni ha impersonato i panni di Pierino). Barbara Bouchet, attrice ed ex ballerina, nonché mamma dello chef Alessandro Borghese, ha dichiarato di prendere 511 euro, mentre all’attore e cantante napoletano Leopoldo Mastelloni va meglio con 1.200 euro.
E il problema sembra non risparmiare i volti ancora più noti: come di recente si è lamentata Orietta Berti, infatti, nonostante i 50 anni di contributi la pensione da lei percepita è di 900 euro, lo “stesso importo di Pippo Baudo”.
Va detto però che i cantanti possono aggiungere alla pensione anche la rendita della Siae, la quale quindi garantisce loro una seconda entrata che aumenta la rendita complessiva.
leggi anche
Quanto (e come) guadagna un cantante?
La pensione dei calciatori (e degli altri sportivi famosi)
Non va diversamente ai calciatori. Per quanto oggi questi possano contare di retribuzioni molto alte, con annessi versamenti contributivi che dovrebbero garantire una pensione elevata, per quelli del passato, come pure per tutti coloro che non riescono ad arrivare a giocare a un livello tale da guadagnare molti soldi, il discorso è differente.
Nel dettaglio, è il Fondo previdenziale non solo dei calciatori ma di tutti gli sportivi professionisti a erogare la pensione agli sportivi che svolgono attività professionistica. Come per i lavoratori dello spettacolo i contributi sono calcolati in giornate lavorative e dall’1 gennaio 1993 ne servono 260 per il riconoscimento dell’annualità contributiva.
Il calcolo della pensione segue le regole ordinarie, dividendosi quindi tra retributivo e contributivo. Per quanto riguarda il raggiungimento della pensione, per i lavoratori iscritti al fondo prima del 31 dicembre 1995 il diritto alla pensione di vecchiaia si acquisisce a 53 anni con 20 anni di contributi, mentre successivamente bisogna attendere i 67 anni come previsto dalla legge Fornero (con la possibilità di ricorrere alle forme di pensione anticipata).
Chi quindi ha una carriera con meno di 20 anni rischia quindi neppure di raggiungerla la pensione. Ad esempio José Altafini, che oggi racconta di vivere con i circa 700 euro della pensione sociale.
Anche per sportivi e calciatori quindi la pensione può rappresentare un problema: il rischio non è solo quello di prendere poco, ma anche di non riuscire neppure a maturarne il diritto nel caso in cui al termine della carriera non si intraprenda una nuova attività lavorativa, continuando così a versare contributi con la possibilità di effettuare un ricongiungimento con quelli versati come sportivo professionista.
© RIPRODUZIONE RISERVATA