Ci sono almeno tre misure in Italia - simili a una pensione - che spettano anche a chi non ha mai lavorato. Ecco come funzionano, gli importi e i requisiti.
Si può andare in pensione in Italia senza aver mai lavorato? Non proprio. Le regole che disciplinano il pensionamento nel nostro Paese, infatti, richiedono necessariamente un minimo di contributi per prendere la pensione, almeno 20 anni nel caso della pensione di vecchiaia che si riducono a 5 anni per l’opzione contributiva della stessa.
Tuttavia, se pensiamo alla pensione nel senso più ampio del termine, ossia a una rendita mensile, allora sì: ci sono strumenti, infatti, che spettano anche a coloro che non hanno mai lavorato. Nel dettaglio, sono almeno tre le misure che rientrano in questa categoria e si tratta dei trattamenti riconosciuti agli invalidi civili, l’Assegno sociale e la pensione per casalinghe e casalinghi. Ognuna di queste prevede dei requisiti specifici per soddisfarne: nel primo caso, infatti, si guarda alla condizione di salute, nel secondo a quella anagrafica ed economica mentre il terzo - come vedremo di seguito nel dettaglio - interessa coloro che hanno svolto prevalentemente lavori di cura non retribuiti e derivanti da responsabilità familiari.
Ma andiamo con ordine e vediamo quali sono i requisiti - e gli importi - di queste misure e in che modo possono “sostituire” la pensione.
La “pensione” di invalidità civile
Per coloro che hanno una riduzione della capacità lavorativa - a causa di una menomazione psicofisica - di almeno il 74%, spetta un assegno mensile riconosciuto per 13 mensilità (non spetta invece la quattordicesima che a luglio aumenterà gli importi di pensione).
L’importo mensile, aggiornato a inizio 2025 per effetto della rivalutazione che ha riguardato tanto i trattamenti previdenziali quanto quelli assistenziali, è pari a 336 euro.
Per averne diritto, però, non basta la condizione di salute: si tiene conto anche del reddito percepito dalla persona interessata che nel caso di coloro che hanno una percentuale di invalidità compresa tra il 74% e il 99% non può superare i 5.771,35 euro. In caso di inabilità totale, quindi con 100% di invalidità riconosciuta, l’importo del trattamento è sempre lo stesso - ma può godere dell’incremento al milione arrivando così a 739,83 euro - ma aumenta il limite per averne diritto che nel 2025 è pari a 19.772,50 euro.
Non ci sono limiti di età per averne diritto, basta quindi il riconoscimento dello stato di menomazione psico-fisica e soddisfare i limiti di reddito suddetti.
La “pensione” sociale
L’Assegno sociale viene ancora chiamato impropriamente “pensione” sociale (per quanto con questo termine ci si riferisca a una misura differente). Probabilmente, la ragione è quella per cui il diritto all’Assegno sociale si raggiunge una volta compiuti i 67 anni di età, lo stesso limite richiesto per la pensione di vecchiaia (per la quale tuttavia sono necessari almeno 20 anni di contributi).
L’Assegno sociale invece tiene conto solamente della condizione economica dell’interessato: ne può fare richiesta, quindi, anche chi non ha mai lavorato e ha zero contributi accreditati.
Nel dettaglio, l’importo è pari a 538,68 euro per 13 mensilità; al compimento dei 70 anni poi si aggiunge l’incremento al milione che come nel caso delle pensioni di invalidità civile porta l’assegno a toccare quota 739,83 euro.
Per avere diritto all’Assegno sociale bisogna che il reddito individuale non superi i 7.002,84 euro (che altro non è che l’importo annuo della stessa misura), mentre quello coniugale non può superare i 14.005,68 euro (2 volte il valore della “pensione” sociale). Tuttavia, il pieno importo spetta solo a coloro che hanno un reddito individuale pari a zero e coniugale che non supera i 7.002,84 euro: in caso contrario ne spetta solo una parte, calcolata sottraendo il valore dei redditi per le soglie suddette.
La “pensione” per casalinghe e casalinghi
Non è detto che chi non ha mai lavorato non abbia neppure mai versato contributi all’Inps. Presso l’Istituto, infatti, è presente un apposito fondo che si rivolge a coloro che hanno svolto prevalentemente lavori di cura non retribuiti e derivanti da responsabilità familiari, che appunto è conosciuto anche come “Fondo per casalinghe e casalinghi”.
A questi viene data la possibilità di effettuare dei versamenti volontari così da assicurarsi il diritto a una rendita mensile, il cui importo dipende da qual è stato l’investimento effettuato (si utilizzano le stesse regole per il calcolo della pensione).
Nel dettaglio, il contributo minimo per il riconoscimento di un mese di contributi nel Fondo pensione per casalinghe e casalinghi è di 25,82 euro: serve quindi “investire” almeno 309,84 euro per un intero anno. Ma attenzione perché con queste cifre l’importo della pensione, una volta che se ne raggiungono i requisiti, sarà comunque molto basso.
La rendita viene riconosciuta al compimento dei 57 anni a patto che siano stati versati almeno 5 anni di contributi, mentre nel caso in cui risulti dimostrata un’assoluta e permanente impossibilità a prestare qualsiasi attività lavorativa il trattamento viene riconosciuto indipendentemente dall’età, ma sempre con 5 anni di contributi.
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