Le pensioni aumentano nel 2025. Ora è tutto risolto, riceverai molto di più

Simone Micocci

2 Agosto 2024 - 09:24

Aumento delle pensioni, tutto lascia pensare a un ritorno delle vecchie regole di rivalutazione. L’inflazione è tornata sotto controllo, per i pensionati in arrivo più soldi (senza tagli).

Le pensioni aumentano nel 2025. Ora è tutto risolto, riceverai molto di più

Ogni anno le pensioni vengono adeguate al costo della vita grazie allo strumento conosciuto come perequazione, disciplinato dalla legge n. 448 del 1998.

Si tratta di una tutela molto importante per i pensionati, in quanto garantisce che il potere d’acquisto dell’assegno resti inalterato negli anni. D’altronde, mentre gli stipendi godono dei rinnovi di contratto, con relativi aumenti proporzionali all’inflazione, per le pensioni ovviamente non può essere così: ecco perché è stato previsto un adeguamento automatico che tenendo conto dell’inflazione accertata ogni anno va ad aumentare l’importo dell’assegno.

Tuttavia, negli anni i governi hanno avuto un rapporto un po’ “controverso” con la rivalutazione delle pensioni. Ogni anno, infatti, questi sono obbligati a stanziare le risorse necessarie per permettere una tale operazione, il che - specialmente nei periodi in cui i fondi per la legge di Bilancio sono limitati - ha ridotto le possibilità di intervenire in altri ambiti.

Ecco perché ci sono state situazioni, in particolare durante le crisi economiche che si sono susseguite in questi anni o comunque quando c’era necessità di maggiori risorse per attuare le misure del programma di governo, in cui la rivalutazione è stata rivista o persino bloccata. Tanto che più volte è dovuta intervenire la Corte Costituzionale a garanzia del diritto dei pensionati a non vedere svalutato il proprio assegno.

L’ultimo “taglio” alla rivalutazione c’è stato nel 2023 ed è poi proseguito nel 2024: anche in questo caso ci sono state ragioni economiche a giustificare la decisione presa dal governo Meloni. Tuttavia adesso la situazione sembra essere risolta e per questo motivo l’aumento delle pensioni nel 2025 dovrebbe tornare a seguire le regole originarie di rivalutazione, con le quali spettano molti più soldi rispetto a quanto diversamente verrebbe riconosciuto dal “metodo Meloni”.

Come è stata tagliata la rivalutazione delle pensioni

Nella legge di Bilancio 2023 l’esborso dovuto per la rivalutazione delle pensioni era molto alto, causa anche un tasso di inflazione senza precedenti, pari all’8,1%.

Rivalutare gli assegni in base a quanto stabilito dalla legge n. 448 del 1998 avrebbe richiesto un esborso troppo elevato. Nel dettaglio, questo sistema stabilisce che:

  • per la parte di pensione il cui importo non supera di 4 volte il trattamento minimo la rivalutazione è pari al 100% del tasso di inflazione accertato;
  • per la parte compresa tra le 4 e le 5 volte, invece, è al 90% del tasso;
  • infine, per la parte che supera le 5 volte, invece, è al 75% del tasso.

Viene quindi utilizzato un sistema simile a quello dell’Irpef, dove l’importo viene spacchettato in diverse fasce e per ognuna viene applicata la relativa percentuale di rivalutazione.

Un sistema particolarmente vantaggioso, specialmente nei periodi di elevata inflazione, per quanto alle pensioni superiori a 4 volte il trattamento minimo garantisca solamente un recupero parziale del potere d’acquisto.

Applicarlo con un’inflazione dell’8,1%, come pure del 5,4% come rilevata l’anno successivo, non era possibile se non rinunciando ad altri interventi. Ma serviva sostenere il potere d’acquisto anche delle famiglie, ad esempio attraverso misure come lo sgravio contributivo, come pure contrastare l’aumento dei prezzi dell’energia.

Per questo motivo venne introdotto un meccanismo che intanto stabilisce che il tasso di rivalutazione previsto per quella relativa fascia di reddito viene applicato sull’intero importo. E questo già è penalizzante. Vanno poi aggiunte delle percentuali più basse rispetto a quelle previste dalla suddetta legge.

Il risultato degli interventi applicati prima in legge di Bilancio 2023 e poi nel 2024 è dunque il seguente:

Fascia assegnoIndice di perequazione
Fino a quattro volte il trattamento minimo 100%
Oltre 4 e fino a 5 volte il trattamento minimo 85%
Oltre 5 e fino a 6 volte il trattamento minimo 53%
Oltre 6 e fino a 8 volte il trattamento minimo 47%
Oltre 8 e fino a 10 volte il trattamento minimo 37%
Oltre 10 volte il minimo 22%

E nel 2025?

La domanda da porsi è cosa succederà nel 2025, in quanto il governo Meloni dovrà decidere se ritornare al sistema tradizionale di rivalutazione oppure se prorogare i tagli attuati in questi due anni.

Di fatto, però, non sembrano esserci più ragioni per continuare con il meccanismo più severo. Specialmente perché il tasso di inflazione sarà molto più basso, circa dell’1,6% secondo quanto stimato dall’ultimo Documento di economia e finanza, rendendo così la rivalutazione molto più sostenibile.

Anche perché bisogna ricordare che, nelle volte in cui è stata interpellata, la Corte Costituzionale ha specificato che i tagli della rivalutazione non possono essere reiterati senza motivo. Ragion per cui tutto sembra far pensare a un ripristino delle vecchie (o nuove, a seconda del punto di vista da cui le si guarda) regole di rivalutazione.

Il che rappresenterebbe un notevole vantaggio per i pensionati, in quanto - come abbiamo avuto già modo di spiegare - in questo modo spetterebbero molti più soldi rispetto a quelli previsti da una rivalutazione “tagliata”. Per approfondire le cifre potete cliccare qui e consultare il nostro articolo di approfondimento.

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