Pensioni, taglio della rivalutazione per permettere l’introduzione a quota 103. Penalizzati, ancora una volta, i redditi elevati.
La rivalutazione delle pensioni potrebbe essere molto diversa da come l’avevamo annunciata. Il governo Meloni, infatti, sta cercando un modo per finanziare la nuova quota 103, misura che consentirà il pensionamento anticipato all’età di 62 anni e a fronte di 41 anni di contributi.
Ma non sarà una misura indolore: come spiegato da Giorgetti, ministro all’Economia, le voci di spesa diverse dal caro bollette, al quale verrà riservato il maggior numero di risorse in Legge di bilancio, devono trovare finanziamento all’interno degli stessi capitoli. Ciò significa che per quota 103 bisognerà trovare le risorse tra le pensioni, ragion per cui il governo potrebbe mettere mano alla rivalutazione delle pensioni già annunciata per il 2023.
Come già fatto in passato, a farne le spese potrebbero essere i redditi più elevati: tra le soluzioni che ha in mente il governo per finanziare quota 103, infatti, c’è il taglio della rivalutazione delle pensioni sopra una certa soglia, passando da una percentuale del 75% a una meno conveniente del 50%.
Rivalutazione delle pensioni annunciata per il 2023
A inizio 2023 ci sarà un aumento delle pensioni grazie alla rivalutazione degli assegni, meccanismo che tenendo conto del tasso d’inflazione registrato negli ultimi 12 mesi ne incrementa l’importo così da far fronte a un’eventuale perdita del potere d’acquisto.
Per il 2023 è stato registrato un tasso senza precedenti, pari al +7,3%. Tuttavia, la rivalutazione piena è prevista solamente per le pensioni sotto un certo importo, pari a 4 volte il trattamento minimo. Ciò significa che a godere della rivalutazione piena saranno solamente gli assegni fino a 2.100 euro, o poco più, mentre sopra questa soglia scatterà una rivalutazione solamente parziale. Del 90% entro le 5 volte il trattamento minimo, ossia 2.600 euro circa, del 75% sopra questa soglia.
E non è tutto, perché dalle suddette percentuali bisognerà sottrarre la rivalutazione già applicata nel 2022, per effetto dell’anticipazione finanziata con il Decreto aiuti bis. Un 2%, applicato su tutte le pensioni d’importo inferiore a 2.692 euro lordi.
Come può cambiare la rivalutazione attesa nel 2023
Se pensate che i suddetti criteri siano penalizzanti per coloro che hanno una pensione elevata, siate pronti a ricredervi: come fatto in passato, infatti, il governo Meloni sembra essere intenzionato a rendere le regole di rivalutazione ancora più restrittive per coloro che hanno una pensione più elevata.
In passato per risparmiare risorse sulla rivalutazione delle pensioni, così da poterle utilizzare per altre misure, è stato persino deciso di bloccarla sopra un certo importo (tre volte il trattamento minimo Inps), salvo poi fare un passo indietro dopo che la Corte Costituzionale ha bocciato un tale provvedimento.
Anche per quota 100 si è intervenuto sulla rivalutazione, introducendo un sistema che, manco a dirlo, penalizzava maggiormente chi aveva una pensione elevata.
Insomma, un sistema già testato che quindi potrebbe essere ripetuto nel 2023, specialmente alla luce dell’alta percentuale di rivalutazione che nel complesso richiederà un esborso per lo Stato di circa 4 miliardi di euro.
Nel dettaglio, almeno stando alle indiscrezioni della vigilia, potrebbe esserci un taglio dal 75% al 50% per la rivalutazione oltre le cinque volte il trattamento minimo.
Ciò significa che sopra i 2.600 euro non ci sarebbe una rivalutazione del 5,475%, in quanto scenderebbe al 3,65%.
In che modo i pensionati verrebbero penalizzati? Pensiamo a chi prende una pensione di 5.000 euro. Con le percentuali di rivalutazione solite questo godrebbe, al netto del 2% di rivalutazione già applicato a inizio ottobre, di un aumento di 265,62 euro. Nel caso in cui si passasse da una rivalutazione al 50% sopra le 5 volte il trattamento minimo, l’incremento sarebbe di circa 223 euro al mese, con una penalizzazione quindi di 42 euro.
Ancora peggio andrebbe se si dovesse decidere di ritornare al precedente meccanismo di rivalutazione già utilizzato per permettere l’introduzione di quota 100.
Un sistema a 6 fasce, dove la rivalutazione al 100% era sempre e solo per la parte di pensione entro le quattro volte il trattamento minimo. Sopra le cinque volte, invece, si scende già al 77%, mentre tra le cinque e le sei volte sarebbe del 52%.
Fra le sei e le otto volte, invece, la rivalutazione sarebbe al 47%, per poi scendere al 45% tra le otto e le nove volte il trattamento minimo. Infine, la rivalutazione sarebbe persino al 40% del tasso per le pensioni d’importo complessivo superiore a nove volte il trattamento minimo.
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