Pensioni, boom di novità: ecco la riforma che vuole il governo

Simone Micocci

21 Giugno 2023 - 11:34

Pensioni, nuovo incontro programmato con i sindacati: la prossima settimana si discute della riforma che verrà.

Pensioni, boom di novità: ecco la riforma che vuole il governo

Finalmente sta per riprendere il confronto tra sindacati e governo in merito alla riforma delle pensioni: lunedì 26 giugno, infatti, è fissato un incontro presso il ministero del Lavoro in cui si discuterà degli anticipi pensionistici, ma non solo.

Dopo oltre quattro mesi dall’ultimo confronto, e soprattutto dopo attente valutazioni da parte del governo in merito a come dovrà essere la riforma, è quindi arrivato il momento di presentare alle parti sociali la propria proposta.

Le novità sul tavolo sono diverse: nonostante l’ordine del giorno del confronto sia sul tema degli anticipi, infatti, il dibattito dovrebbe toccare anche altri temi, specialmente per quanto riguarda la prossime misure in materia di pensione di garanzia così da tutelare coloro che rientrano esclusivamente nel regime contributivo. D’altronde, obiettivo più volte dichiarato da Giorgia Meloni è evitare che tra qualche anno possa “scoppiare una bomba sociale” e per farlo bisognerà fare in modo di aumentare le pensioni future assicurando a ciascun lavoratore una rendita sufficiente su cui contare.

A tal proposito, vediamo come sarà la riforma che vuole il governo Meloni e sulla quale già dalla prossima settimana verrà avviato il confronto con i sindacati.

Riforma delle pensioni a tappe

Come più volte abbiamo spiegato, il governo non dispone di sufficienti risorse per attuare una riforma delle pensioni capace di stravolgere, già nel 2024, l’attuale sistema.

Per questo motivo l’Esecutivo conta di raggiungere gli obiettivi prefissati - dal superamento della Fornero all’aumento delle pensioni minime a 1.000 euro, fino alla pensione di garanzia per i giovani - entro la fine della legislatura, procedendo per step.

Di conseguenza, è impossibile pensare a Quota 41 per tutti già nel 2024, in quanto difficilmente ci saranno le risorse per una misura strutturale che consenta a ogni lavoratore di andare in pensione con soli 41 anni di contributi (mentre oggi ne sono richiesti 42 anni e 10 mesi, uno in meno per le donne) e indipendentemente dall’età anagrafica.

Più probabile, almeno per il prossimo anno, una conferma di Quota 103, consentendo sì il pensionamento con 41 anni di contributi ma solo a coloro che hanno compiuto almeno i 62 anni di età.

Quali anticipi?

Come detto sopra, nell’incontro del 26 giugno si discuterà perlopiù sulle soluzioni per anticipare l’accesso alla pensione. Da parte del governo dovrebbe esserci quindi la conferma del fatto che in legge di Bilancio 2024 non ci saranno le risorse per Quota 41 per tutti, confermando così il prolungamento di Quota 103.

D’altronde per il prossimo anno il governo dovrà già fare i conti con l’innalzamento della spesa per le pensioni: a causa dell’inflazione - che nel Def è stata stimata al 5,4% - ci sarà infatti una nuova rivalutazione degli assegni che comporterà dei maggiori costi per lo Stato.

Nella condizione attuale, quindi, ragionare sul superamento della legge Fornero non è possibile, al massimo ci si potrà concentrare sulle opzioni di anticipo già esistenti, confermando - e ampliandone la platea dei beneficiari - l’Ape sociale (in scadenza nel 2023) e ragionando sul ritorno al passato per Opzione donna.

Il piano giovani

Ma nella riforma delle pensioni del governo Meloni ci sarà anche un piano giovani: una serie di misure che andranno a tutelare coloro che rientrando esclusivamente nel regime contributivo - e avendo carriere discontinue - rischiano di avere una pensione d’importo molto basso (senza contare che si rischia di smettere di lavorare in età molto avanzata).

Tra le misure pensate dal governo, secondo le indiscrezioni svelate dal Sole 24 Ore, ci sarebbero:

  • introduzione di nuove forme di contribuzione figurativa, legate ad esempio al percorso di studi;
  • agevolare ulteriormente il riscatto della laurea;
  • incentivare il ricambio generazionale nelle aziende, puntando sugli “scivoli” che favoriscono l’uscita di lavoratori anziani da sostituire - dopo un periodo di affiancamento - con l’assunzione di giovani;
  • puntare maggiormente sulla previdenza integrativa così da rilanciare i fondi pensione (ad esempio innalzando il limite attuale di deducibilità).

Ed è proprio per quest’ultimo punto che il governo starebbe valutando la possibilità di una sorta di “silenzio e assenso” per la destinazione del Tfr. Laddove da parte del lavoratore non dovesse esserci indicazione sulla destinazione del trattamento di fine rapporto, infatti, questo potrebbe essere destinato direttamente al fondo di riferimento anziché essere lasciato in azienda.

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