Pensioni, la legge di Bilancio 2024 ne ritarda l’accesso: a rischio anche la pensione anticipata.
Andare in pensione nel 2024 potrebbe essere più complicato rispetto al 2023: utilizziamo il condizionale perché il testo della legge di Bilancio non è stato ancora pubblicato (anzi sembra che i tecnici siano ancora al lavoro per ritoccarlo), tuttavia per quello che ci dicono le ultime indiscrezioni dovrebbe essere proprio che sia così.
E pensare che fino a qualche mese fa si promettevano “barricate in caso di ritorno alla legge Fornero”, mentre oggi non solo non è stato fatto nulla per rendere l’accesso alla pensione più flessibile ma c’è persino il rischio che il collocamento in quiescenza debba essere ritardato di qualche mese o anno.
D’altronde, il governo conta di recuperare 2,7 miliardi di euro dalla spesa pensionistica e non tutti dal nuovo taglio alla rivalutazione che dovrebbe essere maggiormente penalizzante per gli assegni d’importo superiore a 5 volte il trattamento minimo.
A tal proposito, c’è un’indiscrezione che se confermata potrebbe rappresentare un duro colpo per chi ha in programma di andare in pensione nel 2024, in quanto potrebbe esserci un rinvio di qualche mese rispetto alla data inizialmente preventivata.
Pensione anticipata in ritardo nel 2024
La legge Fornero ha previsto che per l’accesso alla pensione anticipata bisogna aver maturato - indipendentemente dall’età - almeno 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne.
Dal raggiungimento di questo requisito alla decorrenza della pensione, però, devono trascorrere altri 3 mesi della cosiddetta “finestra mobile”. Quindi, chi ne matura i requisiti a gennaio 2024 riceverà il primo assegno ad aprile 2024.
Ebbene, secondo indiscrezioni sembra che sia allo studio la possibilità di rivedere il meccanismo della finestra mobile per la sola pensione anticipata (compresa l’opzione riservata ai precoci), portandola da 3 a 6 mesi. Di fatto, anche se il diritto alla pensione si acquisisce regolarmente, l’assegno arriverebbe con ulteriori 3 mesi di ritardo.
Il futuro pensionato avrebbe comunque la possibilità (e non l’obbligo) di continuare a lavorare nel periodo della finestra mobile, così da avere di cui vivere fino a quando non arriverà il primo assegno di pensione.
Come anticipato, ciò varrebbe anche per la pensione anticipata precoci, la cosiddetta Quota 41, alla quale oggi si accede con 41 anni di contributi a patto che almeno 12 mesi siano stati maturati prima del compimento dei 19 anni di età.
Più tardi anche Quota 103, Ape Sociale e Opzione Donna
Ma la riforma delle pensioni non dovrebbe fermarsi alla revisione della durata delle finestre mobili. Come confermato tra l’altro da fonti di governo, infatti, nella legge di Bilancio verranno resi più restrittivi i requisiti di accesso ad alcune forme di flessibilità, quali:
- Quota 103 diventa Quota 104, poiché saranno necessari 63 anni di età (e non più 62) e 41 anni di contributi per andare in pensione;
- Ape Sociale, 63 anni di età (come oggi) ma 36 anni di contributi per disoccupati, caregiver, invalidi (mentre oggi ne bastavano 30 anni), e gravosi;
- Opzione Donna, la misura viene cancellata e assorbita nell’Ape Sociale, con il requisito anagrafico che passa da 60 anni (ma con la possibilità di scendere fino a 58 anni) a 63 anni (resta invariato il requisito dei 35 anni di contributi);
Solo in questo caso si va in pensione in anticipo
La sola novità positiva tra quelle fino a oggi annunciate è la cancellazione del requisito economico della pensione di vecchiaia richiesto solamente a coloro che rientrano interamente nel regime contributivo (quindi chi ha un’anzianità contributiva successiva al 1° gennaio 1996).
Fino a oggi, infatti, questi possono smettere di lavorare solamente se hanno maturato un assegno pari o superiore a 1,5 volte l’assegno sociale: chi non riesce deve quindi rimandare l’accesso alla pensione, con il rischio di dover attendere fino ai 71 anni. Con la legge di Bilancio 2024 questo requisito viene cancellato, facilitando così l’accesso alla pensione ai cosiddetti contributivi puri.
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