Esiste in Italia un importo minimo di pensione? E un massimo? Facciamo chiarezza.
Chi sta per andare in pensione vuole sapere quanto prenderà di assegno. Un’informazione che dipende da molti fattori, in particolare dagli anni di lavoro (o meglio, di contributi) e dagli stipendi percepiti.
Oggi in Italia il calcolo della pensione dipende anche dal periodo in cui i contributi risultano versati: se prima del 31 dicembre 1995 si applica il sistema di calcolo retributivo (come pure se antecedenti al 31 dicembre 2011 per coloro che entro la fine del 1995 avevano già maturato 18 anni di contribuzione), mentre per i periodi successivi il contributivo.
Dall’applicazione di questo calcolo ne può risultare qualsiasi importo: non esiste, infatti, in Italia un importo minimo di pensione, come pure un massimo oltre cui non si può andare. Potrebbe esserci quindi una pensione di poche decine di euro al mese (difficile, ma può capitare specialmente a chi va in pensione con pochi anni di contributi), come pure una pensione d’oro da più di 10.000 euro al mese.
Tuttavia, ci sono delle considerazioni da fare tanto per l’importo minimo quanto per il massimo. Esistono, infatti, delle tutele per quei pensionati che hanno una pensione molto bassa, tali da permettere loro di raggiungere almeno una certa soglia considerata, appunto, “minima”. Viceversa, ci sono delle limitazioni per chi invece prende importi molto elevati, come ad esempio la stretta alla rivalutazione.
Inoltre, anche se oggi in Italia non esiste generalmente un importo massimo della pensione, alcune misure di flessibilità fissano comunque un limite oltre cui l’assegno non può andare. Andare prima in pensione, quindi, comporta il doversi “accontentare” di un assegno parziale, con la parte residua che verrà riconosciuta solo una volta maturato il requisito per l’accesso alla pensione di vecchiaia.
Alla luce di queste considerazioni, ecco un approfondimento su importo minimo e massimo della pensione in Italia, con tutte le regole che hanno incidenza sull’importo dell’assegno.
Importo minimo della pensione
Come anticipato, oggi in Italia non esiste un importo minimo di pensione. Ciò significa che laddove dall’applicazione delle regole di calcolo retributivo e contributivo dovesse risultare un importo molto basso, sarà questo a essere pagato all’interessato.
Attenzione però, perché in caso di importo molto basso entrano comunque in gioco delle tutele che possono incrementare l’assegno. Nel dettaglio, attualmente nel 2024 intervengono ad aumentare l’importo della pensione basso:
- rivalutazione straordinaria dell’assegno quando l’importo è inferiore al trattamento minimo di pensione, quest’anno pari a 598,61 euro. La legge di Bilancio ha infatti stabilito che quando l’assegno è al di sotto di questo importo si applica una maggiorazione del 2,7%. Ad esempio, su un assegno di 300 euro si aggiungono circa 8 euro in più al mese;
- integrazione al trattamento minimo, riservata però a coloro che hanno almeno un contributo settimanale versato entro il 31 dicembre 1995. In tal caso, a chi prende una pensione al di sotto dei 598,61 euro e soddisfa determinati requisiti reddituali, spetta un’integrazione tale da far raggiungere il suddetto importo. Ad esempio, chi prende 300 euro e ne soddisfa i requisiti, ha diritto a un’integrazione di 298,61 euro al mese. Se consideriamo anche la rivalutazione straordinaria, quindi, l’importo può toccare la soglia di 614,77 euro;
- cumulabilità con l’Assegno sociale, misura che nel 2024 ha un importo pari a 534,41 euro e spetta al compimento dei 67 anni a coloro che si trovano in una situazione economica di bisogno. L’Assegno sociale è compatibile con la pensione, ma solo se quest’ultima ha un importo più basso della prestazione stessa. Chi prende ad esempio 300 euro di pensione e rientra interamente nel contributivo (non potendo così beneficiare dell’integrazione al trattamento minimo), avrà diritto a 234,41 euro al mese di Assegno sociale;
- incremento al milione. Tanto per chi gode dell’integrazione al trattamento minimo quanto per coloro che prendono anche l’Assegno sociale, spetta al compimento dei 70 anni un ulteriore maggiorazione, conosciuta come incremento al milione, che aumenta l’assegno fino a raggiungere l’importo - aggiornato nel 2024 - di 735,05 euro. Nel solo caso dell’incremento al milione riconosciuto sulla pensione, se ne può beneficiare anche prima dei 70 anni. Questo requisito, infatti, si riduce di 1 anno ogni 5 di contributi, fino a un massimo di 5 anni (potendone godere così già all’età di 65 anni).
Prima di concludere, ricordiamo poi che è richiesto un importo minimo di pensione per poterci andare a 64 anni di età e 20 anni di contributi, opzione riservata ai contributivi puri. Il diritto a questa misura, infatti, si raggiunge a patto di aver maturato un assegno almeno pari a 3 volte il valore dell’Assegno sociale, oppure 2,8 volte nel caso delle donne con un figlio o 2,6 volte per le donne con almeno 2 figli. Stando ai valori nel 2024, quindi, per il diritto alla pensione anticipata contributiva bisogna avere un assegno almeno pari a:
- 1.603,23 euro per la generalità dei lavoratori;
- 1.496,34 euro per le lavoratrici con 1 figlio;
- 1.389,46 euro per le lavoratrici con almeno 2 figli.
Importo massimo della pensione in Italia
Allo stesso modo, non esiste in Italia un importo massimo della pensione, eccetto per coloro che accedono a:
- l’Ape Sociale, alla quale si può accedere già a 63 anni e 5 mesi di età. In questo caso l’indennità percepita nel periodo che separa il lavoratore dal compimento dei 67 anni della pensione di vecchiaia non può comunque superare i 1.500 euro al mese;
- Quota 103, accessibile a 62 anni di età e 41 anni di contributi. Chi va in pensione con questa misura non avrà comunque diritto a un assegno superiore a 5 volte il trattamento minimo, quindi 2.993,05 euro al mese secondo i valori attuali. L’eventuale parte residua verrà riconosciuta solamente al compimento dei 67 anni di età.
Come anticipato, poi, per chi ha un importo di pensione molto alto ci sono delle penalizzazioni. Ad esempio, specialmente in questi ultimi due anni è stato introdotto un meccanismo di rivalutazione che penalizza gli assegni il cui importo supera di 4 volte il valore del trattamento minimo dell’anno precedente. In caso di importo superiore a 2.271,76 euro, è stata effettuata una rivalutazione solamente parziale, che in particolare nel caso dei trattamenti che superano i 5.679,40 euro (10 volte) è stata di appena il 22% del tasso di inflazione accertato.
Attualmente non esistono altre penalizzazioni per chi prende un importo molto alto di pensione, per quanto negli anni scorsi non siano mancate occasioni in cui il legislatore ha di fatto preso dei soldi dalle tasche dei titolari di una pensione cosiddetta “d’oro”. L’ultima volta è stato con legge n. 145/2018, con la quale fino al 2021 è stato riconosciuto un contributo di solidarietà effettuando un taglio, di percentuale compresa tra il 15% e il 40%, per quelle pensioni il cui importo supera i 100.000 euro lordi l’anno.
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