Pensioni, ottime notizie se hai iniziato a lavorare da minorenne

Simone Micocci

16 Gennaio 2025 - 09:30

Hai iniziato a lavorare prima dei 18 anni? Per te ci sono diverse agevolazioni. A seconda dei casi puoi andare in pensione prima o maggiorare gli importi della pensione.

Pensioni, ottime notizie se hai iniziato a lavorare da minorenne

Se hai iniziato a lavorare da molto giovane, già prima del compimento dei 18 anni di età, per te ci sono ottime notizie: il nostro ordinamento, infatti, riconosce diverse agevolazioni per l’accesso o il calcolo della pensione a seconda di qual è il regime di riferimento.

Ricordiamo infatti che oggi il nostro sistema previdenziale si differenzia in due differenti regimi: da una parte il retributivo per quei periodi lavorati antecedenti al 31 dicembre 1995 (oppure al 31 dicembre 2011 per chi entro fine 1995 aveva già maturato 18 anni di contributi) e dall’altra il contributivo per i periodi successivi. A tal proposito, abbiamo persone che rientrano nel sistema misto, per una parte nel retributivo e per l’altra nel contributivo, e altri che invece fanno parte interamente del contributivo.

A seconda dei casi si applicano due diverse agevolazioni per i periodi lavorati prima del compimento dei 18 anni: nel caso di chi ha almeno un contributo settimanale versato nel contributivo, infatti, spetta un canale di accesso preferenziale alla pensione, la cosiddetta Quota 41. Discorso differente per chi invece rientra interamente nel contributivo, per i quali invece l’agevolazione comporta un incremento della pensione futura.

Scendiamo nel dettaglio quindi e vediamo come funzionano queste due misure che vanno a vantaggio di chi ha iniziato a lavorare nella minore età (ricordiamo che il nostro ordinamento consente di svolgere attività lavorativa non prima dei 15 ann).

Quota 41 per i lavoratori precoci

Chi ha iniziato a lavorare prima del compimento della maggiore età viene considerato un lavoratore precoce e come tale ha la possibilità di andare in pensione con poco meno di 2 anni di anticipo rispetto a quanto previsto dalla pensione anticipata, quella misura con cui si smette di lavorare indipendentemente dall’età anagrafica una volta raggiunta una contribuzione pari a 42 anni e 10 mesi, un anno in meno nel caso delle donne.

Nel solo caso di lavoratori che hanno maturato 12 mesi di contributi prima del compimento dei 19 anni età la contribuzione richiesta si riduce a 41 anni, configurandosi così l’accesso alla cosiddetta Quota 41. Ma non basta aver iniziato a lavorare da molto giovani per ricorrere a questa opzione dal momento che allo stesso tempo bisogna far parte di una di quelle categorie di persone che secondo la normativa beneficiano di una maggior tutela.

È il caso ad esempio di chi è disoccupato e da almeno 3 mesi ha cessato di beneficiare la Naspi (anche se di recente la Corte di Cassazione si è scagliata contro questo vincolo). Come pure degli invalidi - con riduzione della capacità lavorativa di almeno il 74% - oppure di chi, al momento della richiesta, assiste da almeno 6 mesi il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità. L’ultima circostanza che dà accesso a Quota 41 è quella del lavoratore che oltre a essere precoce ha svolto attività particolarmente faticose e pesanti ai sensi del decreto n. 67 del 21 aprile 2011.

Come anticipato è poi essenziale che almeno uno dei contributi settimanali versati risulti antecedente alla data di entrata in vigore del sistema contributivo, quindi all’1 gennaio 1996.

Più soldi per la pensione

Diversamente, i contributivi puri che hanno iniziato a lavorare prima dei 18 anni godono di un aumento della pensione attraverso una maggiore valorizzazione dei contributi versati durante la minore età.

È stata la riforma Dini, legge n. 335 del 1995, con la quale è stato introdotto il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo a riconoscere un vantaggio per coloro che hanno iniziato a lavorare da minorenni. Questi periodi godono infatti di un incremento del 50%.

L’ammontare dei contributi complessivamente versati per l’attività lavorativa svolta nel corso della minore età, viene quindi moltiplicato dell’1,5. Una maggiorazione che non vale ai fini della maturazione del diritto alla pensione - se quindi sono stati versati 12 mesi di contributi come tali vengono considerati - ma solo per il calcolo dell’assegno. Ad esempio, consideriamo una persona che ha versato 10.000 euro di contributi prima di raggiungere la maggiore età: ai fini della determinazione del montante contributivo su cui poi verrà calcolata la pensione, infatti, se ne conteranno 15.000 euro.

E ancora, pensiamo a un giovane di 16 anni che ha guadagnato 1.300 euro al mese (lordi) per due anni. Considerando una retribuzione annua di 16.900 euro e un’aliquota contributiva del 33%, ne risulta che ha versato 5.577 euro l’anno di contributi, 11.154 euro totali. Questi vanno però maggiorati del 50%: l’importo che verrà accreditato sul montante contributivo sarà pari a 16.731 euro.

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