Berlusconi vuole pensioni minime a 600 euro nel 2023: la legge di Bilancio rischia slittare a gennaio con l’esercizio provvisorio in agguato. Intanto Meloni incontra Calenda…
Silvio Berlusconi sulle pensioni non ci sta, con il leader di Forza Italia che viene descritto come pronto alle barricate fino al punto di mandare per le lunghe i tempi di approvazione della legge di Bilancio, con il concreto rischio di far scattare l’esercizio provvisorio se l’ok alla manovra non dovesse arrivare entro il 31 dicembre.
Nella legge di Bilancio 2023 il governo ha previsto un aumento delle pensioni minime da 524 a 571 euro; troppo poco per chi come Berlusconi in campagna elettorale ha promesso un assegno minimo da 1.000 euro.
Ecco allora quale sarebbe la proposta dell’ex presidente del Consiglio: nel 2023 subito pensioni minime a 600 euro, per arrivare poi a 1.000 entro il 2027, quando è prevista la fine della legislatura, con aumenti di 100 euro l’anno.
Aumentare fin da subito le pensioni minime a 600 euro però avrebbe dei costi aggiuntivi di quasi 800 milioni, soldi che al momento non sono nelle disponibilità del governo visto che a oggi non sono chiare le coperture anche per buona parte dei provvedimenti, eccezion fatta per quelli relativi alle bollette che saranno finanziati in deficit, che sono stati inseriti nella legge di Bilancio.
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Pensioni: Berlusconi fa slittare la legge di Bilancio?
Non è di certo un mistero che Silvio Berlusconi sia contrariato da come Giorgia Meloni si sia mossa da quando si sono chiuse le urne lo scorso 25 settembre; anche se ufficialmente il leader azzurro è silente, i suoi malumori vengono descritti come sempre più palesi.
Il giudizio complessivo sulla legge di Bilancio da parte di Berlusconi così non sarebbe entusiasmante, con Forza Italia che punta a inserire dei correttivi durante l’iter parlamentare della manovra.
In particolare sulle pensioni minime il numero uno azzurro sembrerebbe essere intenzionato ad andare fino in fondo: vuole un aumento per i 2 milioni di cittadini interessati fino a 600 euro già nel 2023, per arrivare poi a 1.000 entro la fine della legislatura come promesso.
Il rischio di un pantano, con annesso spettro di un esercizio provvisorio, per la legge elettorale 2023 sarebbe di conseguenza concreto, tanto che si sta tornando a parlare di un possibile “aiuto” al governo da parte del terzo polo, di certo la componente più aperta al dialogo tra le varie forze di opposizione.
Meloni incontra Calenda
“Questa finanziaria è pericolosa, non ha una visione. Ma la premier è nuova, pensiamo vada aiutata e non solo contestata. Chiediamo un incontro a Giorgia Meloni per rivedere i numeri”. Questo è stato il giudizio di Carlo Calenda alla legge di Bilancio, con la presidente del Consiglio che alla fine ha accettato il faccia a faccia con il leader di Azione.
Per molti analisti questo incontro potrebbe essere l’occasione per parlare non solo di pensioni, tasse e lavoro: se i rapporti tra Meloni e Berlusconi dovessero guastarsi definitivamente, ecco che Calenda e Renzi potrebbero dare una mano alla presidente del Consiglio.
“I numeri parlano chiaro, non ci possono sostituire” è stato a riguardo il commento sulle frequenze di Radio 24 da parte di Licia Ronzulli, capogruppo di Forza Italia al Senato e casus belli delle tensioni nel centrodestra quando è stata stilata la lista dei ministri.
Senza un accordo sulle pensioni Berlusconi però potrebbe andare allo scontro con Palazzo Chigi e, a quel punto, Forza Italia si potrebbe spaccare sulla legge di Bilancio con i falchi pronti a salire sull’Aventino e le colombe a migrare verso i lidi di Fratelli d’Italia, con il terzo polo che a quel punto potrebbe correre in soccorso numerico di Meloni.
Discorsi da fantapolitica ma, dopo quello a cui abbiamo assistito nella scorsa legislatura, nei Palazzi romani tutto può accadere.
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