Quota 41 non è per sempre. Esclusi tutti i nati dopo gli anni ’80, ecco per quale motivo.
Mentre il governo ragiona sulla possibilità di estendere a tutti la possibilità di andare in pensione con soli 41 anni di contributi (anziché 42 anni e 10 mesi, uno in meno per le donne, richiesti dalla pensione anticipata), la cosiddetta Quota 41 riservata ai precoci vede restringere sempre di più la platea dei beneficiari.
E di questo passo, senza un intervento da parte del governo che possa estendere il diritto a questa misura almeno ai contributivi puri, rischia di sparire nel giro di qualche anno.
La “colpa” è degli stringenti requisiti che oggi bisogna soddisfare per andare in pensione con Quota 41, opzione oggi riservata ai soli lavoratori precoci (ossia chi ha maturato 12 mesi di contribuzione entro il compimento dei 19 anni). Tra le varie condizioni, infatti, c’è anche quella per cui almeno un contributo settimanale deve essere versato entro il 31 dicembre 1995, requisito che di fatto esclude tutti coloro che rientrano interamente nel sistema contributivo della pensione.
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Quando sparirà Quota 41
Verosimilmente, gli ultimi a poter andare in pensione con Quota 41 saranno i nati negli anni ‘80. Dopodiché, considerando che l’età minima per lavorare deve essere di almeno 16 anni, è impossibile che si riesca a soddisfare il requisito per cui almeno un contributo settimanale deve essere versato entro il 31 dicembre 1995.
Facendo qualche rapido calcolo, già dopo il 2030 si restringe notevolmente la platea dei beneficiari di questa misura che, ricordiamo, richiede di soddisfare i seguenti requisiti:
- 41 anni di contributi, di cui almeno 12 mesi entro il compimento del 19° anno di età e almeno un contributo settimanale entro il 31 dicembre 1995;
- far parte di una delle categorie che necessitano di una maggior tutela, come ad esempio chi è disoccupato (e non prende la Naspi da almeno 3 mesi), gli invalidi (al 74%), i caregiver (da almeno 6 mesi) e lavoratori usuranti e gravosi.
Teoricamente l’ultimo anno in cui si registreranno accessi alla pensione con Quota 41 sarà il 2038, quando tra l’altro il requisito contributivo dovrebbe essere salito a 42 anni per effetto dell’adeguamento con le speranze di vita.
Quota 41, almeno una modifica è necessaria
Fa specie che in un dialogo che dovrebbe portare all’estensione di Quota 41 per tutti i lavoratori, con la Lega che spera di poter arrivare a un tale risultato già con la prossima legge di Bilancio (per quanto non sia affatto semplice), il governo non abbia pensato a un modo per rendere perlomeno più accessibile Quota 41 per i precoci.
A iniziare dal cancellare la condizione per cui solamente chi ha la pensione calcolata con il sistema misto può accedere alla misura, escludendo - così come tra l’altro avviene per altre agevolazioni, come nel caso dell’integrazione al trattamento minimo - chi invece ha iniziato a lavorare dal 1996.
In questo modo verrebbero tutelati quei lavoratori che saranno maggiormente colpiti dal cambio di regole effettuato dalla legge Fornero, in particolare per quanto riguarda l’accesso alla pensione che con il passare degli anni rischia di avvenire sempre più tardi per effetto dell’adeguamento con le aspettative di vita.
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D’altronde, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni fin dal discorso di insediamento alle Camere aveva promesso interventi in favore dei cosiddetti contributivi puri, che tuttavia a oggi non ci sono stati se non per quanto riguarda la riduzione del requisito economico richiesto per l’accesso alla pensione di vecchiaia. Non più 1,5 volte l’Assegno sociale, ma il valore stesso della prestazione.
Per il resto nulla di fatto, con questi che continuano a essere esclusi dalla possibilità di godere dell’integrazione prevista per gli assegni inferiori alla pensione minima (oggi pari a 598,61 euro mensili, 7.781,93 euro l’anno).
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