Pensioni, senza Giorgetti al Mef ci sarà una nuova riforma?

Simone Micocci

3 Giugno 2024 - 11:26

Addio Giorgetti al Mef, cosa cambia per le pensioni? L’attuale ministro dell’Economia e delle Finanze dichiarò che “non esistono riforme sostenibili per l’Italia”. E aveva ragione.

Pensioni, senza Giorgetti al Mef ci sarà una nuova riforma?

Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia e delle Finanze, potrebbe presto lasciare il proprio incarico in favore della Commissione Europea. Un avvicendamento che potrebbe avere ripercussioni anche sulla riforma delle pensioni.

D’altronde è dal Tesoro che viene dettata la linea riguardo alle risorse a disposizione per le singole misure e Giorgetti in passato si è sempre dimostrato contrario, o perlomeno prudente, a investimenti sul fronte pensioni.

Con Giorgetti al Mef, quindi, è difficile credere che possa esserci una riforma delle pensioni capace di stravolgere le attuali regole. A tal proposito è lecito chiedersi: la situazione potrebbe cambiare con un nuovo ministro? Ovviamente molto dipende dal nome che verrà scelto, ma non solo: stando alla situazione attuale del Paese, infatti, difficilmente con un cambio al Mef il piano pensioni verrebbe stravolto.

Quando Giorgetti diceva: “Non esistono riforme delle pensioni sostenibili per l’Italia

A oggi sul fronte pensioni il governo Meloni ha fatto meno di quanto potevano sperare quegli elettori che in campagna elettorale erano stati attratti dalla promessa di superamento della legge Fornero fatta in particolare dalla Lega.

Con i (pochi) soldi a disposizione il governo ha preferito concentrarsi su altre misure: una su tutte lo sgravio contributivo in busta paga che dovrebbe essere confermato anche nel 2025 (ma a patto di trovare almeno 10 miliardi di euro).

Sulle pensioni l’unica novità di rilievo è stata Quota 103, che tra l’altro nell’ultimo anno è stata persino peggiorata attraverso l’introduzione del ricalcolo interamente contributivo per chi vi accede.

A chiarire le ragioni di una riforma delle pensioni contenuta è stato proprio il ministro dell’Economia Giorgetti, il quale ha dichiarato:

“Alle condizioni attuali non esistono riforme delle pensioni sostenibili per l’Italia”.

La motivazioni di tali dichiarazioni poggiano sul fatto che in Italia, così come nel resto del mondo con alcune eccezioni nei Paesi del sub sahara, si fanno sempre meno figli. Ciò comporterà in futuro un assottigliamento del rapporto tra lavoratori e pensionati dal quale dipende la sostenibilità dell’intero sistema.

D’altronde, se diminuiscono le entrate contributive e nel frattempo aumenta la spesa contributiva è chiaro che c’è un problema.

Riformare le pensioni a tal punto da permettere a più persone di andare in pensione rischia di accelerare questo processo, per questo motivo, nonostante le promesse elettorali, è impensabile un ritorno al periodo pre Fornero.

Senza Giorgetti cambierà qualcosa?

È appurato quindi che Giorgetti non ha mai visto di buon grado interventi sulle pensioni, preferendo utilizzare le risorse a disposizione per misure che invece favoriscono la crescita del Paese, come appunto il sostegno al potere d’acquisto delle famiglie.

Ma senza di lui cambierà qualcosa? Come visto sopra il problema è strutturale e soprattutto non riguarda solo noi: anche altri Paesi d’Europa, e non solo, stanno andando in direzione di un incremento dell’età pensionabile.

Per questo motivo è difficile pensare che basterà un cambio al ministero dell’Economia e delle Finanze per un’inversione di tendenza, anche perché Giorgetti proviene proprio dal partito, la Lega, che più spinge in direzione di una riforma delle pensioni.

Come già abbiamo avuto modo di spiegare le risorse per la prossima legge di Bilancio sono limitate e un nuovo ministro dell’Economia non potrà fare di certo miracoli in tal senso. Ecco perché non riteniamo possano esserci conseguenze sulla riforma delle pensioni con un cambio al Mef: anche laddove il nuovo ministro dovesse avere un atteggiamento più permissivo non ci sono le risorse per poter pensare al superamento della legge Fornero già nel 2025.

Nel migliore degli scenari si arriverà a Quota 41 per tutti ma con ricalcolo contributivo per chi vi ricorre, con annessa penalizzazione. Nella peggiore delle situazioni, invece, ogni misura di flessibilità, da Quota 103 a Opzione Donna, potrebbe non essere confermata.

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