il settore bancario sembra più preoccupato di gestire il breve termine che di affrontare con trasparenza i problemi strutturali che ne minano la sostenibilità futura.
Quando si parla di guerra dei dazi, l’attenzione si concentra sulle industrie manifatturiere, sull’export e sulle dinamiche geopolitiche tra le grandi potenze economiche.
Si analizzano gli effetti sulle aziende italiane più esposte ai mercati internazionali, sugli agricoltori che rischiano di perdere accesso a sbocchi commerciali strategici e sulle ripercussioni sul PIL nazionale. Ma c’è un settore che, come sempre, osserva con apparente distacco e parla poco di queste dinamiche: quello bancario.
Eppure, le banche italiane non sono affatto immuni dagli effetti di una guerra commerciale su larga scala. Al contrario, il loro modello di business e la loro redditività potrebbero subire impatti significativi, anche se in maniera meno immediata rispetto alle aziende manifatturiere. Il problema è che questa esposizione viene raramente evidenziata dagli istituti di credito, che sembrano più interessati a difendere margini e dividendi piuttosto che a spiegare ai propri clienti e ai mercati come un simile scenario possa incidere sulla loro stabilità finanziaria. [...]
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