La Bce può ancora aumentare i tassi e l’inflazione crescere per almeno 3 motivi. Perché la stretta sul costo del denaro potrebbe essere tutt’altro che finita in Eurozona.
La fine dei rialzi dei tassi Bce è ancora un’illusione e a confermarlo sono arrivate le parole falco di Isabel Schnabel.
Se è vero che i mercati stanno ritrovando fiducia nelle previsioni che ormai il picco degli aumenti record del costo del denaro è stato raggiunto, le brutte sorprese sono dietro l’angolo. L’inflazione in Eurozona è ancora ben oltre il target del 2% e a Francoforte sanno bene che una politica monetaria troppo accomodante ora può vanificare gli sforzi e i risultati raggiunti.
In uno scenario molto incerto sul lato dei prezzi energetici, inoltre, l’inflazione può ancora crescere. L’ultimo miglio prima di centrare l’obiettivo è il più difficile secondo Schnabel. Il suo tono è apparso da falco, mentre l’Eurozona vacilla tra la contrazione e scenari da stagflazione.
Tassi Bce: la stretta non è finita, parola di Schnabel
La Bce è sulla buona strada per riportare l’inflazione al 2% entro il 2025, ma l’ultimo miglio della disinflazione potrebbe essere il più difficile, quindi la banca non può ancora chiudere la porta a ulteriori rialzi dei tassi, ha spiegato Isabel Schnabel.
All’inflazione è bastato solo un anno per scendere dal 10,6% al 2,9%, ma per diminuire al 2% ci vorrà circa il doppio del tempo e diversi fattori potrebbero bloccare o addirittura invertire il processo, ha avvertito il membro del baord.
L’energia è uno dei rischi principali. Ora la voce energetica sta facendo scendere i prezzi, poiché i dati elevati dell’anno precedente sono sostituiti da valori bassi. Tuttavia, tutto può mutare.
“Se i prezzi dell’energia nei prossimi mesi dovessero aumentare in linea con la loro media storica, si stima che l’energia aggiungerà quasi 1,9 punti percentuali all’inflazione complessiva dell’area euro entro luglio 2024”, ha aggiunto Schnabel.
Il conflitto in Medio Oriente o eventi come la recente perdita del gasdotto nel Mar Baltico potrebbero innescare quel tipo di shock che fa impennare l’inflazione.
Un altro problema è che la politica monetaria potrebbe essere meno efficace rispetto al passato. La quota dei servizi nella produzione economica è aumentata nel tempo e i maggiori costi di finanziamento hanno un impatto minore sull’attività in questo settore.
La trasmissione della politica monetaria potrebbe quindi essere più debole, o meno diretta, rispetto al passato, il che potrebbe allungare il processo di disinflazione secondo Schnabel.
La persistente carenza di manodopera è la terza questione che metterà alla prova la Bce. Il continuo calo dell’inflazione si tradurrà in una moderazione nella crescita dei salari, ma il basso tasso di disoccupazione aumenterà il potere contrattuale dei lavoratori, ha aggiunto Schnabel, specificando:
“I nostri indicatori, in particolare quelli che monitorano gli accordi salariali firmati di recente, indicano una continua forte crescita dei salari in un momento in cui l’inflazione è già in calo”
Affinché la disinflazione possa procedere, la crescita dei salari deve rallentare e i margini aziendali devono assorbire parte dell’aumento del costo del lavoro.
Troppe incognite ancora all’orizzonte per l’Europa. I tassi Bce, in questo scenario complesso e poco chiaro, potrebbero dover aumentare.
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