Il senatore della Lega, Francesco Urraro, spiega in un’intervista a Money.it le ragioni per cui votare Sì ai cinque quesiti del referendum sulla giustizia.
La Lega è tra i promotori del referendum sulla giustizia che si terrà il 12 giugno. Gli elettori italiani saranno chiamati a esprimersi sui cinque quesiti su cui le posizioni dei partiti non sempre sono state chiare e univoche. Diverso il discorso per il Carroccio che ha proposto il voto referendario e che si dice convintamente a favore dei cinque Sì.
A spiegare le motivazioni per cui votare Sì a Money.it è il senatore della Lega in commissione Giustizia, Francesco Urraro, che esamina tutti i quesiti e invita gli elettori ad andare a votare. Urraro, inoltre, sottolinea come su questo referendum ci sia un “silenzio assordante” e chiede un maggior impegno da parte di tutti per permettere agli elettori di formarsi un’opinione su questi temi.
Dei referendum sulla giustizia si parla poco. La Lega li ha proposti ed è favorevole, ma nessuno si schiera apertamente più di tanto...
Siamo di fronte a un silenzio assordante, ancor più aggravato dal patrimonio di valori sottesi da ogni quesito, al di là del tecnicismo. In gioco ci sono temi decisivi. I proponenti sono stati spinti a prendere questa iniziativa extra-parlamentare perché mancavano dei tasselli. Partiamo da alcuni dati che hanno imposto l’obbligo d’intervento: mille innocenti che finiscono in carcere ogni anno, tre al giorno, con una somma che lo Stato spende in risarcimenti pari a 81mila al giorno. A ogni quesito c’è un sotteso valore e principio costituzionale, al di là della tecnica.
Primo quesito: perché ritenete giusto abrogare la legge Severino invece di modificarne solo una parte?
Le ragioni dell’intervento, ma anche le finalità del quesito, sono espressamente abrogative, si chiede di abrogare una pena accessoria su decadibilità e incandidabilità. Perché la richiesta di abrogazione? Intanto si valorizzata la posizione del giudice che potrà esercitare la sua funzione e valutare l’applicazione della pena accessoria. Poi si eliminerebbe l’automatismo rispetto alla presunzione di non colpevolezza e i dati sui ribaltamenti in secondo grado ci confermano il problema: spesso gli amministratori vengono assolti successivamente.
Secondo quesito: non temete che eliminare le misure cautelari in alcuni casi possa essere rischioso?
Anche in questo caso vi è una ratio nell’intervento: l’intenzione del quesito è evitare la custodia cautelare in carcere o l’arresto domiciliare solo per la reiterazione dei reati. Il quesito prende spunto da un numero importante di innocenti, dai numeri dei risarcimenti. Potrebbe rappresentare un pericolo per alcuni reati, si dice: però i reati gravi e quelli con violenza sono esclusi. La norma non mira a salvaguardare nessuna tipologia di reato, ma solo a dare garanzie per reati non socialmente allarmanti, limitando l’abuso di un istituto per alcuni reati.
Terzo quesito: perché ritenete che sia importante la separazione delle carriere?
Il problema del sistema attuale è che il giudice anziché essere terzo potrebbe indossare la maglia di una delle due squadre in campo. Questa organizzazione del processo penale è un’anomalia che ci distingue da altri Paesi europei, in cui le carriere di chi accusa e giudica sono nettamente separate. La contiguità tra giudici e pubblici ministeri potrebbe condizionare i primi verso un appiattimento sulle tesi dei pm, inoltre si introdurrebbe una maggiore parità tra due soggetti individuati sotto il profilo processuale, ma anche una maggiore capacità di specializzazione. Non si tratta di un mero adeguamento e di un avvicinamento verso un sistema accusatorio, ma di definire più precisamente due configurazioni istituzionali ben distinte.
Quarto quesito: è corretto che siano i membri laici a valutare i magistrati?
Questa è una vecchia battaglia dell’avvocatura. Io sono stato presidente dell’ordine degli avvocati del mio territorio, chi meglio di un avvocato può fare una valutazione? Il quesito ha ragioni chiare: vuole concedere all’avvocatura e all’accademia il diritto anche di voto sui pareri sugli scatti di carriera dei magistrati per controbilanciare ipotetici rischi di una chiusura corporativa dell’ordine, rappresenta un segno anche di ausilio verso una maggiore efficienza del sistema giustizia. Avvocati e accademici hanno già diritto di tribuna, ma nel momento in cui devono votare sulle valutazioni di professionalità si devono allontanare e questo è distorsivo e ingiusto e potrebbe rappresentare anche una discrepanza illogica rispetto al sistema del Consiglio superiore: se lo possono fare lì perché non negli organi periferici del Consiglio superiore?
Quinto quesito: pensate sia sufficiente eliminare la raccolta firma per ridurre il peso delle correnti nella magistratura?
Apparentemente può sembrare un quesito residuale, perché prevede l’abrogazione della norma sui candidati che devono essere presentati da una lista di magistrati. Può apparire ininfluente perché si dice che è già previsto questo intervento dalla riforma Cartabia, che però oggi è in discussione al Senato ed è stata calendarizzata in Aula il 14 giugno, quindi il referendum ha un ruolo importante sul tema. Per candidarsi al Csm, in linea teorica, non ci sono delle liste, ma solo candidature di singoli, ma il sostegno delle correnti si rivela come irrinunciabile. È difficile per un magistrato senza corrente raccogliere un numero significativo di firme, così solo le correnti decidono chi debba essere candidato, magari con il rischio che sia sempre più il rappresentante di specifici elettori e non di tutti i magistrati. Permettere a qualsiasi magistrato di candidarsi rende la vita più difficile al sistema delle correnti.
In caso di fallimento del referendum, cosa succederebbe alla riforma Cartabia che contiene alcuni dei principi inseriti nei quesiti?
Per decidere di rivolgersi ai cittadini attraverso l’istituto referendario e per essere accolto e reso ammissibile significa che il ruolo del Parlamento non vi è stato a pieno, perché c’erano, pur in un impianto ampio, alcune lacune che hanno condotto a questa iniziativa. Mancando alla riforma Cartabia elementi essenziali, evidenziati nei quesiti, prenderemo spunto per il prosieguo della discussione dal 14 giugno. Anche ai fini migliorativi di una riforma che oggi, nonostante una maggioranza così ampia, sta andando avanti con punti di vista diversi che non possono non tenere conto del passaggio referendario del 12 giugno e quindi l’invito è di andare a votare a prescindere dal Sì o dal No. Ci deve essere un faro nel silenzio che permetta almeno la formazione della coscienza degli elettori sul tema.
© RIPRODUZIONE RISERVATA