Il prezzo del petrolio sale ancora e si avvicina ai $120 al barile: la spinta viene dall’Ue, che dopo estenuanti trattative è giunta all’accordo per vietare l’import di greggio russo. I dettagli.
I prezzi del petrolio aumentano dopo che i leader dell’Ue hanno raggiunto un accordo per vietare il 90% del greggio russo entro la fine dell’anno.
L’intesa risolve una situazione di stallo, dopo che l’Ungheria ha inizialmente sospeso i colloqui. Il Paese dell’Est è uno dei principali utilizzatori di petrolio russo e il suo leader, Viktor Orban, è stato in rapporti amichevoli con Putin.
Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, ha affermato che la mossa appena concordata colpirà immediatamente il 75% delle importazioni di petrolio russe.
L’embargo - che non è totale, ma pone un distinguo tra petrolio via terra e via mare - fa parte del sesto pacchetto di sanzioni dell’Unione europea nei confronti della Russia.
Sulla scia di questa attesa novità sullo stop di petrolio russo in Europa, i future sul Brent scambiano a 119 dollari al barile, con un balzo dell’1,89% e i contratti WTI aumentano dell’1,72% a 119 dollari al barile, alle ore 8.12 circa.
Ue: stop al petrolio russo, ma con eccezioni. I dettagli
I leader dell’Unione europea hanno deciso di perseguire un divieto parziale del petrolio russo. Nello specifico, l’accordo prevede lo stop all’acquisto di petrolio greggio e prodotti petroliferi dalla Russia consegnati agli Stati membri via mare, ma includerebbero un’esenzione temporanea per il greggio degli oleodotti.
“Questo copre immediatamente più di 2/3 delle importazioni di petrolio dalla Russia, tagliando un’enorme fonte di finanziamento per la sua macchina da guerra”, ha sottolineato Michel in un tweet.
Occorre precisare che funzionari e diplomatici devono ancora concordare i dettagli tecnici e le sanzioni devono essere formalmente adottate da tutte le 27 nazioni.
Quello che emerge è che alla fine si è ceduto al compromesso. L’Ungheria, che continuerà a ricevere petrolio russo tramite oleodotto, aveva bloccato un embargo nell’ultimo mese per cercare garanzie che le sue forniture energetiche non sarebbero state interrotte.
Le spedizioni attraverso il gigantesco oleodotto Druzhba verso l’Europa centrale saranno quindi risparmiate fino a quando non verrà trovata una soluzione tecnica che soddisfi il fabbisogno energetico dell’Ungheria e di altre nazioni senza sbocco sul mare.
Anche Germania e Polonia usufruiscono di consegne dall’oleodotto, ma si sono già impegnate a rendersi indipendenti dall’energia russa.
Nel grafico sottostante, elaborato da Ispi, è chiaro come sia diversificato l’arrivo del petrolio russo in Europa:
Le forniture marittime rappresentano circa i due terzi delle importazioni di petrolio russe e, una volta in vigore, la misura costerebbe a Putin fino a 10 miliardi di dollari all’anno in mancati ricavi dalle esportazioni, secondo i calcoli di Bloomberg.
Questo perché il divieto costringerebbe la Russia a vendere il suo greggio scontato in Asia, dove sta già passando di mano a circa 34 dollari al barile in meno rispetto al prezzo dei future sul Brent.
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