Tra i fattori che stanno condizionando il trend dei contratti WTI e Brent anche i rumor sull’attacco atteso in Iran da Israele e il caso Iraq.
Prezzi del petrolio sotto pressione, dopo l’annuncio dell’OPEC, che ha rivisto al ribasso le stime sulla domanda mondiale di crude oil per la terza volta consecutiva.
Dopo aver chiuso in ribasso di oltre il 2%, i contratti WTI e Brent sul petrolio arretrano del 3% circa, scendendo rispettivamente a $71,60 al barile e a quota $75,13.
L’OPEC, organizzazione dei paesi esportatori di petrolio, ha annunciato nella giornata di ieri di prevedere ora, per il 2024, una domanda di crude oil in crescita di 1,9 milioni di barili al giorno, livello più basso rispetto al rialzo di 2 milioni di barili al giorno atteso in precedenza.
Tagliato anche l’outlook sulla domanda di petrolio relativa al 2025, prevista in crescita di 1,6 milioni di barili al giorno, rispetto all’aumento precedentemente stimato di 1,7 milioni di barili al giorno.
A pesare sul downgrade dell’outlook dell’OPEC per la domanda di petrolio, nello specifico per l’anno in corso, è stato il peggioramento delle stime per la domanda cinese, attesa per quest’anno non più in crescita di 650.000 barili al giorno, ma di 580.000 unità.
La Cina, va ricordato, è il Paese importatore di oil numero uno al mondo.
Sono arrivate inoltre, sempre ieri, cifre precise sulle importazioni cinesi di petrolio che, stando a quanto annunciato dalle autorità di Pechino, sono scese nei primi nove mesi dell’anno di quasi il 3% su base annua, a 10,99 milioni di barili al giorno.
Ed è stata ancora la Cina a confermarsi market mover ribassista del mercato, nel non riuscire a soddisfare la curiosità degli investitori sul piano di stimoli lanciato dal governo di Pechino per correre in soccorso dell’economia del Paese.
L’assenza di dettagli “sui tempi e sulle misure necessarie per far fronte a questioni di carattere strutturale, come la debolezza dei consumi e la dipendenza dagli investimenti in infrastrutture ha soltanto aumentato il senso di incertezza tra i partecipanti al mercato”, ha commentato Mukesh Sahdev, responsabile globale della divisione di mercati delle commodity-petrolio presso Rystad Energy, interpellato dalla Reuters.
Infine, i prezzi della commodity sono scesi anche a causa dello smorzarsi dei timori per una nuova escalation delle tensioni geopolitiche in Medio Oriente, dopo la diffusione di alcuni rumor, secondo i quali il premier israeliano Benjamin Netanyahu avrebbe riferito agli Stati Uniti che Israele punta ad attaccare in Iran obiettivi militari, non impianti nucleari o petroliferi.
Nel commentare il downgrade dell’OPEC, gli analisti di ANZ Research hanno citato anche il fattore Iraq.
“Questo è il terzo mese consecutivo in cui il cartello annuncia un downgrade, fattore che conferma che le stime elaborate in precedenza hanno ulteriore spazio per essere riviste al ribasso”.
Gli esperti hanno citato il caso dell’Iraq, “che non sta facendo alcun progresso nell’attuare quei tagli extra che aveva promesso di lanciare per compensare l’eccesso di produzione”.
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