I fringe benefit sono una forma di retribuzione che anziché essere riconosciuta in denaro si traduce in beni e servizi fruibili dal lavoratore. Attenzione però al corretto calcolo dei pignoramenti
Il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) approvato con Decreto del Presidente della Repubblica del 22 dicembre 1986, numero 917 dispone all’articolo 51, comma 1, che il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto.
L’articolo in questione sancisce il cosiddetto «principio di omnicomprensività» posto che risultano assoggettati all’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche (IRPEF) ed alle relative addizionali regionali e comunali tutte le somme e i valori, anche se riconosciuti da soggetti terzi rispetto al datore di lavoro, comunque riconducibili al rapporto di lavoro dipendente.
Se nel concetto di «somme» rientrano le erogazioni in denaro a titolo di paga base, superminimi, indennità, etc. nel macro-gruppo dei «valori» figurano i compensi in natura o fringe benefits. Con quest’ultimo termine si intendono i beni e servizi che il dipendente riceve nel periodo d’imposta in funzione del contratto di lavoro in essere. [...]
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