Il Fmi prevede per Mosca una crescita del 3,2% nel 2024, la più alta tra le principali economie: per Draghi invece le sanzioni avrebbero avuto un effetto dirompente sulla Russia.
Il Pil della Russia nel 2024 crescerà del 3,2%, un risultato superiore a quello delle principali economie occidentali nonostante le sanzioni che da due anni hanno colpito Mosca a seguito dell’invasione dell’Ucraina.
Il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) nelle scorse ore ha pubblicato gli aggiornamenti rivedendo in negativo la crescita dell’Italia - 0,7% al pari della Francia - e confermando l’ottimo stato di salute dell’economia russa che, stando alle previsioni dell’istituto, farà meglio quest’anno anche di quella americana (2,7%).
Una domanda di conseguenza sorge spontanea: perché la Russia è la primatista tra le principali economie internazionali in termini di Pil se le sanzioni decise dall’Occidente avrebbero dovuto invece affossarla?
Leggendo i dati del Fmi appare chiaro che le sanzioni abbiano messo in difficoltà l’Occidente e non la Russia, con Mosca che ha adottato un’economia di guerra continuando tranquillamente a commerciare gas e petrolio aggirando facilmente i divieti imposti da Europa e Stati Uniti.
In sostanza noi abbiamo la Germania in recessione, il Regno Unito in recessione tecnica e l’Italia che cresce meno del previsto al pari della Francia, Roma e Parigi dopo le elezioni europee riceveranno una letterina da Bruxelles recante la notizia dell’apertura di una procedura di infrazione per deficit eccessivo, mentre il Pil della Russia appare essere in piena forma.
Tornano così alla mente le parole di Mario Draghi che, quando era presidente del Consiglio, dopo lo scoppio della guerra appoggiando in pieno la strategia delle sanzioni, prevedeva un crollo per la Russia sia militare sia economico.
Le previsioni errate di Draghi sulla Russia
Mario Draghi è un po’ il personaggio del momento: dopo il discorso pronunciato a La Hulpe, considerato una sorta di suo programma per il futuro dell’Ue, l’ex premier viene considerato ora come il favorito per la presidenza della Commissione europea.
In Italia sono entusiasti Renzi e Calenda - anche Fratelli d’Italia ha espresso apprezzamenti -, mentre fuori dai confini nazionali anche Macron e perfino Orban hanno aperto a una possibile nomina di Draghi a Palazzo Berlaymont.
Leggendo le previsioni fatte dal Fondo Monetario internazionale in merito al 2024, appare evidente però che le previsioni fatte da Mario Draghi nel 2022 - quando era di stanza a Palazzo Chigi - sull’economia della Russia si sono rivelate totalmente sballate.
- “Le sanzioni che abbiamo imposto a Mosca hanno avuto un effetto dirompente sulla macchina bellica russa, sulla sua economia” (settembre 2022)
- “Il momento di massimo impatto di tutte le sanzioni fin qui approvate nei confronti della Russia sarà da questa estate in poi” (maggio 2022)
- “Un successo completo che non penalizza l’Italia, ora le sanzioni mordono forte l’economia russa” (maggio 2022)
- “L’Italia appoggia in pieno la linea dell’Ue sulle sanzioni alla Russia, incluse quelle nell’ambito Swift” (febbraio 2022)
- “Sanzioni funzionano, continuiamo a cercare pace” (giugno 2022)
Le sanzioni invece si sono rivelate un boomerang come certificato ora dal Fmi: a essere finita in ginocchio è stata l’economia europea e non quella russa che continua a crescere, l’Ucraina sta perdendo la guerra e l’Italia non ha difese missilistiche se il conflitto dovesse allargarsi anche alla Nato.
Di recente l’autorevole rivista americana Foreign Affairs ha confermato che pochi mesi dopo l’inizio della guerra l’Ucraina e la Russia a Istanbul avevano trovato un accordo per un sostanziale cessate il fuoco, ma poi Usa e Regno Unito hanno suggerito a Volodymyr Zelensky di andare avanti convinti che Kiev potesse vincere.
Una linea questa sposata in toto prima da Mario Draghi e poi da Giorgia Meloni, con l’ex numero uno della Bce ora acclamato come salvatore dell’Unione europea in virtù del declino di Ursula von der Leyen, altra leader che negli ultimi due anni mai ha osato esprimere quantomeno un dubbio sulle decisioni prese da Washington in merito a quel pantano della guerra in Ucraina.
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