Possiamo evitare che la casa di cura prenda i soldi dei genitori?

Ilena D’Errico

21 Febbraio 2025 - 21:49

Ecco cosa c’è da sapere sulla gestione economica quando i genitori vengono ricoverati presso una casa di cura.

Possiamo evitare che la casa di cura prenda i soldi dei genitori?

Il ricovero di un genitore all’interno di una casa di cura è un momento decisamente delicato, caratterizzato da numerose preoccupazioni e angosce. Insieme alle questioni di salute e benessere generale del paziente, ci sono diverse faccende pratiche di cui tenere conto, soprattutto dal punto di vista economico. Il pagamento della casa di cura e la gestione del patrimonio del genitore sono i temi principali su cui ci si concentra e richiedono prudenza e attenzione. Molto spesso i familiari, come anche gli stessi pazienti in procinto di ricoverarsi, hanno delle paure proprio in merito al denaro e al suo controllo. Davvero tantissimi figli cercano aiuto per evitare che la casa di cura prenda i soldi dei genitori, sobbarcati da svariati - ma profondi - timori. Possiamo dividere le preoccupazioni più diffuse in queste categorie:

  • i costi per la retta della casa di cura;
  • il patrimonio del genitore;
  • l’eredità.

Cerchiamo quindi di approfondire le regole e le soluzioni di caso in caso.

Casa di cura, di riposo, Rsa: chi paga e quanto

Casa di cura, casa di riposo e Rsa non sono dei sinonimi, ma si riferiscono a strutture molto differenti tra loro e destinate a esigenze diverse dei pazienti. La casa di cura propriamente detta ospita pazienti parzialmente autosufficienti, affetti da patologie per cui richiedono di assistenza medico-sanitaria costante e specializzata. La casa di riposo, invece, non prevede la presenza continua del personale medico ed è dedicata ai pazienti autosufficienti almeno parzialmente. La Residenza sanitaria assistenziale, invece, è dedicata ai pazienti non più autosufficienti e prevede assistenza continua e specializzata. Esistono inoltre i centri diurni, previsti per la socializzazione e le attività ricreative di anziani autosufficienti, in cui il supporto medico-sanitario è minimo, se previsto.

In ogni caso, queste strutture possono essere pubbliche, private o convenzionate. Per le strutture private l’intero costo della retta è a carico del paziente. Negli altri casi, la spesa è divisa tra il Servizio sanitario nazionale e il paziente, quest’ultimo eventualmente in concorso con il Comune. Il Ssn, in particolare, si occupa della quota sanitaria, ossia tutto ciò che concerne cure e trattamenti. Il paziente deve invece pagare la quota alberghiera (banalmente vitto, alloggio e quant’altro), eventualmente insieme o completamente sostituito dal Comune. Ciò è possibile quando il paziente non ha un reddito sufficiente ad adempiere, a seconda dell’Isee presentato con la domanda al servizio sociale di riferimento. È inoltre bene sapere che in alcune situazioni, come l’Alzheimer e le gravi disabilità, il Servizio sanitario nazionale copre una quota maggiore rispetto a quella sanitaria, riducendo l’onere del paziente e del Comune.

I familiari del paziente, tendenzialmente figli o nipoti, sono chiamati a garantire il pagamento contestualmente al ricovero, dovendo così subentrare in caso di impossibilità del soggetto obbligato. Ciò non è obbligatorio, tuttavia, quando il paziente ha più di 65 anni, non è autosufficiente e ha una grave disabilità: si considera soltanto l’Isee dell’anziano. Lo stesso vale per il paziente non autosufficiente invalido al 100%, con tanto di diritto al rimborso delle rette eventualmente già pagate.

Gestione del patrimonio e dell’eredità

Veniamo ora alla gestione del patrimonio del paziente, su cui vanno fatte delle precisazioni doverose. La casa di cura, come la casa di riposo o l’Rsa, non si appropria dei soldi dell’assistito né può disporne in sua vece. Il paziente autonomo e capace di intendere e di volere gestisce liberamente e personalmente le proprie finanze, eventualmente avvalendosi di tramiti opportunamente delegati per lo svolgimento di alcune operazioni. Quando ciò non è possibile, bisogna rivolgersi al giudice tutelare per l’amministrazione di sostegno, l’interdizione o l’inabilitazione, a seconda della capacità dell’interessato.

In seguito agli accertamenti, il giudice nomina quindi una figura - rispettivamente l’amministratore di sostegno, il tutore o il curatore - per assicurare la tutela del paziente e dei suoi interessi. Ciò vale anche e a maggior ragione quando l’anziano viene ricoverato presso un istituto, con l’obiettivo di una gestione proficua e rispettosa. Questo ruolo può essere affidato anche a un familiare o proprio al figlio del paziente anziano, a seconda delle circostanze e delle migliori opportunità. I parenti hanno in ogni caso la possibilità di agire legalmente se ritengono che il professionista non stia agendo nell’interesse del proprio familiare. Ad ogni modo, attraverso questi istituti è possibile controllare minuziosamente la gestione finanziaria e patrimoniale, tutelando il genitore anziano da interferenze di qualsiasi tipo.

Per quanto riguarda l’eredità, vale il testamento redatto prima della sentenza che determina l’incapacità (eventuale). In assenza di testamento o con un testamento non valido, la successione avviene secondo le disposizioni del Codice civile, che tutelano i figli con le quote di legittima.

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