Dopo quanto si perdono (e non hanno alcuna valenza sulla pensione futura) i contributi non versati? Qui una guida con tutte le informazioni sui termini di prescrizione.
Anche i contributi previdenziali non versati sono soggetti a prescrizione.
Ciò significa che decorso un certo termine l’Inps non può più richiedere i contributi non versati dal datore di lavoro o dal lavoro autonomo, né tantomeno ne può chiedere il riconoscimento il dipendente a cui riferiscono.
Conoscere i termini di prescrizione dei contributi, dunque, è molto importante per non rischiare di non poter raggiungere il requisito minimo per andare in pensione.
D’altronde, potrebbe accadere che consultando l’estratto conto contributivo vi rendiate conto che ci sono dei periodi lavorati ma scoperti da contribuzione, chiedendovi dunque cosa fare per risolvere. Potrebbe dipendere da un errore dell’Inps, oppure dal fatto che il datore di lavoro non ha adempiuto ai propri obblighi.
In entrambi i casi è importante provvedere prima che scattino i termini della prescrizione previsti per i contributi previdenziali; bisogna sottolineare però che anche nel caso in cui i contributi siano caduti in prescrizione è comunque possibile recuperarli e di seguito vi spiegheremo come.
Quando i contributi previdenziali cadono in prescrizione
Nel linguaggio giuridico con prescrizione si intende l’estinzione di un diritto qualora il titolare non lo eserciti per il termine determinato dalla legge. I termini della prescrizione sono variabili e nel caso specifico dei contributi previdenziali è di 5 anni.
I termini della prescrizione, in questo caso, si calcolano dal momento in cui sarebbe dovuto avvenire il versamento dei contributi. Scaduti 5 anni, senza che il titolare richieda i contributi non accreditati, questi saranno persi e non avranno più alcuna utilità in ambito previdenziale.
Tuttavia, laddove il mancato accredito dei contributi dipenda da un’inadempienza da parte del datore di lavoro e il dipendente nel frattempo abbia presentato una denuncia nei suoi confronti, il termine della prescrizione si allunga a 10 anni.
Sarà l’Inps, quindi, a dover procedere con il loro recupero prima che vadano persi per avvenuta prescrizione.
Cosa succede se i contributi cadono in prescrizione
Evitare la prescrizione dei contributi è molto importante. Infatti, una volta raggiunto il termine di prescrizione i contributi previdenziali non versati non possono essere richiesti dall’Inps, e neppure il debitore può versarli spontaneamente (non è infatti possibile rinunciare alla prescrizione).
Ciò significa che i periodi lavorati non saranno considerati ai fini della pensione, né per l’acquisizione del diritto né per il calcolo dell’importo.
Tuttavia, se i contributi previdenziali cadono in prescrizione, il dipendente ha diritto al risarcimento dei danni da parte del datore di lavoro che ha omesso di versarli.
Come si interrompe la prescrizione
Il termine di prescrizione può essere interrotto da eventi che, una volta verificatisi, fanno ripartire nuovamente da capo il conteggio dei termini.
Per interrompere la prescrizione dei contributi previdenziali da lavoro dipendente, gli atti notificati devono avere i seguenti requisiti:
- provenire esclusivamente dall’Inps, non avendo efficacia interruttiva gli atti provenienti dall’Ispettorato del lavoro, né le denunce del lavoratore;
- riportare i dati anagrafici del lavoratore che denuncia;
- riportare l’ammontare dei contributi non versati e il periodo al quale si riferisce il mancato versamento;
- riportare le sanzioni irrogabili per la violazione;
- riportare gli estremi della denuncia.
Prescrizione contributi previdenziali dei lavoratori autonomi
Per quanto concerne i contributi dovuti dagli artigiani, dai commercianti e dai lavoratori autonomi (iscritti alla gestione separata dell’Inps), la prescrizione è sempre di 5 anni.
A tal proposito, con le circolari n. 104/1996 e 69/2005, con riferimento alla categoria degli artigiani e dei commercianti, l’Inps ha ribadito il principio secondo cui per la contribuzione dovuta sulla quota di reddito eccedente il minimale imponibile, la prescrizione inizia a decorrere dalla data in cui l’Agenzia delle Entrate provvede a comunicare all’Istituto il reddito prodotto dal soggetto tenuto al pagamento della relativa contribuzione previdenziale.
Conseguentemente, il termine prescrizionale decorre dal giorno in cui i suddetti contributi dovevano essere corrisposti secondo la normativa vigente e, quindi, da quando doveva essere versato il saldo risultante dalla dichiarazione dei redditi dell’anno di riferimento.
Prescrizione cartella esattoriale per contributi non versati
Dopo la notifica dell’avviso di addebito da parte dell’Inps, per non incorrere nella prescrizione dei contributi previdenziali Inps, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione ha sempre 5 anni di tempo per notificare al debitore una cartella esattoriale con la richiesta di pagamento del contributo previdenziale non versato, comprese sanzioni e interessi.
Anche la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 23397 del 17 novembre 2016 ha precisato che la prescrizione di una cartella esattoriale contenente la richiesta di pagamento di contributi previdenziale si prescrive in 5 anni (e non in 10).
Infatti, la mancata impugnazione di un atto di riscossione non determina l’effetto di allungamento del termine di prescrizione da breve a ordinario; ciò vale quando si parla di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi a entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché crediti delle regioni, delle province, dei comuni e degli altri enti locali nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative.
Come recuperare i contributi non versati
Qualora il termine della prescrizione non sia ancora scaduto sarà possibile chiedere l’accredito dei contributi non presenti sul proprio estratto conto contributivo.
Ad esempio, se siete sicuri che si tratti di un errore commesso dall’INPS e che il vostro datore di lavoro vi abbia riconosciuto quanto dovuto, allora vi basterà segnalare la mancanza all’Inps e chiedere la regolarizzazione della vostra posizione.
In questo caso potete aprire una segnalazione contributiva tramite la modalità telematica disponibile nell’area “Ricorsi Online” (sezione “Servizi per il cittadino”) del sito INPS.
Naturalmente prima di fare la segnalazione dovete essere sicuri di avere tutti i documenti necessari a supporto della vostra tesi, così da dimostrare che l’errore contestato è stato effettivamente commesso.
Nel caso in cui i contributi non siano stati versati dal datore di lavoro stesso allora il dipendente potrà denunciarlo e citarlo in giudizio chiedendo la regolarizzazione e il risarcimento del danno. In questo caso i tempi per la prescrizione - come anticipato - si allungano a 10 anni.
Tuttavia scaduto questo termine il lavoratore perderà tutti i diritti sui contributi non versati dal datore di lavoro, anche nel caso in cui il Tribunale si esprima in suo favore. Quindi in caso di sentenza positiva il dipendente danneggiato avrà diritto al risarcimento ma non alla regolarizzazione della propria posizione contributiva.
Costituzione rendita vitalizia
Tuttavia c’è un modo per non perdere totalmente i contributi non versati e caduti in prescrizione: la costituzione della rendita vitalizia.
Con questo strumento al dipendente viene riconosciuta una rendita che ha la funzione di compensare l’importo perso a causa del mancato versamento dei contributi. Per calcolare qual è l’importo della rendita, quindi, bisogna effettuare la differenza tra quanto sarebbe spettato nel caso in cui i contributi mancanti fossero stati regolarmente accreditati e l’importo della pensione attuale.
La rendita può essere versata sia dal datore di lavoro, il quale così rimedierà al danno causato al dipendente, che dal lavoratore danneggiato, sia se ancora in attività che se pensionato.
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