Più aumenta il rischio di una guerra in Iran e più sale il prezzo della benzina: perché per il petrolio dipendiamo così tanto dallo Stretto di Hormuz.
Il prezzo della benzina potrebbe battere ogni record in caso di guerra tra Iran e Israele, con il petrolio ora in rialzo del 2% e ormai prossimo ai 90 dollari al barile dopo l’attacco israeliano alla base militare di Esfahan.
In molti lo ignorano, ma per il prezzo della benzina e del gas molto dipende dalla situazione nello Stretto di Hormuz, lembo di terra che divide la penisola arabica dalle coste dell’Iran, mettendo in comunicazione il Golfo di Oman a Sud-Est, con il Golfo Persico a Ovest.
Per capire l’importanza di questo tratto di mare ci si può affidare ai numeri: nel 2023 per lo Stretto di Hormuz sono passati in media 20,5 milioni di barili di petrolio al giorno, 80 milioni di tonnellate di Gnl in un anno e diversi altri prodotti petroliferi.
Da qui passa circa il 40% del petrolio mondiale e il 20% del Gnl, con Paesi come Arabia Saudita, Iran, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Iraq e Qatar che esportano le loro risorse principalmente proprio attraverso lo Stretto di Hormuz.
In caso di una guerra contro l’Iran, Teheran più volte ha minacciato di chiudere lo Stretto di Hormuz e questo andrebbe a causare un’immediata impennata per quanto riguarda il prezzo della benzina: in Italia in molti distributori già ha superato i 2 euro al litro in modalità self, con il governo che ha fatto intendere di non voler intervenire in questo momento.
Prezzo benzina: i rischi di una guerra in Iran
Lo scorso ottobre dopo lo scoppio della guerra tra Israele e Hamas, JP Morgan con una nota ha espresso tutti i suoi timori per un possibile rialzo del prezzo del petrolio e del gas in caso di turbolenze lungo lo Stretto di Hormuz.
“Se il conflitto si estendesse fino a includere la chiusura dello Stretto di Hormuz, il canale di trasporto petrolifero più trafficato del mondo, ciò chiuderebbe il commercio di petrolio della regione, facendo lievitare i prezzi del petrolio - ha fatto sapere JP Morgan -. È fondamentale che, anche se nel corso degli anni l’Iran ha minacciato di bloccare lo stretto, la cosa non sia mai avvenuta”.
In sostanza se il prezzo della benzina è aumentato a causa degli attacchi dei ribelli Houthi nel Mar Rosso, figuriamoci cosa potrebbe accadere nel caso di un blocco dei trasporti marittimi lungo lo Stretto di Hormuz.
L’Iran più volte ha minacciato ritorsioni verso il traffico marittimo dell’area - nel maggio dello scorso anno ha sequestrato due petroliere - per una sorta di deterrenza verso un attacco ai propri confini, con la tensione in Medio Oriente che adesso è ai massimi storici dopo i reciproci attacchi tra Teheran e Israele.
Fortunatamente il sentore è che sia l’Iran sia Israele non vogliano arrivare a una guerra diretta, con il regime iraniano che sembrerebbe preferire di gran lunga quella per procura in atto in Terra Santa utilizzando gli alleati Hamas ed Hezbollah.
Turbolenze queste che però inevitabilmente si ripercuotono sul prezzo delle materie prime, con il rialzo del costo della benzina e del gas che è una diretta conseguenza della guerra in Ucraina e del caos nel Mar Rosso.
Con le accise che in Italia pesano per oltre il 50% sul costo alla pompa per benzina e gasolio, il governo al momento non ha i mezzi economici per mettere in campo nuovamente degli sconti alla pompa: se anche lo Stretto di Hormuz dovesse piombare nel caos, fare il pieno alla propria auto potrebbe diventare quasi proibitivo per molti italiani.
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