C’è uno shock dalla forza dirompente che può travolgere il mondo e 3 grafici possono spiegarlo: come sta cambiando l’economia e lo sviluppo globali e cosa fare per non soccombere.
Quale sarà il prossimo shock che può scuotere l’economia globale? Dopo la pandemia, la guerra in Ucraina ancora in corso, le turbolenze nei mercati finanziari e nelle materie prime, le prove di conflitto tra Cina e Usa, la minaccia climatica, il mondo deve prepararsi a un altro terremoto silenzioso, ma potente.
Già da tempo si sta facendo più pressante l’allarme demografico: una bomba pronta a esplodere con effetti negativi pesanti, dal debito sempre più alto all’aumento dei flussi migratori fino alle carenze di manodopera nelle attività produttive, soprattutto delle nazioni sviluppate.
In una sintetica, ma efficace analisi gli esperti di Ispi hanno acceso i riflettori su questo fenomeno, quello del disomogeneo andamento della popolazione nel mondo, mettendo a confronto le previsioni demografiche di tre Paesi, compresa l’Italia.
Il risultato? L’immagine del mondo che verrà, dove tutto è in trasformazione e nel quale povertà, migrazione, bisogni, stress climatici si accentueranno. In 3 grafici i motivi di tale allarme.
Il prossimo shock mondiale? Quale sarà e i suoi effetti in 3 grafici
L’emergenza demografica non è più un’ipotesi, ma una certezza.
I dati sono chiari nel definire un generale invecchiamento della popolazione che porterà, in tempi non così lontani, cambiamenti radicali e in tanti ambiti cruciali per lo sviluppo di un Paese: dalla manodopera per il lavoro ai conti pubblici statali fino alle organizzazioni urbane, tutto sarà influenzato dal numero di abitanti e dalla loro età all’interno di una nazione.
Non a caso, nell’annunciare la recessione in Germania in questi giorni, alcuni osservatori hanno fatto notare che l’invecchiamento della popolazione nella potenza europea accentuerà il suo declino industriale se non si interverrà.
Il problema è molto sentito in Italia, dove le nascite sono in drastica diminuzione e la sfida demografica è davvero importante, considerando che il nostro Paese ha un debito pubblico ingente - e sotto il costante controllo Ue - e una poco lungimirante politica migratoria.
Questi due aspetti sono fondamentali e collegati. Una popolazione più anziana a fronte di pochi giovani in età lavorativa si traduce in una spesa previdenziale in costante aumento per lo Stato. Oltre, ovviamente, alla maggiore necessità di stanziare fondi per spese sanitarie e assistenziali. Il tutto va a gonfiare il debito.
Un recente studio italiano ha mostrato come più migranti integrati che possono lavorare regolarmente sul nostro territorio impattino positivamente sulla riduzione del debito.
Queste variabili stanno diventando davvero cruciali. Il primo grafico che gli analisti di Ispi hanno voluto rappresentare riguarda, non a caso, l’Italia e la sua prospettiva demografica al 2050:
A fine secolo, quindi in una previsione al 2100, l’Italia arriverebbe a 32 milioni di abitanti dagli attuali 59, con un aumento degli over 65 anni dal 24 al 38% della popolazione, scrive Ispi.
Anche un Paese come il Messico è destinato a subire un drastico cambiamento demografico, con un tasso di fertilità che sta già scendendo:
Infine, ma solo per limitare l’indagine esemplificativa, c’è il caso Nigeria, emblematico per il motivo contrario. Qui la popolazione più giovane esploderà al 2050:
Secondo l’elaborazione Ispi, a fine secolo la nazione africana sarà la più popolosa al mondo dopo l’India, espandendosi da 213 milioni a 791 milioni.
Quali conseguenze avranno sul mondo tutte queste dinamiche di diversa entità? Tante e impattanti, con alcuni trend di questo shock che si stanno palesando già ora, quasi come un avvertimento. Lo hanno spiegato molto bene gli esperti Ispi:
“Ad oggi, circa il 40% della popolazione mondiale - 3,5 miliardi di persone - vive in luoghi altamente esposti agli impatti del cambiamento climatico. Ciò comporta una riduzione delle opportunità economiche nelle regioni colpite, amplificando la loro vulnerabilità e aumentando il numero di persone che scelgono di migrare.”
E il mondo ricco? I Paesi più sviluppati, come l’Italia, la Germania, per esempio, richiederanno più manodopera che non troveranno in “casa propria”. Ecco perché una politica migratoria saggia e umana è necessaria.
Senza contare che anche il gigante Cina sta cambiando e per la prima volta non è più lo Stato più popoloso al mondo e sta invecchiando, superata dall’India. Questo mutamento ha ripercussioni enormi, visto che il dragone è la fabbrica globale.
La bomba demografica può dunque scoppiare e mandare nel caos il mondo, pressando il settore lavoro, materie prime, organizzazione urbanistica, casse statali. Oppure, può trasformarsi in una fonte di opportunità. I cambiamenti sono in corso e appaiono inarrestabili. Probabilmente, non saranno le politiche nazionaliste sulla natalità a risolvere questi nodi, ma una visione lungimirante a livello globale dove diritti umani, accoglienza e giustizia sociale vanno di pari passo con gli interessi economici.
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