Giovanni Toti, presidente della Liguria e leader di Noi Moderati, spiega a Money.it quali prospettive dare al Paese se il centrodestra vincerà le elezioni e come superare le divisioni interne.
“Consigliamo a tutti sobrietà sulle promesse elettorali e non vogliamo nessun arretramento sulle sanzioni alla Russia e l’invio di armi in Ucraina. Terzo polo? Il programma non è difforme rispetto alle cose che stiamo dicendo: oggi si isolano, ma spero nel dialogo in futuro”. Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria e tra i leader di Noi Moderati, spiega così a Money.it qual è il ruolo della cosiddetta “quarta gamba” del centrodestra prima e dopo le elezioni del prossimo 25 settembre.
Secondo Toti la liste deve puntare a superare il 3% dei consensi e poi, una volta al governo, a presidiare i conti pubblici “in un momento di grande volatilità dei mercati e dei tassi d’interesse per l’inflazione”. Boccia quindi la totale cancellazione del Reddito di cittadinanza e le perplessità sulle sanzioni alla Russia, che per lui vanno mantenute per tutelare i valori europei di libertà e democrazia.
Qual il vostro obiettivo per queste elezioni politiche: superare il 3% o avere cifre più alte e competere con le altre liste liberali?
Il nostro obiettivo è sicuramente superare la soglia di sbarramento e avere un gruppo in parlamento che sia in grado di incidere nella prossima legislatura. Noi Moderati, che è nato come un cartello elettorale per le elezioni anticipate, ha però soprattutto l’obiettivo di consolidarsi come un soggetto politico in grado di rappresentare quell’elettorato liberale, popolare e riformista che da tempo ha difficoltà nel Paese a trovare un’accogliente e grande casa di rappresentanza. Dalla fine del Popolo della libertà in poi abbiamo assistito a un’erosione di questo mondo, sia in termini numerici che di proposta di spazio politico. Noi vogliamo ribaltare questa tendenza, riunendo gli esuli della diaspora della Seconda Repubblica in un solido blocco che possa incidere al governo. Nonostante l’agosto e il tempo stretto, vogliamo esserci con un risultato sufficientemente positivo da avere una rappresentanza parlamentare.
Stando agli ultimi sondaggi al governo è probabile che ci andiate assieme agli alleati di centrodestra: voi e Forza Italia siete però molto diversi dalle forze sovraniste con cui siete alleati, come convivere al governo? Quali aree e ministeri vorreste presidiare per garantire una direzione liberale e euro-atlantica al Paese?
Il posizionamento internazionale è condiviso da tutta l’alleanza, anche da Fratelli d’Italia e dalla Lega: all’interno della Nato, con un asse privilegiato con gli Usa e con il collocamento europeo, che nessuno vuole mettere in discussione, al di là di qualche proclamo bellicoso. Ci può essere verso l’Europa un atteggiamento critico, ma come lo hanno avuto tutti i grandi leader europei nel corso della Storia. Siamo gli unici noi italiani a sentirci in colpa talvolta nel far sentire le nostre ragioni a Bruxelles. Questo senso di minorità non la meritiamo. Noi sicuramente come moderati vogliamo modernizzare il Paese dal punto di vista delle opere pubbliche (ferrovie, porti, strade, logistica varia). Puntiamo poi al presidio dei conti pubblici in un momento di grande volatilità dei mercati e dei tassi d’interesse per l’inflazione.
A proposito di presidio dei conti pubblici: c’è un dibattito tra nel centrodestra sulla necessità dello scostamento di bilancio per affrontare il caro-bollette, con Matteo Salvini che chiede di indebitarsi per ulteriori 30 miliardi. Se poi si fa la somma delle proposte dell’alleanza di centrodestra, secondo una nostra analisi, si arriva a una spesa tra i 100 e i 140. Non pensa che debba tornare un po’ di moderazione nelle promesse di politica economica?
Noi abbiamo un atteggiamento assolutamente prudente nei confronti dello scostamento di bilancio e non vogliamo tornare indietro sulle grandi liberalizzazioni di questo Paese, anzi va recuperato un pezzo di mercato del lavoro cancellato per ideologia nel passato. Penso ai voucher, a cui tornerei domani mattina, mentre il Reddito di cittadinanza non ha funzionato. Per quanto riguarda il conto, rischia di essere un esercizio algebrico poco serio: ogni partito sottolinea le sue priorità che vorrebbe realizzate, poi l’alleanza di governo avrà dei vincoli di bilancio e una ragioneria di Stato, oltre che atteggiamenti europei e politiche monetarie della Bce che non conosciamo ancora nei dettagli. Bisognerà regolarsi su questo e fare una sintesi seria. Normalmente poi si sottolineano solo i costi del centrodestra, meno quanto costerebbe la serie di proposte del centrosinistra, che vuole aumentare molto la spesa pubblica senza presentare le coperture necessarie. Io in ogni caso consigliamo a tutti sobrietà sulle promesse: la nostra lista è molto attenta alla sostenibilità delle proposte.
Il suo collega Maurizio Lupi, però, in una recente intervista a Money.it ha difeso la Pensione di cittadinanza e detto che il Reddito non va eliminato del tutto. Non pensa sia pericoloso cancellarlo, come propone Fratelli d’Italia, in questo momento di inflazione e crisi energetica, con Coldiretti che parla di 2,6 milioni di persone a rischio fame?
Nessuno vuole cancellare il Reddito di cittadinanza come strumento di assistenza alle fasce più deboli della popolazione: chiunque è in difficoltà, non può lavorare e ha bisogno deve essere tutelato. Semmai era sbagliato un Paese che divideva tra figli e figliastri suoi cittadini con strumenti di ammortizzazione sociale diversificati, troppe casse diverse e vari casi scoperti. Un piccolo artigiano che chiudeva restava senza ammortizzazione, mentre in altri casi ci sono grandi aziende che hanno abusato di quei sussidi quasi come forma di strumento per calmierare il costo del lavoro. Il fatto che il Reddito garantisca un sostegno per chi è in difficoltà va bene. Quello che non ha funzionato è stato il contatto con il mondo del lavoro, con tutto il sistema costruito che non è mai partito ed è costato molti denari pubblici. Chi perde il lavoro o non può essere occupato va aiutato, poi il resto va cambiato con le imprese e gli enti di formazione. Chi può lavorare ha diritto al Reddito, ma non può aspettare che un navigator lo stani: occorre una proattività del cittadino e una maggiore comunicazione con imprese ed enti pubblici, in modo tale da mettere all’opera chi può, anche con lavori di pubblica utilità o corsi di formazione.
Altra questione calda nel centrodestra è quella delle sanzioni alla Russia. La Lega ne ha messo in discussione l’efficacia, secondo voi bisogna continuare a infliggerle, così come a inviare armi in Ucraina?
Credo che non continuare sarebbe la fine del mondo occidentale come lo conosciamo. Salvini sottolinea qualcosa che è sotto gli occhi di tutti: quando imponi sanzioni a una grande economia come la Russia ovviamente fai un danno a loro per portarli a trattare sulla guerra, ma anche te stesso. Però bisogna dire che esistono valori non negoziabili. Si tratta di valori fondamentali legati alla libertà e al concetto stesso di democrazia: per questo dobbiamo continuare con le sanzioni e bisogna armare un popolo che si sta difendendo da un’aggressione. Il danno, se queste cose non si facessero, sarebbe assai maggiore per tutto il Continente: per questo noi non vogliamo alcun arretramento.
Per mesi si è parlato di una possibile alleanza tra il suo movimento (Italia al centro) e Italia Viva di Matteo Renzi o Azione di Carlo Calenda. Ora le vostre strade si sono separate definitivamente o c’è spazio per un dialogo futuro? Le ministre Gelmini e Carfagna, ora in Azione, vorrebbero collaborare con lei
In quel mondo ci sono amici e persone che vengono da storie simili alle nostre. Il programma del terzo polo non è distonico e difforme rispetto alle molte cose di buon senso che stiamo dicendo. Però ho qualche perplessità sulla collocazione e l’approccio: la politica è fatta della possibilità di incidere sulle scelte di un Paese e di concorrere per vincere. La deriva moralizzeggiante e isolazionista del terzo polo, che gioca a far perdere le elezioni a tutte e due le coalizioni e che non si vuole sporcare le mani, temo porti a un magistero morale più che politico. Insomma: ci vorrebbe un approccio moderato e pragmatico vicino al popolarismo di Don Sturzo, che agisce davvero e cambia le cose. Io però mi auguro che in futuro, passata questa sbornia identitaria, si possa dialogare con il terzo polo.
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