Lo scontro Cina-Stati Uniti non favorisce la negoziazione sul debito pubblico dei paesi più a rischio.
Mentre i flussi di capitale sono diminuiti considerevolmente dal loro picco del 2007 di 12 trilioni di dollari (22% del PIL globale) - una tendenza iniziata con la crisi del 2008 - l’integrazione economica nel mondo rimane forte. Il commercio globale totale di beni e servizi supera i 40 trilioni di dollari, un aumento di dieci volte dal 1990.
Ma, dal 2016 al 2021, le restrizioni commerciali sono quasi raddoppiate, principalmente a causa delle tensioni tra Stati Uniti e Cina. In effetti, la frammentazione – come la globalizzazione prima di essa – non sarebbe possibile senza la Cina, la cui ascesa ha trasformato la concorrenza regionale per l’influenza economica, finanziaria e geopolitica in una di tipo globale. Mentre alcuni sperano di bilanciare rivalità politica con opportunismo economico (vedi l’Europa), le dinamiche sono ovviamente complesse.
Anche la crisi del COVID-19 e la guerra della Russia contro l’Ucraina hanno contribuito alla frammentazione, poiché hanno stimolato i paesi ad abbracciare politiche di «near-shoring» e «friend-shoring» con un crescente senso di urgenza. La pandemia ha dimostrato che l’efficienza e l’efficacia in termini di costi non vanno di pari passo con la sicurezza economica. Ma mentre sono necessari aggiustamenti per rafforzare la resilienza della catena di approvvigionamento, il ritorno a un mondo diviso in blocchi economici (e geopolitici) comporta seri rischi.
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