Quando si può essere esentati dal periodo di prova?

Paolo Ballanti

17 Ottobre 2022 - 17:16

Cosa prevede la normativa sulla ripetizione del periodo di prova? Qual è il pensiero della giurisprudenza e com’è cambiata la situazione con il recente decreto «Trasparenza»? Ecco una guida completa.

Quando si può essere esentati dal periodo di prova?

Il periodo di prova è un istituto del contratto di lavoro subordinato il cui obiettivo è garantire a datore di lavoro e dipendente di valutare, per un certo arco di tempo, la convenienza del rapporto.

Nel corso della prova, comunque soggetta a un determinato termine di durata, operano tutti i diritti e gli obblighi di un rapporto di lavoro dipendente con la sola particolarità che le parti, azienda e lavoratore, hanno la possibilità di interrompere il rapporto, senza obbligo di preavviso né motivazione.

Una volta conclusa la prova, se entrambi le parti ne ritengono positivo l’esito, l’assunzione diventa definitiva e il periodo lavorato si computa nell’anzianità di servizio.

Vista la delicatezza della prova, in particolare rappresentata dalla «facilità» nell’interrompere il contratto, la giurisprudenza si è espressa negli anni sulla possibilità di reiterare il periodo di prova in successivi rapporti tra le stesse parti.

La situazione è radicalmente cambiata con l’entrata in vigore del decreto «Trasparenza», grazie al quale si è arrivati a un’opinione definitiva (e legislativa) sulla ripetizione del periodo di prova.

Analizziamo quindi in dettaglio in quali casi il dipendente può essere esentato dal periodo di prova, distinguendo tra situazione ante e post decreto «Trasparenza».

Reiterazione del periodo di prova: mutamento delle mansioni

Come una sorta di anticipazione di quanto disporrà poi il decreto «Trasparenza» la giurisprudenza (Corte di Appello Ancona del 17 marzo 2006) ha sostenuto che è legittima l’apposizione di un periodo di prova, nel caso in cui vi sia un radicale e consensuale mutamento di mansioni.

Reiterazione del periodo di prova per esperimento non effettuato in tutto o in parte

Il periodo di prova può essere riproposto in uno nuovo contratto tra le stesse parti se, in precedenti rapporti, l’esperimento non è stato effettuato in tutto o in parte.

Reiterazione del periodo di prova: verificare il comportamento del lavoratore

La giurisprudenza di Cassazione (sentenza del 12 dicembre 1986 numero 25368) ha affermato che la ripetizione del patto di prova è ammissibile in «successivi contratti di lavoro tra le medesime parti» se «in base all’apprezzamento del giudice di merito, vi sia la necessità per il datore di lavoro di verificare, oltre alle qualità professionali, anche il comportamento e la personalità del lavoratore in relazione all’adempimento della prestazione».

In tal caso, la condotta del dipendente è da intendersi come un elemento suscettibile di modificarsi nel tempo per molteplici fattori.

Dello stesso avviso la Suprema Corte (sentenza del 22 aprile 2015 numero 8237) per cui è «ammissibile il patto di prova in due contratti di lavoro successivamente stipulati tra le stesse parti, potendo intervenire nel tempo molteplici fattori, attinenti non solo alle capacità professionali, ma anche alle abitudini di vita o a problemi di salute».

Quando è illegittimo ripetere il periodo di prova: mansioni già ricoperte

L’apposizione di un periodo di prova, in caso di riassunzione del lavoratore, è stata ritenuta illegittima:

  • Se l’interessato ha già prestato attività lavorativa come interinale, per un periodo congruo (Tribunale di Tivoli sentenza 22 novembre 2004);
  • Se l’interessato è in forza presso l’impresa subentrante in un appalto di servizi, laddove sussista parità di termini, modalità e prestazioni dell’appalto, rispetto al periodo svolto nella precedente realtà (Tribunale Roma sentenza del 2 novembre 2005);
  • A fronte di mansioni espletate per lungo tempo presso altra società, facente capo tuttavia allo stesso amministratore e svolgente la stessa attività (Tribunale Roma 28 aprile 2005);
  • Se il dipendente, assunto a tempo indeterminato, ha già avuto, con il medesimo datore di lavoro, altri quattro contratti a tempo determinato (Cassazione sentenza 9 marzo 2016 numero 4635);
  • A fronte dell’assunzione a tempo indeterminato di un lavoratore che, in precedenza, ha già ricoperto le stesse mansioni per un congruo lasso di tempo (Cassazione sentenza 22 giugno 2012 numero 10440);
  • Identica conclusione a quella appena citata, per la sentenza del Tribunale di Verona del 19 marzo 2014 riguardante l’apposizione del patto di prova a un contratto a tempo determinato dopo un periodo di somministrazione (sempre a termine) presso la medesima azienda, per lo svolgimento delle stesse mansioni.

Le novità del decreto «Trasparenza»

Il Decreto legislativo 27 giugno 2022 numero 104 detto anche decreto «Trasparenza», in attuazione della direttiva (Ue) 2019/1152 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, ha, da un lato, ampliato il numero di informazioni da rendere al lavoratore in sede di assunzione e, dall’altro, ha riconosciuto una serie di nuovi diritti materiali, con lo scopo di garantire una maggiore tutela alle condizioni di lavoro.

Per quanto di nostro interesse il capo III all’articolo 7 si occupa di periodo di prova. Nello specifico, il comma 2 stabilisce che in caso di «rinnovo di un contratto di lavoro per lo svolgimento delle stesse mansioni, il rapporto di lavoro non può essere soggetto a un nuovo periodo di prova».

Di conseguenza, ciò che rileva non è tanto la medesima tipologia contrattuale, ma il fatto che il dipendente svolga, anche nel nuovo rapporto, le stesse mansioni. Potrebbero pertanto verificarsi le seguenti condizioni:

  • Primo rapporto di lavoro a tempo determinato mansione «elettricista», in caso di rinnovo a tempo indeterminato mansione «elettricista» il periodo di prova non può essere contemplato;
  • Primo rapporto di lavoro a tempo determinato mansione «addetto alla segreteria», in caso di rinnovo a tempo indeterminato mansione «addetto alla contabilità» il periodo di prova può essere inserito tra le condizioni contrattuali.

Più complicata la situazione nei casi in cui il rapporto precedente sia una collaborazione coordinata e continuativa, dove il collaboratore è autonomo nella definizione dei tempi e delle modalità di lavoro. Pertanto, la capacità per l’azienda di «sperimentare» l’interessato non è la stessa di un rapporto di lavoro subordinato.

In assenza di chiarimenti in merito e in attesa di orientamenti giurisprudenziali, si raccomanda di verificare, nei singoli casi concreti, se le modalità di svolgimento della collaborazione sono state tali da ritenere la sperimentazione oggettivamente effettuata.

Si evidenzia comunque che la Cassazione, sia pure ante decreto «Trasparenza», ha affermato (sentenza del 12 settembre 2016 numero 17921) che è nullo il patto di prova applicato a un lavoratore che, in precedenza, abbia già svolto le medesime mansioni con un contratto di collaborazione a progetto.

Da quando si applicano le disposizioni del decreto «Trasparenza»?

A norma dell’articolo 16, comma 1, del decreto legislativo numero 104/2022 le novità trovano applicazione nei confronti di tutti i rapporti di lavoro «già instaurati alla data del 1° agosto 2022».

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