Quanto durerà il governo Conte? Il futuro dell’alleanza Lega-Movimento 5 Stelle

Alessandro Cipolla

1 Aprile 2019 - 13:32

Rimpasto, nuova maggioranza o elezioni anticipate: nel dibattito politico il governo Conte viene sempre dato con le ore contate, ma sono tanti i fattori che potranno pesare sulle scelte che faranno Lega e Movimento 5 Stelle.

Quanto durerà il governo Conte? Il futuro dell’alleanza Lega-Movimento 5 Stelle

La data segnata con il circoletto rosso è quella del 26 maggio, giorno in cui gli italiani si recheranno alle urne per le elezioni europee oltre che il primo turno delle amministrative e le regionali in Piemonte.

Questa sorta di election day potrebbe però rappresentare una sorta di spartiacque per il futuro del Governo del Cambiamento, con il premier Giuseppe Conte che viene dato in bilico nonostante le rassicurazioni di facciata degli ultimi tempi da parte di Luigi Di Maio e Matteo Salvini.

Ma quanto durerà questo governo Lega-Movimento 5 Stelle? Tutti i presupposti farebbero pensare a una rottura anche nell’immediato, ovvero dopo le europee, ma alla fine i due partiti potrebbero decidere di andare avanti per questioni di cadreghe e di calcoli politici.

La situazione nel governo Conte

In questi primi nove mesi del Governo del Cambiamento c’è stata una sorta di dicotomia comunicativa da parte della maggioranza. Da una parte c’è il premier Giuseppe Conte e i due vice premier che, nelle occasioni ufficiali, spesso hanno usato toni da libro Cuore per descrivere la sintonia che c’è nell’esecutivo e di come andranno avanti per tutta la legislatura.

Dall’altra parte c’è però la continua gazzarra tra leghisti e pentastellati che in pratica difficilmente sono d’accordo per qualsiasi argomento. In questi mesi quindi si è andati avanti con la logica del do ut des: si digeriva un provvedimento voluto dagli altri, per farne passare poi uno che si era proposto.

Per il quieto vivere entrambi i partiti hanno quindi già ingoiato diversi bocconi amari, cosa che comunque è sempre avvenuta in politica specie quella italica. Le recenti fibrillazioni nella maggioranza carioca sono però dovute ad altri fattori.

Con le elezioni europee che si avvicinano i sondaggi, oltre ai recenti risultati delle elezioni regionali che si sono svolte in questo inizio 2019, stanno sottolineando in maniera unanime come se da un lato la Lega continua a crescere, dall’altro il Movimento 5 Stelle è in piena crisi.

I pentastellati quindi, che in Parlamento sono il gruppo più numeroso dopo l’exploit alle ultime politiche, hanno bisogno di scuotersi per non essere fagocitati dall’alleato leghista ma anche per non riconsegnare i consensi erosi al PD visti i segnali di ripresa dati dai dem.

Per questo motivo le prossime elezioni europee potrebbero essere decisive: se il Movimento dovesse scendere sotto il 20%, sarà difficile per Di Maio tenere buoni i suoi ed evitare una crisi di governo.

Finora Matteo Salvini ha sempre usato il bastone e la carota con i 5 Stelle: li accarezzava quando c’erano da sbrogliare le questioni più spinose, per poi “picconarli” in ogni occasione quasi a voler rimarcare una distanza dall’azione del suo stesso governo.

Un atteggiamento che i grillini non sono più disposti a tollerare, con i duri toni che si sono levati dal fronte pentastellato in occasione del Congresso delle Famiglie di Verona che potrebbero essere un antipasto di quello che potrebbe succedere nelle prossime settimane.

Ma come possono andare avanti insieme due partiti così diversi e che, detto inter nos, ormai non si possono più vedere tra di loro?

Anche se la posizione di Giuseppe Conte è sempre in bilico, l’unica cosa che potrebbe far dormire sonni tranquilli al premier è la paura che sia la Lega che il M5S hanno di una fine della maggioranza gialloverde, che potrebbe rappresentare una sorta di salto nel buio per entrambi i partiti.

Quanto dureranno Lega e Movimento 5 Stelle?

Se i sondaggi fossero favorevoli al Movimento 5 Stelle e se non ci fosse la regola dei due mandati, con ogni probabilità Luigi Di Maio già da tempo avrebbe detto addio agli alleati del carroccio.

Invece i pentastellati sanno bene che, se cade Conte, quasi sicuramente non torneranno mai più al governo del paese. Se ci contiamo poi che, a meno di colpi di spugna nel regolamento, quasi tutti gli attuali big dei 5 Stelle non si potrebbero più candidare con il Movimento visti i due mandati, propendere per dei colpi di mano sarebbe un grosso azzardo politico.

Rompere con la Lega vorrebbe significare dire addio alla poltrona dopo solo pochi mesi. Anche per chi si è sempre proclamato diverso dalle altre forze politiche, il principio della cadrega vale ugualmente specie se poi finita la legislatura devi tornare a fare quello che facevi prima di entrare in Parlamento.

In questo rapporto a due chi è in una situazione di forza è senza dubbio la Lega. Se Salvini dovesse decidere di staccare la spina al governo Conte, dovrebbe poi soltanto scegliere in che modo continuare a governare.

Il leader del carroccio ha sempre il timore di un possibile accordo tra i 5 Stelle e il PD targato Zingaretti per la formazione di un nuovo governo. C’è da dire però che la componente renziana all’interno dei dem, che in Parlamento è numerosa, mai accetterebbe questo accordo e quindi non ci sarebbero i numeri per fare un ribaltone.

Dare vita invece a una maggioranza di centrodestra col supporto di “responsabili” fuoriusciti dal Movimento è un’ipotesi che non entusiasma Salvini, che vorrebbe evitare di mettersi di nuovo nelle braccia di Berlusconi.

Se si tornasse a votare il centrodestra unito vincerebbe a mani basse, ma anche in questo caso per avere la meglio nei collegi del Sud sarebbe sempre necessaria l’alleanza con Forza Italia e una parte dei centristi. In più, alla Lega verrebbe additata la colpa di aver rotto il patto di governo con i 5 Stelle.

Alla fine anche a Matteo Salvini potrebbe andare bene un proseguo dell’esperienza gialloverde. Alla fine lui al governo c’è già, continua a crescere nei sondaggi e sono ancora tante le nomine da dover fare.

Considerando anche che nessun parlamentare è felice di tornare al voto dopo un solo anno nella bambagia romana viste tutte le incertezze future del caso, l’unico ostacolo sulla strada della maggioranza carioca sembrerebbe essere rappresentato dalla prossima legge di Bilancio.

Di fronte ai probabili 40 miliardi tra clausole e minore crescita che si dovranno trovare per sistemare i conti italiani, la tentazione di non voler essere ricordati come quelli che hanno aumentato l’Iva al 25% potrebbe essere tanta.

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