Queste obbligazioni bancarie hanno cedole a tasso fisso del 6,00%

Stefano Vozza

31 Gennaio 2025 - 11:19

Presentiamo pro e contro dei nuovi corporate bond del tipo callable e denominati in dollari USA emessi da un noto colosso finanziario USA

Queste obbligazioni bancarie hanno cedole a tasso fisso del 6,00%

Sono settimane dense di emissioni corporate quelle che stiamo vivendo in questo principio di 2025. A dirla tutta non si tratta di una novità assoluta, dato che in genere a inizio anno gli emittenti si rifinanziano sul mercato per poi mettere mano alle loro strategie operative.

A volte si tratta di emissioni uniche, altre volte di dual tranche tese a soddisfare le più diverse esigenze di liquidità. È stato il caso (ma non solo) di Goldman Sachs, che il 17 del mese ha emesso una tranche obbligazionaria in euro (da noi giù illustrata) e una in $ USA.

In particolare, quest’ultime obbligazioni bancarie callable a 10 anni hanno cedole a tasso fisso del 6,00%. Vediamo come funzionano e, soprattutto, quanto potrebbero rendere.

Il prestito obbligazionario callable in dollari USA di Goldman Sachs

Questo titolo denominato in $ statunitensi ha codice ISIN XS2829734057 ed è negoziato sul segmento EuroMOT di Borsa Italiana. Ha data emissione il 17/01/’25 e data scadenza allo stesso giorno del 2035, 10 anni appunto.

Si tratta però della durata massima, dato che già al termine del 1° anno, a gennaio 2026, l’emittente potrebbe comunicare al mercato l’eventuale richiamo del titolo. In tal caso provvederebbe al rimborso integrale del nominale sottoscritto, oltre alla cedola di periodo, ovviamente tutto nella valuta di denominazione del bond.

L’esercizio della call è una facoltà prevista dal prestito e in favore della banca, per gli anni dopo il 1° e fino al 9°.

Interessante è il taglio minimo di sottoscrizione di 100 $ USA, un importo alla portata del piccolo investitore. Al cambio attuale €/$ di 1,0419 vuol dire che bastano circa 96 € per sottoscrivere 100 $ di nominale, oltre alle commissioni. Tuttavia, tenuto conto delle spese di gestione del titolo non è saggio approcciare al bond con importi davvero esigui. Parimenti non è per niente una mossa da buon padre di famiglia quello di sottoscriverlo con tutto e/o buona parte del capitale disponibile.

Quanto potrebbe rendere l’investimento in questo corporate bond?

Per la fetta di debito emesso in $ USA la banca statunitense ha previsto una cedola annua lorda del 6,00%, che fa il 4,44% al netto della ritenuta sugli interessi. È un ritorno di tutto rispetto, anche considerato il rating emittente pari ad A2 per Moody’s, ad A per Fitch e a BBB+ per S&P. Ad esempio il rendimento netto del titolo decennale del Tesoro si attesta quasi un punto più un quarto di punto percentuale al di sotto.

Pertanto se il debito non venisse rimborsato anzitempo il ritorno lordo totale in 2 lustri sarebbe del 60%. Scenderebbe a quasi il 40% al netto di tutte le spese, sia fiscali (ritenuta e imposta di bollo) che bancarie (conto titoli e commissioni di compravendita).

Queste obbligazioni bancarie callable a 10 anni hanno cedole a tasso fisso del 6,00%

Tuttavia, la previsione di un robusto tasso di interesse fisso sul titolo non è il frutto di un atto di grazia dell’emittente. La ratio risiede nelle stime di medio e/o lungo termine che vedono il biglietto verde in flessione sull’euro, mentre l’emissione è avvenuta in una fase storica in cui la valuta USA è forte.

In altri termini i movimenti dei cross valutari saranno decisamente più determinanti della “semplice” valutazione della cedola. Se tra X anni e/o mesi e/o a scadenza il $ USA si sarà ulteriormente rafforzato, ben venga per l’investitore in €. Il flusso cedolare più il controvalore del nominale a quella data varrebbero a incorniciare l’investimento fatto. Viceversa, l’eventuale perdita di terreno del $ eroderebbe gli incassi cedolari nel frattempo maturati. Anzi, nella peggiore delle ipotesi potrebbe generare un rendimento reale negativo.

Poi occhio all’opzione callable, giacché se esercitata quasi certamente esporrebbe l’investitore al rischio di reinvestimento. Vale a dire alla probabilità di ritrovarsi davanti un nuovo scenario di tassi di mercato più bassi di quelli offerti dal bond. Altri due fattori di cui tener conto sono quello di mercato e quello di liquidità, specie per chi non è sicuro di portare al termine l’investimento. Da qui a scadenza i corsi potrebbero decollare (ma mai più di tanto, dato lo spauracchio callable del prestito) o scendere sotto cento.

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