Ecco in quali casi puoi restare nella casa in affitto anche se il proprietario non rinnova il contratto (o come accertarsi di aver dato effettiva disdetta).
Chi per la prima volta va a vivere in un appartamento in affitto spesso fatica a ricordare con precisione le regole del caso. All’avvicinarsi della scadenza del contratto d’affitto tanti conduttori temono di dover lasciare la casa e attendono con impazienza di ricevere notizie dal proprietario di casa. Peggio ancora se quest’ultimo ha manifestato loro la volontà di non rinnovare il contratto d’affitto. In realtà, nella maggior parte dei casi gli inquilini possono restare nella casa affittata anche se il proprietario non rinnova il contratto.
La legge è molto chiara e precisa nella regolamentazione dei contratti di locazione, disciplinando sia il rinnovo tacito degli stessi che le specifiche modalità previste per evitarlo. Per questa ragione, quando non vengono seguite le disposizioni previste il contratto d’affitto è rinnovato, perfino quando le parti sono convinte del contrario. Prima di cadere nello sconforto è quindi bene conoscere il funzionamento del contratto di locazione, buona norma anche per i proprietari che devono accertarsi di tutelare i propri interessi al meglio.
Il rinnovo tacito del contratto d’affitto
Secondo la legge il rinnovo del contratto d’affitto è tacito e automatico a ogni scadenza. In altre parole, se nessuna delle parti comunica l’intenzione di cessare l’affitto il contratto viene rinnovato o prorogato. Non solo, in alcuni casi il contratto di locazione prosegue nonostante la diversa volontà delle parti, quando ne hanno dato comunicazione in maniera errata. Per capire di più bisogna innanzitutto distinguere tra la prima e la seconda scadenza del contratto di locazione.
I contratti d’affitto prevedono infatti due periodi di validità, di norma 3+2 (con relativo canone concordato) e 4+4 (a canone libero). La prima scadenza corrisponde al termine di 3 o 4 anni, mentre la seconda alla fine del periodo successivo, rispettivamente 4 o 2 anni. Il periodo di tempo complessivo in cui le parti sono legate dalla locazione non è invece rilevante.
Per esempio, un inquilino potrebbe restare a vivere in affitto presso lo stesso appartamento per 15 anni, con un contratto 3+2 rinnovato tre volte. Nell’arco di questo periodo, ogni prima fase triennale dopo il rinnovo corrisponde alla prima scadenza e quella successiva (di 2 anni) alla seconda. Non esistono altre scadenze da prendere in considerazione, anche se si tratta di un errore comune.
In ogni caso, se nessuna delle parti comunica intenzioni differenti il contratto d’affitto è da intendersi rinnovato alle medesime condizioni pattuite, tanto alla prima quanto alla seconda scadenza. Di conseguenza, gli inquilini possono continuare a vivere nella casa in affitto e il proprietario ha diritto a riscuotere canoni e spese concordate. Nel caso del contratto 4+4, tuttavia, il rinnovo ha uguali condizioni anche per la durata, mentre per il contratto 3+2 il rinnovo tacito riguarda altri 2 anni.
Il proprietario non ha rinnovato correttamente il contratto d’affitto
Come visto, continuare a vivere nella casa affittata anche se il proprietario non ha rinnovato il contratto può riguardare il semplice caso in cui non ci sono state comunicazioni in proposito. Può tuttavia accadere che il proprietario indichi la volontà di non proseguire il contratto d’affitto e che nonostante ciò i conduttori siano legittimati a vivere nell’immobile alle condizioni contrattuali. In queste ipotesi, infatti, il contratto è comunque da intendersi rinnovato, a dispetto della volontà del locatore.
Quest’ultimo, infatti, non può discrezionalmente porre fine al contratto di locazione. Come prima cosa, è bene ricordare che la disdetta deve essere comunicata all’inquilino con almeno 6 mesi di anticipo rispetto alla scadenza contrattuale (prima o seconda) a mezzo di raccomandata a/r o pec. Dunque, se il proprietario di casa ha avvertito gli inquilini a voce, con una semplice email o più tardi rispetto al previsto - per esempio - la disdetta è contestabile.
A questo punto torna utile la premessa sulla differenziazione delle scadenze, poiché soltanto in occasione della seconda scadenza il locatore può rifiutare il rinnovo senza motivi particolari. Per la disdetta alla prima scadenza, invece, dovrà provare urgenti necessità dell’appartamento (ad esempio per viverci non avendo altri immobili a disposizione). Oltretutto, il proprietario di casa sarà vincolato ad attuare la motivazione addotta (e specificata nella comunicazione) entro 12 mesi.
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