Questo lavoratore riceve oltre €130.000 di straordinari con 15 anni di ritardo

Ilena D’Errico

19/10/2024

Ecco cosa è successo a un lavoratore svizzero e come si svolgerebbe in Italia una vicenda simile sugli straordinari non pagati.

Questo lavoratore riceve oltre €130.000 di straordinari con 15 anni di ritardo

I problemi di occupazione mettono i lavoratori dipendenti in una netta condizione di svantaggio rispetto al datore di lavoro. Quando quest’ultimo se ne approfitta il personale si trova in seria difficoltà, con paura di ricorrere alle vie legali per le possibili ripercussioni sull’attività lavorativa. Non a caso il nostro ordinamento fa decorrere la prescrizione dei crediti da lavoro dipendente dal momento della cessazione del rapporto di lavoro, tutelando i lavoratori e comprendendone la ritrosia.

Di fatto, la maggior parte delle cause intentate dai lavoratori è successiva al licenziamento, non come forma di ripicca - almeno di solito - ma per la maggiore tranquillità del ricorrente. Qualcosa di analogo deve essere successo in Svizzera, dove un lavoratore si è rivolto al tribunale tempo dopo le dimissioni. Al termine della causa, dopo ben 15 anni, ha ottenuto il riconoscimento degli straordinari non pagati e di altre indennità per un totale di oltre 130.000 euro (nello specifico 125.000 franchi.

Ecco cosa è successo e cosa potrebbe accadere in una situazione simile in Italia.

130.000 euro di straordinari dopo 15 anni

Come riportato dai media svizzeri, un ex aiuto cuoco si è rivolto al giudice per il mancato pagamento degli straordinari, dopo aver lavorato per 3 anni e mezzo in un negozio di kebab. In particolare, il contratto di lavoro part-time fissava l’impiego in 20 ore settimanali e riconosceva al dipendente 4 settimane di ferie annuali. Ferie che non sono state riconosciute nella pratica, come le ore aggiuntive prestate dal dipendente su base quotidiana.

L’ex dipendente è riuscito a dimostrare quanto dichiarato vedendosi riconoscere la somma di 125.000 franchi ben 15 anni dopo aver lasciato l’attività. Il datore di lavoro, la cui opposizione è stata respinta, dovrà inoltre pagare 5.000 franchi a titolo di spese processuali. La notizia ha fatto scalpore in Svizzera essenzialmente per due motivazioni: l’elevato tempo trascorso dal licenziamento e l’importo elevato riconosciuto dai giudici del Cantone di Vaud prima e dalla Corte federale suprema poi.

La somma non è però così irrealistica come sembra, basta considerare che il ricorrente abbia lavorato quotidianamente più di 8 ore nonostante il contratto part-time (venendo pagato soltanto per le ore di contratto), aggiungendo l’importo delle ferie non godute, delle maggiorazioni a titolo di risarcimento e degli interessi.

Differenze con l’Italia (e come tutelarsi)

Come anticipato, la prescrizione dei crediti da lavoro in Italia decorre dalla cessazione del rapporto. Il termine cambia a seconda della tipologia di credito, in particolare è di 5 anni per i crediti spettanti su base periodica e di 10 anni per i crediti il cui pagamento era atteso una tantum o meno frequentemente di una volta l’anno. Straordinari e stipendi si prescrivono così in 5 anni, l’indennità per le ferie non godute in 10.

Dunque i lavoratori hanno diverso tempo a disposizione per ricorrere alle vie legali o comunque pretendere il pagamento dal datore di lavoro. A tal fine è sufficiente una diffida inviata tramite raccomandata a/r o pec, che si qualifica appunto come atto interruttivo della prescrizione (che comincia a decorrere azzerata dal giorno della notifica). Anche il ricorso in tribunale, ovviamente, interrompe la prescrizione.

Quanto alle tempistiche, le cause di lavoro in primo grado di giudizio richiedono in media un tempo da 1 a 3 anni, tempi che si allungano ricorrendo in Appello e in Cassazione, fino a circa 6 anni. Difficile arrivare a 15 anni, a meno che il dipendente abbia aspettato l’ultimo momento utile per richiedere il pagamento, magari interrompendo la prescrizione più volte.

Molto più complesso pensare alle cifre potenzialmente riconoscibili all’ex lavoratore, che dipendono da numerosi fattori specifici. Senza dubbio il ricorrente ha diritto al pagamento delle ore di lavoro per cui non ha ricevuto retribuzione, con le eventuali maggiorazioni, per esempio per gli straordinari, ma deve anche essere in grado di provare con credibilità quanto dichiarato. Non è richiesto di documentare ogni ora aggiuntiva, ma è comunque necessario portare delle prove a sostegno delle proprie richieste, fossero anche conversazioni e testimoni, estendibili al periodo di tempo in questione.

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