Questo titolo di Stato (diverso dal BTP) rende il 4,29% annuo, con soli 4,4 anni di durata residua

Stefano Vozza

18 Dicembre 2024 - 13:08

Alzare il rischio per far crescere il rendimento annuo e complessivo: l’esempio di questo sovereign bon in dollari statunitensi

Questo titolo di Stato (diverso dal BTP) rende il 4,29% annuo, con soli 4,4 anni di durata residua

La ricerca di un buon rendimento sul reddito fisso passa per la definizione di tanti parametri, quasi tutti differenti da un investitore a un altro. Il primo in assoluto riguarda la definizione di “buon rendimento”: a cosa allude di preciso l’espressione? E poi, entro quali tempi e predisponendosi verso quale grado di rischio? Se si fa presto a dire “un buon rendimento”, quindi, non altrettanto vale nel definirne i contorni e i contenuti precisi di tale intento di fondo.
Oggi i tassi di riferimento dell’area euro (e non) stanno calando, per cui serve alzare l’asticella del rischio per spuntare ritorni più generosi. Tradotto vuol dire esporsi su emittenti in crisi o con rating traballanti e/o su durate lunghe e/o su prodotti denominati in valute estere o altro ancora. In tema di monete diverse dall’euro, per esempio, questo titolo di Stato diverso dal BTP rende il 4,29% annuo lordo e ha una durata residua di soli 4,4 anni. Vediamo nello specifico di quale si tratta.

Il T-Note USA con cedola a tasso fisso al 2,375%

Diciamo subito che si tratta di un’obbligazione governativa, e quindi teoricamente a basso rischio. L’emittente nello specifico è il Governo degli Stati Uniti d’America, del cui debito pubblico monstre si potrebbe dire tutto e il contrario di tutto. Non entriamo nel merito della faccenda e ci limitiamo a dire che gode comunque di elevato rating, pari ad AA+ per Fitch e S&Poor’s, Aaa3 per Moody’s e AA per Scope.
L’obbligazione in questione è il T-note Tf 2,375%, avente codice ISIN US9128286T26 e in circolazione per un importo pari a 84,377 mld di $. Il titolo ha data scadenza 15 maggio del 2029, un orizzonte temporale non eccessivo, medio-breve, e comunque inferiore ai 4 anni e mezzo.
Il bond è denominato in $ USA, che poi sarebbe la valuta legale e locale del Paese emittente, e il lotto minimo di sottoscrizione è di 1.000 $. Il tasso cedolare su base annua è del 2,375%, che scende al 2,08% circaal netto della ritenuta fiscale sugli interessi. Al pari di tutti gli Stati rientranti nella c.d. “White List”, si applica anche qui l’aliquota agevolata del 12,50% al pari dei bond nazionali.
Tuttavia, grazie all’attuale quotazione sotto cento e pari a 93,04 c’è che il ritorno effettivo a scadenza è superiore al nominale. Il rendimento lordo è infatti del 4,29%, quello netto del 3,98% (dati: Borsa Italiana).

Questo titolo di Stato diverso dal BTP rende il 4,29% annuo lordo e ha una durata residua di soli 4,4 anni

Per avere un minimo di raffronti, il BTP pari durata (BTP Tf 2,80% 15/06/2029) oggi rende il 2,66% effettivo lordo a scadenza. Tra i due bond ci sono circa 7% punti di differenziale complessivi, e non sono pochi considerata la vita residua dei bond. Non solo, ma l’obbligazione straniera gode anche di una “reputazione di mercato” migliore rispetto all’altra.
Ricapitolando, i 3 punti di forza del T-Note Tf 2,375% si ascrivono alla relativamente bassa duration del titolo, il rating emittente ed il buon rendimento su un prodotto obbligazionario a medio termine.
E i rischi? Non mancano, ovviamente, e non poteva essere altrimenti. Il tasso di riferimento attuale della Banca Centrale USA, la FED, è del 4,75%, quindi il T-Note è in linea con il mercato del denaro locale e la sua vita residua.

Il rischio di cambio quando si investe in una valuta estera

Per l’investitore in euro il vero pericolo sta tutto nel rischio cambio, e non si tratta di “poca cosa”. Quale potrebbe essere il cross €/$ a scadenza, ossia il valore del dollaro tra 4,4 anni per chi terrebbe fino al termine, o in futuro per chi invece volesse rivendere anzitempo?
Sta tutta qui la vera sfida di simili investimenti in valuta straniera, anche quando di mezzo ci sarebbe la scelta di optare sul “reddito fisso”. Perché se il rendimento è noto e certo a priori altrettanto non può dirsi sul cambio. Da gennaio 2023 ad oggi il cross €/$ sta fluttuando nel range 1,05-1,12, ma il minimo e massimo storico delle due monete hanno segnato livelli molto distanti.
In definitiva, è un bond inadatto all’investitore avulso al rischio e comunque per chi cerca un buon rendimento a rischio contenuto. Più adatto, invece, al trader in bond di breve-medio termine, ad altissima preparazione finanziaria e propensione al rischio e capace di sfruttare a suo vantaggio sia le dinamiche monetarie che quelle valutarie. Laddove conseguite, infatti, esse si sommerebbero al rateo cedolare, comunque non male.

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