Il rally dei mercati azionari non arriverà a fine anno
Se osserviamo i mercati azionari da inizio anno sino al 15 novembre non possiamo che esserne soddisfatti.
Pochi analisti si aspettavano queste performance. Ma ora? È il caso di capitalizzare i profitti e rifugiarsi nella liquidità? Forse sì.
Che succede sui mercati azionari
I maggiori indici azionari hanno messo a segno plusvalenze a dir poco stellari: si va dal +25% del DAX e del CAC al +28% della Borsa Italiana e, oltre oceano, al +33% del Nasdaq e al +30% dell’indice S&P500.
Eppure il ritmo di crescita degli utili su base annuale, osservando le trimestrali della aziende USA e delle aziende europee al 30 settembre 2019, è entrato in territorio negativo. Le aziende, nel loro complesso, guadagnano leggermente meno di quanto guadagnavano alla fine del 3° trimestre 2018. E gli ultimi dati del FMI fanno prevedere un economia mondiale nel 2020 pressoché stagnante (ad eccezione degli Stati Uniti).
Il buon senso ci porta quindi a ritenere che il recente rally si basa unicamente sulle speranze di un miglioramento del clima commerciale USA-Cina e manca del sostegno fondamentale dell’economia reale (=crescita dei profitti). Le valutazioni sono elevate non solo dal punto di vista assoluto, ma anche dal punto di vista relativo (rapporto Prezzo/Utili).
Infatti, se osserviamo la tabella qui sotto elaborata da Bloomberg al 15.11.2019 si può notare che il P/E dei vari listini è giunto a livelli eccessivi rispetto ai livelli di P/E del 1° trimestre 2019. Il DAX viaggia oggi a un multiplo di 24,5 X (era circa 12 X a fine gennaio), mentre l’indice CAC si situa ad un multiplo di 24.7 X (era di 15 X sempre a fine gennaio).
LISTINI AZIONARI MONDIALI
(Performance year-to-date in ultima colonna; tasso di dividendo in penultima colonna; multiplo P/E in quart’ultima colonna; data rilevazione: 15/11/2019; fonte: Bloomberg)
Occhio alle banche centrali
Questi dati, a mio modesto parere, espongono i mercati azionari al rischio di possibili battute d’arresto. L’aumento della valutazione P/E così robusto si basa principalmente sulla politica molto accomodante della FED e della BCE. Non su aspettative di utili folgoranti.
I tassi sono veramente ai minimi storici sulla curva governativa e le banche centrali, inondando di liquidità i mercati finanziari, hanno fatto sì che il tasso di dividendo azionario sorpassasse allegramente il rendimento del decennale tedesco o francese (che ancor oggi giacciono in territorio negativo).
Tutti gli analisti prevedono ora che le banche centrali non modificheranno la propria politica nel prossimo futuro, il che induce a ritenere che questo potrebbe continuare a supportare le valutazioni azionarie.
Tuttavia, sullo sfondo di un rallentamento che si sta profilando negli Stati Uniti e della modesta crescita economica in atto in Europa e, di conseguenza, della continua recessione degli utili, un’ulteriore espansione delle valutazioni diventa sempre più improbabile. Quando i prezzi si discostano dalla capacita reale di produrre utili, è in arrivo uno storno azionario. Salutare, ma fisiologico. Con livelli di supporto identificabili con la media mobile a 200 giorni (Euro STOXX 50 3.420, DAX 12.000, S&P 500 2.890).
Tale battuta d’arresto potrà anche essere significativa e impulsiva, cioè dotata di velocità e volumi consistenti. Ma al termine del movimento correttivo (potrebbe durare anche 3 oppure 4 settimane e avere un’ampiezza del 10% - 12 % dai livelli attuali) si potrebbero di nuovo presentare ottime occasioni d’ acquisto.
Come è stato ad agosto di quest’anno: dopo il rally durato fino a fine Luglio è iniziato un movimento correttivo che è durato 1 mese. Ma chi ha comprato a fine ad agosto (nuovamente) ora porta a casa notevoli dosi di profitto. I bassi tassi di interesse indotti dalle politiche monetarie delle banche centrali infatti, offriranno sempre uno speciale paracadute ai listini azionari, un paracadute che difficilmente si romperà nei mesi futuri.
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