Gli effetti del coronavirus si sono fatti sentire anche sulle famiglie, facendo registrare un aumento delle disuguaglianze e accelerando il crollo del tasso di natalità.
Il rapporto annuale dell’ISTAT del 2020 fotografa un Paese in cui le disuguaglianze sono aumentate dopo il coronavirus a discapito delle persone più fragili, inoltre gli effetti della pandemia, come era già stato previsto si sono abbattuti anche sul tasso delle nascite, che è destinato a crollare. L’emergenza sanitaria tuttavia ha mostrato anche un lato della medaglia positivo, durante l’isolamento si è registrata una forte coesione sociale in Italia.
Coronavirus: aumento delle disuguaglianze e crollo delle nascite
L’emergenza sanitaria e la conseguente crisi economica avrebbe mostrato i suoi risvolti negativi soprattutto su due categorie di lavoratori: le donne e i giovani, maggiormente impiegati nel settore dei servizi, che ha subito la batosta maggiore durante il lockdown.
Secondo l’Istituto Nazionale di Statistica, le maggiori disuguaglianze sono state rese evidenti dai “differenziali sociali riscontrabili nell’eccesso di mortalità causato dal COVID-19”, e a farne le spese sono principalmente le persone meno istruite. Anche la chiusura delle scuole potrebbe aver causato un aumento delle disuguaglianze tra i bambini, soprattutto a causa del sovraffollamento abitativo e del “Digital Device”.
Un altro aspetto negativo dovuto al coronavirus, che ha colpito le famiglie italiane, è l’accelerazione del crollo del tasso di natalità: si prevede che le nascite diminuiscano di almeno 10mila bambini:
“Recenti simulazioni, che tengono conto del clima d’incertezza e paura associato alla pandemia in atto, mettono in luce un suo primo effetto nell’immediato futuro; un calo che dovrebbe mantenersi nell’ordine di poco meno di 10mila nati, ripartiti per un terzo nel 2020 e per due terzi nel 2021”.
Rischio di licenziamento nel 12% delle aziende
Secondo un’indagine condotta lo scorso maggio dall’ISTAT, l’emergenza causata dalla COVID-19 ha causato un grosso problema nel reperimento della liquidità, causando dei contraccolpi anche sugli investimenti di 1 azienda su 8. Proprio per questo motivo il 12% delle imprese pensa di ridimensionare il proprio personale.
Molto probabilmente nel mondo del lavoro, nei prossimi mesi assisteremo a una “trasformazione strutturale in una componente non marginale del sistema produttivo”. Durante il lockdown infatti si stima che almeno 4 milioni d’italiani abbiano lavorato da remoto, tutta l’ISTAT “stima che l’ampiezza potenziale del lavoro da remoto, basata sulle caratteristiche delle professioni, porta a contare 8,2 milioni di occupati (il 35,7%)”, aggiungendo che “si scende a 7 milioni escludendo gli impieghi per cui in condizioni di normalità è comunque preferibile la presenza”, come nel caso delle scuole.
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