Mentre gli sbarchi raggiungono nuovi record, con buona pace del blocco navale, sul fronte diplomatico il governo Meloni barcolla. E per evocare Mattei ci vuole ben altro.
“L’Italia aspira a diventare un ponte tra Europa e Africa per promuovere partenariati reciprocamente vantaggiosi, rifiutando un approccio assertivo o paternalistico, per sostenere la sicurezza energetica delle Nazioni africane e mediterranee e rafforzare le esportazioni di energia verde”. Parola della premier Giorgia Meloni, che durante il suo intervento al termine della prima sessione del G20 a Nuova Delhi, ha ricordato che “l’Africa è un continente estremamente ricco di risorse: ciononostante risulta un continente povero, anche perché, nel corso della storia, gli interventi delle Nazioni straniere nel continente non sono sempre rispettosi dei bisogni delle realtà locali. Vogliamo cambiare approccio”. Da qui il riferimento al fondatore dell’ENI, Enrico Mattei, e al Piano di cooperazione e sviluppo annunciato a più riprese da Meloni e che porta il suo nome, quello di un grande italiano. Ma ad oggi siamo più nel campo degli slogan e della propaganda, che dei fatti concreti.
3 miliardi all’Africa: troppo poco per evocare Mattei
In India, il Presidente del Consiglio ha ricordato che Roma ha spinto per l’ingresso nel G20 dell’Unione Africana, e quindi di molti Paesi da coinvolgere con il Piano Mattei, annunciando altresì 3 miliardi di euro per contrastare i cambiamenti climatici in Africa. “L’Italia - ha detto la premier - destinerà all’Africa oltre il 70% suo Fondo Italiano per il clima, 3 miliardi di euro nei prossimi 5 anni”. L’obiettivo a lungo termine di Meloni, ricorda l’Istituto Affari Internazionali, è quello di trasformare l’Italia in un hub energetico tra il Nord Africa e l’Europa: attraverso la costruzione di nuovi gasdotti, l’Italia diventerebbe un esportatore sia di gas naturale che di idrogeno verso il Nord Europea. Retorica a parte, un proseguimento della strategia già adottata dal suo precedessore, Mario Draghi, e la disperata necessità di differenziare le fonti energetiche di approvvigionamento - vedi Algeria - a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina e del ritorno della “Cortina di Ferro” in Europa. [...]
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