Il reddito di cittadinanza si perde quando si danno le dimissioni? Ecco i chiarimenti del Ministero per il Lavoro a riguardo.
Il reddito di cittadinanza - in determinate condizioni - può essere percepito anche da chi ha presentato le dimissioni.
Come noto, tra i requisiti per beneficiare del reddito di cittadinanza c’è quello per cui non bisogna aver presentato dimissioni volontarie nei 12 mesi precedenti alla richiesta del beneficio. Allo stesso modo bisogna comunicare all’INPS qualora ci sia anche un solo componente del nucleo familiare che ha presentato dimissioni nel periodo di fruizione del beneficio.
In realtà il fatto che uno o più componenti del nucleo familiare abbiano presentato dimissioni non comporta di per sé l’impossibilità di richiedere il beneficio. Questo perché il componente che ha dato le dimissioni viene solamente escluso dal nucleo familiare, esclusivamente ai fini del calcolo del beneficio.
Quindi, il componente che ha dato le dimissioni non viene considerato ai fini del parametro di scala di equivalenza; per questo motivo l’unico caso in cui le dimissioni impediscono a prescindere la fruizione del reddito di cittadinanza è quello in cui queste siano state presentate dall’unico componente presente nel nucleo.
A proposito di dimissioni il decreto 4/2019 non fa alcuna distinzione: secondo quanto previsto dalla normativa vigente, quindi, qualsiasi dimissione volontaria (non per giusta causa) determina l’impossibilità di percepire il reddito di cittadinanza. Ma non è così, perché a fare chiarezza in merito ci ha pensato il Ministero del Lavoro con un’importante nota pubblicata in queste ore, nella quale spiega che non sempre le dimissioni volontarie hanno ripercussioni sul reddito di cittadinanza.
Dimissioni e reddito di cittadinanza: i chiarimenti del Ministero per il Lavoro
L’ufficio legislativo del Ministero per il Lavoro ha risposto alla Direzione generale per la lotta alla povertà e la programmazione sociale in merito alla questione delle dimissioni ai fini del reddito di cittadinanza.
Oggetto della discussione è stato l’articolo 2 - comma III - del decreto 4/2019, nella parte in cui si legge che il reddito di cittadinanza non può essere riconosciuto ai componenti del nucleo familiare che hanno interrotto il lavoro per dimissioni volontarie, ad eccezione delle dimissioni per giusta causa, nei 12 mesi successivi alla data delle stesse.
A tal proposito la suddetta Direzione si è chiesta se questa disposizione vale anche per coloro che dopo aver presentato dimissioni trovano un nuovo lavoro entro i 12 mesi, o anche per chi ha più di un rapporto di lavoro in essere e si dimette solamente da uno di questi.
La risposta data dall’Ufficio Legislativo non lascia spazio ad alcuna interpretazione: il reddito di cittadinanza non può essere riconosciuto qualora in seguito alle dimissioni l’interessato si trovi a percepire un reddito inferiore a quanto previsto prima delle stesse. Questo perché in tal caso ci sarebbe un aumento dell’importo del reddito di cittadinanza, e quindi un maggior onere per lo Stato.
Cosa significa questo? Riguardo alla possibilità che una persona con più incarichi si dimetta solamente da uno di questi si applica quanto previsto dalla normativa in merito alle dimissioni, visto che solitamente un tale evento comporta la riduzione del reddito dell’interessato.
Non è così, però, nel caso in cui il lavoratore si dimetta dal secondo incarico per dedicare più ore al secondo, così da aumentare la retribuzione complessiva.
Facciamo un esempio: Tizio ha due incarichi di lavoro subordinato part-time, entrambi retribuiti con 300,00€ netti mensili. Tizio decide di dimettersi da uno dei due avendo ricevuto dall’altra azienda la proposta per un passaggio ad orario full-time retribuito con 700,00€ netti. In questo caso l’interessato potrà continuare a fruire del reddito di cittadinanza, visto che le dimissioni sono servite per guadagnare di più.
Lo stesso vale per chi si dimette ma entro i 12 mesi trova un nuovo incarico meglio retribuito del precedente. Una volta iniziato il nuovo incarico questo acquisirà nuovamente il diritto al beneficio, senza dover rispettare il vincolo dei 12 mesi.
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