L’intenzione era abolire il Reddito di cittadinanza e contrastare le truffe ai danni dello Stato, invece rischia di accadere l’esatto opposto. Tutti perderanno il beneficio, ma i furbetti sono salvi.
La manovra del governo Meloni per abolire il Reddito di cittadinanza rischia di trasformarsi in un messaggio di impunibilità senza precedenti, e di certo stridente con le intenzioni della maggioranza. Anziché essere puniti, i furbetti che si sono approfittati del sussidio ai danni dello Stato rischiano di farla franca, e hanno anche diverse mensilità a disposizione per giovare dello sbaglio legislativo.
Cosa ha fatto il governo per il Reddito di cittadinanza
La legge di bilancio 2023 abroga le norme che regolano il Reddito di cittadinanza, in linea con il piano d’azione presentato dal governo Meloni. In particolare, da gennaio 2024 cesseranno di esistere i primi 13 articoli del decreto legge n. 4 del 2019. Fin qui non sembrano esserci particolari problemi, l’intenzione di abolire del Reddito di cittadinanza del nuovo governo è sempre stata piuttosto chiara. Tuttavia, fra i 13 articoli in via di abrogazione è compreso il 7, il quale definisce il reato di indebita appropriazione del reddito e le conseguenti sanzioni.
Questo significa che, salvo disperate manovre di correzione, non esisterà più l’appropriazione indebita del Reddito di cittadinanza, o meglio non configurerà più un reato. Non ci sarà più un articolo di legge che punisce in modo specifico questo comportamento, e le conseguenze appaiono quanto mai incerte. Non si escludono interventi di correzione, soprattutto in ragione delle gravi accuse contenute nell’interpellanza mossa dal Pd al ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Nel frattempo, bisogna comprendere che effetto avrà questa abrogazione sui cittadini che sarebbero stati colpevoli del reato in via di abrogazione.
L’aspetto più problematico, tuttavia, sembra un altro. Si può escludere con buona probabilità l’intenzionalità del legislatore a lasciare impuniti dei comportamenti a danno della collettività e dello Stato stesso, ma il fatto che ciò rischia di accadere lo stesso è decisamente preoccupante. Com’è possibile un errore di questa portata e cosa succederà ai furbi che si sono approfittati del sussidio?
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Furbetti salvi? Cosa può succedere
L’accusa del Pd è molto chiara: “Chi ha truffato lo Stato non rischia più il carcere”. Per quanto possa sembrare un’affermazione forte e provocatoria, non si distacca troppo dalla verità dei fatti. L’articolo 7 della legge sul reddito di cittadinanza, infatti, era necessario a punire l’incasso indebito del sussidio statale. Ad esempio, si prevedeva la reclusione da 2 anni a 6 anni per coloro che hanno avuto accesso al sussidio tramite documenti o dichiarazioni false, e la reclusione da 1 anno a 3 anni per chi ha omesso la comunicazione di una variazione reddituale o patrimoniale.
La paura è che questo tipo di comportamenti rischi di restare impunito, a prescindere dal momento in cui sono stati commessi. L’abrogazione di un reato, infatti, segue un principio retroattivo. Si parla, in proposito, di favor rei indicando appunto che viene favorito l’imputato. Di conseguenza, dovranno essere revocate anche le condanne già emesse nei processi e l’esecuzione della pena non potrà avere luogo. L’articolo 7, oltretutto, imponeva – oltre alla sanzione – la revoca del beneficio e la restituzione degli importi percepiti ai cittadini condannati per reati gravi, come l’associazione mafiosa.
Di conseguenza, non solo chi è già stato giudicato colpevole non potrà essere punito, ma è probabile che diverse persone cercheranno di approfittarsi di questo scivolone. Nonostante l’abolizione del beneficio sia in programma, infatti, esiste ancora la possibilità di percepire 7 mensilità nel 2023. Considerando che la previsione di condanne penali non ha scoraggiato diversi furbetti, è lecito temere cosa succederà ora che rischiano di restare impuniti.
Nonostante possa sembrare assurdo un errore di questo genere, è vero che l’impunibilità rappresenta un rischio concreto, perlomeno se il governo non interverrà in tempo. Allo stesso tempo, non si può affermare con sicurezza che questo accadrà, anche se i giudici si troveranno in posizioni piuttosto difficili. Legittima la richiesta di revoca delle sentenze, c’è anche da considerare che i comportamenti in questione potrebbero comunque configurare altri reati, come il falso e la truffa, ma questo lascia qualche speranza più che altro per i processi ancora in corso.
L’accusa del Pd, cos’è l’abolitio criminis
L’interpellanza scritta dal Partito democratico e indirizzata al ministro Nordio è stata firmata da 11 deputati, di cui la prima firmataria è Debora Serracchiani, capogruppo alla Camera. L’accusa è quella di un’abolitio criminis ingiustificata e sicuramente contrastante con la linea governativa. Proprio Giorgia Meloni, infatti, ha denunciato le truffe generate dal reddito di cittadinanza, con particolare riferimento a criminali e mafiosi, che ora saranno quanto meno esonerati dalla restituzione del sussidio percepito indebitamente. Su questo punto il Pd è molto duro, accusando il legislatore di una manovra dilettantistica e pericolosa, che finisce per favorire chi invece dovrebbe essere perseguito dalla legge.
L’abolitio criminis non è altro che l’abrogazione di un reato, per cui la nostra Costituzione riconosce l’applicazione della legge penale più favorevole all’imputato. Considerando che l’invocazione di altre norme del Codice penale non sarà agevole, bisogna attendere un intervento correttivo del governo per evitare che i furbi restino impuniti.
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