Il governo aveva previsto che circa 660mila persone avrebbero perso il Reddito a settembre 2023, invece per l’Istat saranno molti di più. Per Bankitalia, poi, si rischia l’esplosione della povertà.
Le persone che perderanno il Reddito di cittadinanza nel 2023 rischiano di essere molte di più di quanto inizialmente previsto dal governo Meloni. E gli effetti sociali rischiano di essere pesanti, con l’aumento della povertà. A dirlo sono le ultime previsioni di Istat e Banca d’Italia.
I due istituti segnalano che il numero di persone che rimarrà senza sussidio a partire da settembre 2023 sarà superiore ai 660mila che erano stati ipotizzati dall’esecutivo non appena insediato e che c’è un rischio concreto di vedere il potere d’acquisto nel nostro Paese ulteriormente ridotto.
Una bella grana per la presidente Giorgia Meloni e la maggioranza di centrodestra, che il prossimo anno saranno impegnati a cercare una soluzione per chi esce dall’ombrello del sussidio, con corsi di formazione di massa da impostare rapidamente e che siano il quanto più adatti alle singole persone, così da renderli più appetibili sul mercato del lavoro.
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C’è poi da mettere in piedi una riforma del Reddito entro la fine dell’anno per chi continuerà a prenderlo, con l’obiettivo di impedire che chi è in condizioni di disagio ed ha obiettive difficoltà a lavorare non venga più aiutato dallo Stato.
Reddito di cittadinanza, quante persone lo perderanno davvero?
Inizialmente il governo Meloni aveva in mente di togliere il Reddito di cittadinanza ad almeno 300mila persone, con una platea massima prevista di 660mila. In legge di Bilancio, però, la norma è stata scritta in modo tale da togliere il sussidio a 404mila nuclei su un totale di 1 milione e 39mila. Circa il 40%, come segnalato dalla relazione tecnica allegata alla norma in manovra. Queste famiglie non riceveranno più il sussidio a partire da settembre 2023, in quanto ritenuti occupabili.
Istat, ora, traduce il numero di famiglie in numero di persone: secondo il presidente Giancarlo Blangiardo saranno circa 846 mila individui, vale a dire poco più di un beneficiario su cinque (oltre il 20%). Se poi si considerano i percettori del Reddito tra i 18 e i 59 anni, quindi la vera e propria platea all’interno della quale il governo cerca i cosiddetti “occupabili”, il taglio riguarderà più del 33% del totale.
Taglio del Reddito, giovani e maschi i più colpiti
“La decurtazione della durata - dice il presidente dell’Istat in audizione alla Camera - coinvolgerebbe in prevalenza i nuclei familiari di ridotte dimensioni (più della metà degli individui soli) e la componente maschile, e investirebbe quasi la metà dei beneficiari in età compresa fra 45 e 59 anni”.
Il taglio del Reddito, poi, comprende circa un terzo di chi non ha un lavoro e non lo cerca (i cosiddetti “Neet”) tra i 18 e i 29 anni e ha “livelli di istruzione appena più elevati rispetto alla restante platea dei beneficiari appartenenti alla stessa classe d’età”. Insomma non riceveranno più il Reddito i giovani disoccupati solo leggermente più istruiti dei coetanei che lo manterranno.
Senza Reddito rischio un milione di poveri in più
Secondo Banca d’Italia, quindi, “l’introduzione del Reddito di cittadinanza ha rappresentato una tappa significativa nell’ammodernamento del welfare del nostro Paese”. A dirlo è il capo del servizio struttura economica dell’Istituto, Fabrizio Balassone. Il funzionario ha ricordato che senza questo strumento nel 2020 ci sarebbe stato un milione di poveri in più.
Secondo Balassone, quindi, l’attuale assetto della misura di sostegno sociale “non manca di aspetti critici, soprattutto come misura di accompagnamento al lavoro”, tuttavia la riforma prevista a partire dal 1° gennaio 2023 rischia di rafforzare i problemi, portando ad un “aumento della povertà”.
Reddito di cittadinanza, gli errori nella legge di Bilancio 2023
Prima di mettere in piedi la riforma, però, ci sono da risolvere alcuni “errori” commessi dal governo nella manovra. A differenza delle dichiarazioni con cui era stato annunciata la stretta sul Reddito, nella legge di Bilancio non compare alcuna definizione chiara di chi è occupabile e chi no.
Non c’è ad esempio alcun riferimento a disagi psico-fisico della singola persona come causa di esclusione dalla platea degli occupabili, così come lo svolgimento di un tirocinio professionale o lo studio all’università. Sono tutelati solo coloro che hanno meno di 18 anni o più di 59 o che hanno in famiglia almeno un minore, un ultrasessantenne o una persona disabile.
Giampiero Proia, professore di Diritto del lavoro all’università Roma Tre, ha chiarito a Money.it la legge “deve definire bene le differenze di situazioni tra nuclei familiari distinti”. Il punto, cioè “non è strumentalizzare i casi di truffa ai danni allo Stato, che sono l’iceberg di una legge poco dettagliata: le persone hanno il diritto di essere protette quando non c’è lavoro o altra attività che effettivamente lo può sostituire, l’assistenza pura va riservata a certe situazioni ben circoscritte”.
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