Una volta rinunciato all’eredità è possibile cambiare idea? Ecco quando è ammissibile la revoca della rinuncia e come bisogna procedere.
Le persone chiamate all’eredità hanno la possibilità di rinunciare, soluzione che si rivela particolarmente efficace se il patrimonio del defunto comprende molti debiti oppure beni di difficile gestione. Cosa succede, però, quando si cambia idea, magari perché si scopre di aver valutato l’eredità erroneamente? Fortunatamente, la legge ammette la revoca della rinuncia: ecco quando e come è possibile.
Quando è possibile revocare la rinuncia all’eredità?
L’accettazione dell’eredità è definitiva, a prescindere dalle modalità in cui è avvenuta. Al contrario, la rinuncia può essere revocata, purché vengano rispettate le tempistiche previste dalla legge. La revoca della rinuncia deve anche sottostare ad alcune condizioni, inerenti esclusivamente la quota del rinunciante e il suo stato. Intuibilmente, infatti, la legge cerca di tutelare anche l’erede che ha già accettato la quota del rinunciante. Nel rispetto di questi requisiti, la revoca è sempre ammissibile.
Qual è il termine per la revoca?
La disciplina generale, sviluppata dall’articolo 480 del Codice civile, prevede che il diritto di accettazione dell’eredità si prescriva in 10 anni. Questo significa che si hanno 10 anni di tempo per accettare, indipendentemente dall’esistenza di una rinuncia. La revoca della rinuncia, infatti, si configura esattamente come un’accettazione. Non si può accettare solo una parte dell’eredità, così la revoca permette all’erede di rientrare con precisione nella posizione anteriore alla rinuncia.
Di conseguenza, con la revoca della rinuncia l’erede accetta la quota che originariamente gli spettava, senza potervi apporre condizioni di alcun genere. Il termine generico di prescrizione può, tuttavia, subire alcune variazioni. In particolare, quando l’erede è in attesa dell’accertamento giudiziale dello stato di figlio del defunto, il termine decorre dalla sentenza di riconoscimento del legame familiare e non dalla data del decesso.
Un ultimo esempio in cui il diritto di accettazione si prescrive in maniera diversa da quella generale, è quello in cui l’erede era già in possesso dei beni del defunto, ad esempio perché erano conviventi. In questo caso, è necessario richiedere:
- L’inventario dei beni ereditari entro 3 mesi dalla data di apertura della successione.
- La rinuncia all’eredità entro 40 giorni dall’inventario.
Oltrepassati questi termini, l’eredità viene considerata accettata senza possibilità di revoca.
Come fare la revoca della rinuncia all’eredità
La rinuncia deve obbligatoriamente essere espressa e formale, mentre per la revoca non è prevista in modo esplicito la stessa regola. La Corte di Cassazione ha però chiarito in più occasioni che la revoca deve rispettare i medesimi requisiti di forma previsti per la rinuncia. Chi ha rinunciato all’eredità non può quindi cominciare a comportarsi come se fosse un erede e rientrare nella successione. Questo genere di comportamento può avvenire soltanto entro 10 anni dall’apertura della successione, configurando un’accettazione tacita dell’eredità.
Quest’ultima non è invece revocabile, perciò pregiudica la possibilità di rinunciare in un secondo momento. Al contrario, la revoca ammette la rinuncia, sebbene a determinate condizioni. La formalizzazione della revoca attraverso un atto solenne è anche una garanzia per il rispetto di tali requisiti, pertanto chi intende esercitare questa facoltà deve necessariamente recarsi da un notaio o direttamente in tribunale.
Valgono le stesse modalità previste per la rinuncia, ovvero la consegna di una dichiarazione formale, sostenendo i relativi costi. Per il deposito dell’atto in tribunale è richiesto un contributo, di norma intorno ai 200 euro, a cui si aggiunge la marca da bollo da 16 euro. Chi si affida al notaio, indispensabile quando le circostanze o il patrimonio sono complessi, dovrà ovviamente corrispondere anche l’onorario al professionista.
Come confermato a più riprese dalla giurisprudenza, una volta rinunciato all’eredità nessun atto che avrebbe potuto dar luogo all’accettazione tacita comporta la revoca della rinuncia. Prima di compiere qualsiasi azione senza averne diritto, dunque, è bene ultimare la revoca scritta.
Quando la revoca rinuncia all’eredità non si può fare
In base alla normativa, non è quindi possibile revocare la rinuncia all’eredità quando:
- Sono trascorsi i termini legali.
- La revoca non intende essere piena e integrale, magari perché si vorrebbe solo una parte della quota in oggetto.
- La revoca viene sottoposta a condizioni diverse da quelle legali, come termini o richieste avanzate verso gli altri eredi.
- La revoca non è gratuita ma richiede un corrispettivo – per il quale si parla invece di vendita della quota ereditaria – e configura pertanto un’accettazione.
- L’eredità rifiutata è già stata acquisita da qualcun altro, con alcune eccezioni.
Cosa succede quando qualcun altro ha acquisito l’eredità rifiutata?
L’acquisizione da parte di un altro erede della quota ereditaria rifiutata rappresenta l’ostacolo principale alla revoca. L’articolo 525 del Codice civile, infatti, subordina la possibilità di revoca della rinuncia a:
- I termini di prescrizione.
- L’acquisto da parte di altri chiamati all’eredità.
Esistono comunque delle eccezioni, non prettamente normative bensì attenenti alle circostanze specifiche di ogni situazione. La Cassazione, ad esempio, ha riconosciuto la revoca anche in seguito al subentro per rappresentazione del figlio del rinunciante. La Corte, tuttavia, ha permesso la revoca attraverso l’acquisto della quota ereditaria, cioè in virtù del diritto di delazione. Si tratta in ogni caso di un’eccezione, perciò di norma se l’eredità rifiutata è stata nel frattempo accettata da un altro chiamato, la revoca è difficilmente esercitabile.
© RIPRODUZIONE RISERVATA