Rider, quando possono essere equiparati a lavoratori subordinati, quali diritti vengono riconosciuti loro e cosa potrebbe cambiare in futuro.
Continuano le sentenze che riguardano i rider e in particolare la loro mancata tutela, nonostante l’attività per lo più equiparabile al lavoro subordinato. La più recente è la pronuncia del tribunale di Milano che proprio ieri, giovedì 28 settembre, ha decretato l’illegittimità del licenziamento di ben 400 rider avvenuto a inizio estate, quando Uber eats ha lasciato il mercato italiano.
Il motivo dell’illegittimità del licenziamento – che deve essere revocato – è che non è stato rispettato il periodo di preavviso. Oltretutto, la multinazionale è stata rimproverata anche per l’atto antisindacale, poiché non ha consultato le organizzazioni prima di comunicare il recesso. Ancora una volta, nelle aule di tribunale il lavoro dei rider viene equiparato al lavoro subordinato con le relative tutele, anche quando formalmente si tratta di collaborazione. Ma qualcosa potrebbe cambiare.
Rider come i lavoratori subordinati, quali diritti secondo i tribunali
Il rapporto di collaborazione che molte multinazionali intrattengono con i rider apparentemente autonomi è spesso fittizio, non è certo un mistero. Moltissime volte negli ultimi anni, infatti, i giudici hanno superato il formalismo e esteso la disciplina del lavoro dipendente quando ce ne erano i presupposti, sostanzialmente quando i rider dovevano sottostare a obblighi e orari analoghi ai dipendenti.
In realtà, è in preparazione una direttiva Ue volta alla tutela dei rider e alla loro definizione come lavoratori subordinati. La proposta è stata approvata dai ministri del Lavoro comunitari e deve completare l’iter in Parlamento Ue, ma contiene diversi elementi già ricorrenti nella giurisprudenza.
Negli ultimi anni, con la crescita della gig economy e la sempre più forte richiesta di consegne rapide e impeccabili (non solo nel settore alimentare ormai), il lavoro dei fattorini è stato spesso sfruttato ai limiti della legge e con notevoli carenze di tutela. Ciò è stato reso possibile tramite i contratti di collaborazione autonoma: ai rider è chiesto di rispettare i vincoli dei dipendenti senza estendere loro i diritti.
Ovviamente si tratta di una generalizzazione, tratta dall’alto numero di cause che hanno ad oggetto questo problema e che rivelano una realtà estremamente critica. A lato dei tentativi legislativi per risolvere le tutele, il punto fondamentale resta il riconoscimento della posizione di dipendente qualora il rider debba lavorare come tale.
Equiparazione che corrisponde alla realtà e che include per i rider i diritti da lavoratore subordinato, tra licenziamenti, ferie e permessi ma anche retribuzione.
Cosa potrebbe cambiare per i rider
La direttiva Ue, una volta approvata e poi recepita dagli Stati, potrebbe cambiare definitivamente la disciplina contrattuale dei rider. Prevede, infatti, la presunzione di subordinazione, con l’onere della prova a carico del datore di lavoro.
Ciò significa che per legge i rider dovranno avere regolare contratto di assunzione e godere dei diritti correlati, a meno che l’azienda possa provare che il rapporto sia basato sulla collaborazione e privo di subordinazione. Tra i diritti principali si richiamano:
- Retribuzione entro certi parametri e comunque «dignitosa», secondo la Costituzione;
- orario di lavoro secondo i limiti della legge;
- riposo settimanale;
- ferie;
- congedo matrimoniale e parentale;
- indennità di malattia;
- indennità di disoccupazione;
- attività sindacale e sciopero;
- sicurezza sul lavoro e conservazione del posto di lavoro in caso di infortunio o malattia professionale (oltre alla retribuzione secondo legge);
- disciplina dei licenziamenti.
In attesa dell’arrivo della direttiva in merito, tuttavia, i tribunali hanno già spesso applicato questi elementi ai rider (come ad altre categorie di lavoratori) secondo i dettami di legge. Lo dimostrano i numerosi ricorsi vinti dai lavoratori, in ultimo quello citato del tribunale di Milano.
In ogni caso, la direttiva evidenzia 7 elementi dell’attività lavorativa, fondando la presunzione di subordinazione sulla ricorrenza di almeno 3 nell’attività dei rider. Naturalmente, si tratta delle caratteristiche principali del lavoro dipendente e quindi già richiamate dai giudici, ovvero:
- Limiti di denaro da poter ricevere;
- restrizioni sulla possibilità di rifiutare il lavoro;
- abbigliamento specifico imposto;
- vincoli di orario lavorativo;
- limiti sulle vacanze;
- imposizioni e limiti sul trasferimento a terzi dell’impegno di lavoro;
- limiti sulla possibilità di aumentare la clientela.
Ciò che la direttiva vuole introdurre è una presunzione automatica, mentre per il momento può essere solo fatta valere dai giudici di volta in volta in sede di giudizio dopo il ricorso dei lavoratori. Per ora, quindi, sono questi ultimi a dover provare i caratteri del lavoro subordinato, spesso facilitati anche dalle applicazioni utilizzate per la gestione delle consegne.
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