La riforma Cartabia criticata da tutti: scarcerazioni di massa e reati impuniti. Ecco cosa ne pensano alcuni esponenti della legge italiana.
In sole due settimane dalla sua entrata in vigore, la riforma Cartabia è stata oggetto di profonde critiche dai giuristi. I punti più criticati, oltretutto, sono i principali cardini della riforma, che secondo alcune opinioni provocheranno effetti estremamente controproducenti.
Reati procedibili soltanto con la querela
Uno dei punti più salienti della riforma Cartabia è la trasformazione della disciplina alcuni reati, che da procedibili d’ufficio quali erano, ora possono essere indagati soltanto tramite la querela. Questo è proprio uno dei fattori maggiormente criticati, non solo per la tutela delle vittime, ma anche per la funzionalità dell’ordinamento.
In merito si è espresso Eugenio Albamonte, ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati e attualmente magistrato a Roma. Secondo il parere di Albamonte, il problema principale è che la lista indicata nella riforma Cartabia presenta anche reati di forte impatto. La violenza privata e il sequestro di persona implicano una certa prevaricazione e sottomissione psicologica, rendendo la denuncia delle vittime davvero molto difficile. Con la retroattività della norma, peraltro, molti processi già in corso rischiano di naufragare perché non ci sono querele e le vittime possono essere spaventate o addirittura difficili da rintracciare.
Oltre all’eccessiva responsabilizzazione delle vittime, Albamonte ha messo l’accento su un ulteriore aspetto negativo, in particolare riguardo ai furti. Questi ultimi, infatti, possono risultare estremamente complessi da denunciare. È il caso dei furti dell’energia elettrica, reati spesso commessi su larga scala, per i quali le forniture dovranno organizzarsi per procedere alla querela di ogni utente nei tempi necessari. Un altro esempio è quello dei furti organizzati a danno dei turisti, perché le vittime risultano spesso difficili da rintracciare.
In effetti, molte procure italiane hanno già lanciato l’allarme per la mancanza di denunce. Non a caso Roberto Rossi, procuratore di Bari, ha iniziato gli incontri con la polizia giudiziaria già a dicembre per verificare la situazione delle querele. Purtroppo non tutte le procure hanno potuto adeguarsi per tempo, in particolare a Napoli e a Palermo la situazione è decisamente allarmante. A Palermo, infatti, 3 boss rischiano di non essere processati per effetto della riforma, ma secondo Roberto Rossi si stanno verificando situazioni analoghe in tutta la nazione.
Il procuratore di Bari ha sottolineato quindi la problematicità dell’elenco di reati, tra cui i reati legati alla criminalità organizzata e in genere tutti quelli connessi a situazioni di paura per le vittime. Anche quando si tratta di reati meno gravi, infatti, bisogna considerare che in alcune zone italiane il livello di criminalità è tale da porre in seria minaccia i cittadini. Il rischio ulteriore, secondo l’analisi di Rossi, è la depenalizzazione di fatto per alcuni reati, in quanto le vittime saranno probabilmente convinte a ritirare la querela con un semplice risarcimento danni.
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Il procuratore barese e Albamonte si trovano perciò d’accordo su questo punto e anche su una delle possibili soluzioni, ossia la depenalizzazione di alcuni reati, al fine di ridurre il carico dei tribunali e alleggerire allo stesso tempo la responsabilità delle vittime.
Scarcerazioni di massa?
Un secondo aspetto critico della riforma Cartabia riguarda l’estensione delle misure alternative a un grande numero di detenuti, con il pericolo che ciò si traduca in scarcerazioni di massa. In tal proposito il governo ha concesso venti giorni di tempo per ritardare questi fatti e consentire alla polizia giudiziaria di adeguarsi, ma evidentemente si tratta di poco tempo. Secondo Rossi, il rischio è che si verifichi l’esatto opposto dell’obbiettivo prefissato dalla riforma Cartabia, cioè l’allungamento dei processi.
A comunicare i presunti difetti della riforma, anche il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratelli che non ha esitato a definirla un vero e proprio disastro. I problemi portati alla luce dal procuratore sono sempre gli stessi:
- La paura delle vittime che possono essere indotte a ritirare la querela oppure a non presentarla.
- La mancanza di punizioni adeguate, perché l’ambita velocizzazione dei processi sarà ottenuta con la diminuzione di questi e non su un cambiamento procedurale efficace.
- Le situazioni difficili da punire, in particolare quando le vittime non risiedono in Italia.
Gratelli, comunque, ha dichiarato che probabilmente ci sarà presto una modifica della riforma.
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