Abbiamo intervistato l’on. Bitonci (Lega) sulla riforma del catasto, analizzando le criticità della legge delega e le conseguenze sulle tasse sulla casa che potrebbero esserci.
La revisione del catasto è uno dei punti principali della legge delega sulla riforma fiscale, ma da sempre le tasse sul mattone attirano critiche da parte delle forze politiche e antipatie dai cittadini.
L’onorevole Bitonci della Lega, membro della 5ª Commissione Bilancio della Camera dei Deputati, ha partecipato alla scrittura del documento che ha fatto da base per la legge delega. Il documento, alla fine, è un testo di mediazione tra le proposte di tutti i partiti e i movimenti.
La legge delega sulla riforma fiscale poi fa da cornice, da perimetro, ai principi da seguire nella revisione del sistema tributario. Saranno i decreti attuativi, da emanare entro 18 mesi, a scendere nei dettagli operativi.
Come mai la Lega si oppone con così tanta fermezza alla revisione del catasto, e su cosa si potrebbe puntare invece? Quali sono le effettive novità previste dal punto di vista normativo? Abbiamo parlato di questo e altro nella nostra intervista a Massimo Bitonci.
Riforma del catasto: un’analisi delle criticità con l’On. Bitonci
La prima cosa che viene fuori durante l’intervista, fatta al telefono mentre l’onorevole è alla guida della sua auto, è la sorpresa che la legge delega preveda di toccare il catasto. Spieghiamoci: non significa che un intervento sul catasto non sia necessario, ma secondo l’onorevole in Commissione Finanze, durante la stesura del documento, era più volte stato ribadito che il catasto sarebbe rimasto fuori dal perimetro d’azione della riforma fiscale.
Sembra un controsenso, ma non lo è: com’è possibile intervenire sul catasto se non viene introdotto un riferimento nella legge delega sulla riforma fiscale? Quale migliore occasione per sistemare gli squilibri fiscali legati alle tasse sul mattone? Niente di più vero, ma in realtà la legge delega non aggiunge nulla a quanto già previsto dalla normativa attualmente in vigore.
La domanda da porsi, a questo punto, è un’altra: se già ci sono regole e leggi, perché non vengono applicate? Perché alcuni Comuni svolgono gli accertamenti sugli immobili non accatastati, sugli errori legati alle revisioni delle rendite d’ufficio, in modo ordinario, e in altri Comuni no?
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Visto che milioni di immobili non risultano accatastati, non pagano nulla: la prima questione quindi è la disparità di trattamento. Il problema è che non viene sollecitato l’adempimento da parte dei Comuni, ma questa è un’azione (per quanto politicamente poco conveniente per i sindaci e per le amministrazioni locali) che deve partire dal basso, dal municipio stesso.
A questo punto quindi, dice l’Onorevole Bitonci, il fine ultimo che giustifica l’inserimento del catasto nella legge delega è il progetto di revisionare totalmente le rendite catastali. C’è quindi una disparità evidente tra alcuni comuni: una parte ha già fatto la classificazione delle rendite e le micro zone catastali, che sono alla base del pagamento dei tributi.
Secondo la normativa già vigente, i comuni sono obbligati, ma non lo hanno fatto: di conseguenza, alcuni cittadini già pagano l’IMU secondo rendite vicino al valore reale degli immobili.
Inoltre, col passaggio da vani a metri quadri, ci sarebbe un aumento medio dal 40 al 50% di tutte le rendite.
Tutto il lavoro sull’evasione fiscale e sull’emersione degli immobili fantasma possono essere già messe in opera con la normativa già vigente, senza inserire il catasto nella legge delega.
Ma le possibili novità sul catasto hanno delle conseguenze anche sul mercato immobiliare.
Revisione del catasto e le conseguenze sul mercato immobiliare
Secondo l’analisi ISTAT pubblicata l’11 ottobre 2021 e riferita al quarto trimestre 2020, sono 245.240 le convenzioni notarili di compravendita e le altre convenzioni relative ad atti traslativi a titolo oneroso per unità immobiliari.
Le compravendite sono aumentate del 3,2% rispetto al trimestre precedente e del 4,9% su base annua:
“In concomitanza delle misure adottate per il contenimento del Covid-19, nei primi sei mesi del 2020 si registra un forte calo delle compravendite. Segue una ripresa nei mesi estivi, a seguito del graduale allentamento di tali misure. Seppure con intensità diverse, la ripresa, sia congiunturale che su base annua, prosegue nell’ultimo trimestre.”
Nonostante quindi i problemi, economici e non, legati alla pandemia, gli italiani continuano a comprare casa. Sempre secondo l’ISTAT i prezzi delle abitazioni sono aumentati nel 2021:
“Secondo le stime preliminari, nel secondo trimestre 2021 l’indice dei prezzi delle abitazioni (IPAB) acquistate dalle famiglie, per fini abitativi o per investimento, aumenta dell’1,7% rispetto al trimestre precedente e dello 0,4% nei confronti dello stesso periodo del 2020 (era +1,7% nel primo trimestre 2021).”
Si tratta di stime provvisorie, il documento definitivo verrà pubblicato il 17 dicembre 2021. Un altro dato che fotografa la situazione viene offerto da Facile.it, che ha commissionato un’indagine agli istituti di ricerca mUp Research e Norstat. Il 57% è d’accordo con la riforma del catasto (di questi, il 63,1% è residente nel Nord Ovest). Di contro, il 16,3% è apertamente contrario, mentre il 26,7% non si è fatto un’idea precisa.
Chi si è dichiarato contrario teme un aumento delle tasse sulla casa, tanto da rinunciare (per almeno uno su tre) all’acquisto di un’abitazione.
La riforma del catasto potrebbe quindi avere conseguenze importanti anche sul mercato immobiliare, nonostante il popolo italiano investa nel mattone da generazioni. Non c’è bisogno, secondo Bitonci, di ulteriori regole: basterebbe applicare quelle già presenti. Una storia già sentita in tanti ambiti, vista la situazione di iperlegificazione italiana. I primi emendamenti, promette l’onorevole della Lega, ci saranno già alla legge delega.
Altrimenti, il rischio è che questa riforma del catasto sia una “trappola grande quanto una casa”.
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