Riforma pensioni, nuovo Reddito di cittadinanza, settimana corta e stipendi: Durigon svela i piani del governo Meloni

Simone Micocci

23 Marzo 2023 - 07:30

Intervista al sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon: Quota 41 per le pensioni, rimborso per la formazione per gli occupabili del Rdc e aumento della produttività per ridurre l’orario di lavoro.

Riforma pensioni, nuovo Reddito di cittadinanza, settimana corta e stipendi: Durigon svela i piani del governo Meloni

Claudio Durigon, sottosegretario al ministero del Lavoro, ha parlato a Money.it di alcuni temi del programma del governo Meloni. Dalla riforma delle pensioni che potrebbe portare al superamento della legge Fornero, al nuovo Reddito di cittadinanza che potrebbe chiamarsi Misura d’inclusione attiva.

E ancora, smart working e salario minimo, come pure il dibattito sulla possibile riduzione dell’orario di lavoro che potrebbe portare all’introduzione della settimana lavorativa corta (da quattro giorni) anche in Italia.

Ecco quindi cosa dobbiamo aspettarci su alcune delle principali questioni che il ministero del Lavoro si troverà ad affrontare nei prossimi mesi.

Uno dei temi della contesa riguarda Opzione donna, prorogata sì ma con limitazioni. Nei giorni scorsi l’ex ministro Orlando si è schierato in favore delle lavoratrici, sottolineando che per salvare Opzione donna sarebbero stati sufficienti 50 milioni di euro. Concordate con questa stima? E quante possibilità ci sono di un ritorno dei vecchi requisiti?

Stiamo lavorando per intervenire su questa misura. Insieme al ministro Calderone abbiamo già messo sul tavolo diverse proposte, ma le stime sono al vaglio del ministero dell’Economia che farà le dovute valutazioni sulla sostenibilità economica. Contiamo di arrivare ad una soluzione in tempi rapidi.

Nel discorso d’insediamento Giorgia Meloni ha posto l’attenzione sul tema delle pensioni future, mentre Tridico, presidente dell’Inps, ha lanciato l’allarme per quanto succederà nei prossimi anni, quando il numero di lavoratori sarà pari a quello dei pensionati. Voi pensate di dover intervenire già oggi su questi temi, salvaguardando le generazioni future, oppure ritenete ci sia sufficiente tempo per far sì che se ne possa discutere nelle prossime legislature?

Bisogna intervenire subito. E Quota 41 va proprio in questa direzione: più flessibilità in uscita, non solo per andare incontro alle esigenze dei nostri lavoratori che hanno diritto a un giusto riposo dopo anni di lavoro, ma anche per favorire l’ingresso nel mercato del lavoro dei nostri ragazzi e rispondere a un ricambio generazionale che può solo far bene a mansioni professionali in continua evoluzione. Mi permetta di aggiungere che non è facile avere 41 anni di contributi dai 19 ai 60 anni senza interruzioni. Dobbiamo fare i conti con quello che è il mercato del lavoro. Per questo una riforma complessiva delle pensioni non può prescindere da un rinforzamento del secondo pilastro, quello della previdenza integrativa, con sgravi e premialità.

Al posto del Reddito di cittadinanza dovrebbe esserci la Misura d’inclusione attiva, con la quale – dalla lettura delle prime indiscrezioni sulla bozza – sembra che a beneficiare dell’assegno saranno anche gli occupabili, specialmente quelli che fanno parte di un nucleo dove sono presenti minori, over 60 o disabili, seppur per un importo più basso e una durata ridotta. Avete quindi deciso di ritardare la stretta agli occupabili? Oppure dobbiamo aspettarci novità sulla bozza?

Prima di tutto, stiamo parlando di una bozza, ancora in fase di valutazione e modifiche. Sulla situazione degli occupabili bisogna fare chiarezza: non prenderanno un sussidio, ma a loro verrà riconosciuta un’indennità come rimborso per la formazione che sosterranno. L’obiettivo è chiaro: dobbiamo invertire la narrazione per cui dalla povertà si esce tramite un sussidio. Non è così, dalla povertà si esce solo attraverso il lavoro. Per questo stiamo valutando l’ipotesi di legare il sostegno degli occupabili a un percorso di formazione che possa agevolarli verso l’ingresso nel mercato occupazionale. Chi può, deve lavorare.

Nei giorni scorsi il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha aperto all’ipotesi di sperimentare la settimana corta anche in Italia. Ovviamente si tratta di un tema sul quale bisognerà discutere anche con il dicastero di cui fa parte, lei cosa ne pensa? È davvero fattibile, considerando che l’Italia è in fondo alla classifica per la produttività, prevedere una settimana con soli 4 giorni lavorativi?

Qualunque giudizio in questo momento sarebbe prematuro. È fondamentale prima aumentare la produttività delle nostre imprese: penso soprattutto a investimenti mirati nell’ammodernamento tecnologico e nella razionalizzazione delle risorse. Poi ci sarà la valutazione della sostenibilità economica e si potrà parlare di riduzione dell’orario di lavoro. Riflettiamoci, ma parlerei di qualità più che di quantità, spostando il dibattito pubblico sulle politiche attive da mettere in campo.

In programma avete un decreto Lavoro, che dovrebbe toccare diversi temi tra cui le modifiche al Decreto dignità per quanto riguarda i contratti a tempo determinato. Come intendete procedere? Dobbiamo attenderci novità anche sul fronte Naspi e smart working?

Proprio recentemente abbiamo prorogato lo smart working per i lavoratori fragili oltre il 31 marzo. Sul fronte della contrattazione, dobbiamo lavorare su formule più flessibili, per intercettare i nuovi bisogni del mercato del lavoro. Sburocratizzazione per aiutare le nostre imprese e semplificazione dei vincoli che sono stati posti negli anni, per garantire maggiori tutele ai lavoratori e andare incontro alle esigenze di determinati settori che sono troppo legati alla stagionalità.

Giorgia Meloni ha riferito che il salario minimo non è una priorità visto che in Italia esiste lo strumento del contratto nazionale, tuttavia gli stipendi restano fermi al palo e pagano le conseguenze dovute dall’alto tasso d’inflazione. Molti contratti risultano scaduti da tempo, il cuneo fiscale è ancora molto alto nonostante lo sgravio da voi introdotto: in che modo intendete dare risposte a tutti quei lavoratori che faticano ad arrivare alla fine del mese?

Come ha detto lei, abbiamo già previsto il taglio del cuneo fiscale nell’ultima manovra di bilancio. Sappiamo che non basta ma di fronte a una coperta cortissima, non si poteva andare oltre. Detto questo, il salario minimo non è la strada giusta: c’è il concreto rischio di un livellamento verso il basso di tutti i salari. La soluzione è puntare a un incremento del salario mediano e per farlo bisogna lavorare per potenziare la contrattazione collettiva che nel nostro Paese copre oltre l’85% dei lavoratori, perché non possiamo permetterci di vanificare gli sforzi fatti fino a oggi e quanto di buono è stato ottenuto grazie alla contrattazione.

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